Articoli e news di Performando

Nuova partnership per Performando

partnershipNell’ambito del processo di ampliamento e consolidamento del proprio network professionale, Performando ha di recente avviato una collaborazione con Percinque, società specializzata nel Temporary Management con sede a Vicenza.

L’accordo riguarda la realizzazione di progetti di cambiamento e riorganizzazione aziendale attraverso il contributo di professionisti operanti in aree anche diverse da quelle della gestione delle persone, ampliando così le competenze e la qualità del proprio team.

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Dallara in cattedra all’università di Padova

A cura di Camilla Bosio e Andrea Petromilli

dallara4Gli studenti del corso “Human Resources Management for International Firms” della facoltà di Economia di Padova , tenuto dai professori Paolo Gubitta e Andrea Di Lenna, hanno avuto la possibilità di entrare in contatto con la realtà Dallara, nota azienda italiana leader mondiale nella progettazione e realizzazione di telai per le migliori vetture da competizione al mondo.

E’ infatti intervenuto come docente il direttore delle risorse umane, dott. Filippo Di Gregorio, che, dopo una breve presentazione dell’azienda e delle peculiarità del ruolo che ricopre all’interno della stessa, ha focalizzato l’attenzione sul tema della ricerca, selezione e il conseguente sviluppo delle persone che lavorano in Dallara.

Durante la testimonianza è emersa l’attenzione sistematica che l’azienda ha nel mettersi nelle condizioni di attrarre potenziali collaboratori particolarmente talentuosi da tutte le parti del mondo. Questo obiettivo viene perseguito anche grazie alla fitta rete di collaborazione che Dallara ha voluto attivare con prestigiose università italiane e americane, così da alimentare un canale privilegiato con i potenziali giovani talenti. Di Gregorio ha anche sottolineato come il processo di selezione non si possa limitare alla valutazione delle competenze tecniche, ma deve riuscire ad approfondire anche aspetti legati a quelle che vengono definite soft skills come ad esempio: la gestione delle emozioni, la capacità di motivare e motivarsi, il saper lavorare in team, la gestione produttiva dello stress e la passione con cui si lavora.

La lezione è stata caratterizzata dall’interattività e l’utilizzo di video che hanno reso ancora più chiari i concetti illustrati. Gli studenti hanno avuto modo di fare domande e confrontarsi con il relatore che, così facendo, ha dato loro un quadro più chiaro e completo di quella che si trova ad essere una delle realtà organizzative più evolute nel panorama di ricerca e sviluppo non solo a livello nazionale.

Il dialogo diretto tra il mondo del lavoro e le aule universitarie è una caratterizzazione che i docenti hanno voluto dare al corso a loro affidato. Questa impostazione ha fatto si che gli studenti abbiano avuto modo di incontrare, anche con modalità innovative e coinvolgenti rispetto al classico contesto universitario, diversi manager che hanno fornito diversi elementi e punti di vista per tradurre in termini pratici le teorie ed i modelli organizzativi illustrati durante le lezioni.

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Uomini e donne a confronto: il multitasking

a cura di Camilla Bosio

mtskUna nuova battaglia fra uomini e donne è da poco ricominciata nell’ambito del dibattito sempre più acceso sul multitasking, ovvero la capacità di eseguire più compiti contemporaneamente. I risultati delle ricerche finora svolte, che davano il primato di forza ed instancabilità al gentil sesso, sono state da poco sovvertite da una ricerca svolta a Stoccolma dallo psicologo Timo Maentylae (Psychological Science).

Secondo la ricerca è l’uomo ad essere il più abile nelle multifunzioni; la ragione risiede nelle sue due capacità caratterizzanti del ricordare le cose e dell’avere una maggiore cognizione spazio-temporale.

Ma la battaglia non finisce qui.

Un altro risultato interessante che emerge dalle ricerche è relativo all’influenza che il ciclo mestruale femminile ha sulle prestazioni delle donne. In determinati periodi del mese il gentil sesso infatti ottiene risultati uguali o addirittura superiori agli uomini.

Al di là del chi sia il Re o la Regina del “fare tante cose insieme”, è ormai certo che la nostra società ci impone uno stile di vita (personale e professionale) basato prevalentemente sul multitasking.

Il fatto che esso sia un fenomeno assai diffuso tuttavia non lo esonera dall’essere ritenuto pericoloso; è ormai assodato infatti come esso abbia un’influenza negativa sulla memoria di lavoro, rendendo le persone più distratte, meno concentrate e più stressate.

Un esempio immediato di multitasking quotidiano?

Parlare al telefono mentre si guida.

Stando ad uno studio osservazionale su 56.000 guidatori si è visto come un’abitudine del genere così diffusa determini per i multitasker una percentuale maggiore di incidenti e cali di attenzione in confronto ai monotasker.

La domanda a questo punto da farsi è: il multitasking fa bene?

Il detto “è la dose che fa il veleno” può essere una risposta più che esauriente; anche se è importante sfruttare le armi che il nostro cervello ci dà a disposizione, occorre farlo con cautela e in maniera intelligente.

Il fattore “F” al servizio dei risultati

a cura di Camilla Bosio

happyLa rivista “Harvard Business Review”, di gennaio-febbraio 2012 si concentra su un tema al quale spesso non viene data l’importanza adeguata: LA FELICITA’, ossia il fattore “F”. Nell’intervista fatta al Prof. Daniel Gilbert, insegnante di psicologia ad Harvard, si delinea questa tematica ed emergono questioni curiose e singolari soprattutto sulle fonti principali della felicità ed il suo impatto anche nei risultati sul lavoro. Come lui stesso afferma:“Una delle cose più egoistiche che si possano fare è aiutare gli altri”.

La socialità è vista come uno dei principi della felicità, e questa affermazione non risulta poi tanto bizzarra, se teniamo in considerazione che l’uomo è per definizione un animale sociale. La cura dei rapporti sociali, tramite azioni quotidiane, altruistiche, non solo aiuta gli altri, ma anche noi stessi, dandoci la possibilità di sperimentare la cosiddetta “felicità indiretta”. La felicità viene descritta come condizione fondamentale sia per il benessere delle persone nella loro quotidianità, sia per la loro attività lavorativa, necessaria (anche se non sufficiente) in questo caso, per ottenere una performance elevata e di conseguenza una superiore produttività.

I risultati ottenuti dalle numerose ricerche presentate nel dossier mettono in luce che:

  • L’interazione positiva con i componenti del proprio network di supporto sociale dà benefici fisici, pari alla pratica di uno sport, e mentali, favorendo lo stato di felicità
  • Grazie al supporto sociale viene creato un circolo virtuoso che, oltre a produrre dipendenti più felici, porta ad avere anche clienti più soddisfatti
  • La felicità non porta positività solo sul versante emotivo ,bensì manifesta reazioni positive anche verso l’esterno, come sulla produttività lavorativa.
  • Felicità e performance sono strettamente correlate

Proseguendo nella nostra personale ricerca, abbiamo trovato ulteriori evidenze su come il “Fattore F” sia molto più accessibile e raggiungibile di quanto non si creda. Ad esempio passando in rassegna tutte le popolazioni del mondo per valutarne il grado di felicità e benessere che le caratterizza, è risultato che i Masai, abitanti di remoti villaggi d’Africa ben lontani dall’industrializzazione, dagli agi e dalle ricchezze dalle quali invece siamo circondati noi, sono piuttosto felici, più felici di altri che vivono in circostanze simili e altrettanto felici di molti individui che vivono in società sviluppate.

Come è possibile spiegare questo dato?

Come dimostra questa comunità che ha imparato a concentrarsi su ciò che ha, piuttosto che su ciò che non ha, non è la ricchezza a dare la felicità; i suoi membri hanno saputo cogliere ed applicare il significato più profondo del curare le relazioni con amici e familiari formando una vera famiglia allargata nella comunità, creando rapporti di fiducia e lealtà, e soprattutto passando il loro tempo a fare ciò che più gli piace e che più sono bravi a fare. Emerge quindi il legame fra una buona gestione del tempo e la felicità personale insieme alla consapevolezza che non servano grandi tecnologie, intelligenza o particolari conoscenze o abilità per giungere all’obiettivo da tutti auspicato. Nelle attività di Performando , dedichiamo molta attenzione a far sperimentare strumenti e modelli per migliorare le relazioni all’interno dei luoghi di lavoro con la consapevolezza che sono componenti significative per facilitare il raggiungimento dei risultati.

John Kirwan allenatore dei Blues Super

John_Kirwan52C’è una nuova sfida per John Kirwan.

Dopo la sua esperienza con la Nazionale giapponese infatti, dalla prossima stagione sarà il nuovo allenatore della squadra neozelandese dei Blues Super, una delle più blasonate squadre rugbistiche di club a livello internazionale.

Malgrado l’incarico oltreoceano, John Kirwan proseguirà come sempre la collaborazione con Performando.

Compatibilmente con i suoi impegni da allenatore, John continuerà a prendere parte ai progetti che richiedono la sua presenza all’interno di alcuni periodi nel corso dell’anno e siamo certi porterà nuovi e interessanti stimoli, proprio grazie a questa sua coinvolgente avventura.

Buon lavoro JK!

http://www.theblues.co.nz/

Formazione esperienziale e sinapsi neuronali: l’apprendimento incisivo

a cura di Roberto Micciulla

 

cervello-spazio-48684“If you don’t use it, you lose it”
(Antico adagio)

La ricerca scientifica nel campo delle neuroscienze è un mondo in forte espansione, piena di sorprese che ogni giorno aiuta a svelare i meccanismi biologici del comportamento umano e a comprendere sempre meglio quel mondo ancora in gran parte inesplorato chiamato “mente”.

La caratteristica di incisività della formazione esperienziale modalità da sempre privilegiata da Performando si basa su meccanismi ben noti agli studiosi nel campo neuroscientifico che ormai da tempo cercano di spiegare i processi alla base dell’apprendimento. L’oggetto di studio in questione è soprattutto la solidificazione sinaptica a livello neuronale e la riconfigurazione delle connessioni nervose che creano ciò che definiamo memoria.

Uno tra i primi importanti contributi nel campo delle neuroscienze venne dalle ricerche del nostro premio Nobel Rita Levi Montalcini con la scoperta del famoso NGF (fattore di crescita nervoso), importante proteina funzionale alla sopravvivenza o alla morte dei neuroni. Molti di lì in avanti sono stati i tasselli aggiunti da altre ricerche che miravano a comprendere meglio il sistema nervoso inteso come un sistema “plastico”, cioè modificabile. Infatti, la grande rivoluzione nel pensiero scientifico dei nostri tempi è l’idea che il cervello mantenga qualità di plasticità anche in età adulta, sebbene con grado differente da quella della prima infanzia e giovinezza. Come vedremo più avanti , la formazione esperienziale utilizza al meglio questa “Plasticità Cerebrale”.

Il ricercatore danese Dudai distingue due tipi di consolidazione sinaptica (apprendimento):

1) “Fast synaptic consolidation” che occorre in maniera omogenea in quasi tutto il cervello ed è alla base dei piccoli apprendimenti che tutti noi esperiamo nella vita di tutti i giorni, come quando impariamo una qualche informazione che ci è utile per qualche giorno e che poi dimentichiamo facilmente.

2) “Slower system consolidation”che è un tipo di apprendimento “duraturo” e “profondo” che è relato all’attività di un’importante struttura cerebrale: l’ippocampo.

Tra le molteplici funzioni svolte dall’ippocampo nel cervello, la più importante è quella di “stoccaggio” delle informazioni apprese. Gli studi effettuati ci dimostrano che l’ippocampo ha un ruolo fondamentale nella memoria esplicita con una forte componente temporale; persone che hanno ricevuto lesioni bilaterali in questa struttura perdono la capacità di immagazzinare nuove informazioni e non solo, anche le informazioni apprese prima di ricevere il danno vengono perse in una certa parte.

Questo fa ipotizzare che l’ippocampo sia fondamentale nella consolidazione sinaptica del processo mnemonico e che questo ruolo venga svolto in un arco temporale dilatato. Infatti, le informazioni apprese in giorni, mesi o in alcuni casi anni prima del danno ippocampale venivano perse, poiché non avevano avuto il tempo necessario per il “consolidamento”. Quindi, l’apprendimento più efficace e duraturo è quello che maggiormente attiva queste regioni e che aumenta l’attivazione generale del nostro cervello.

Secondo i ricercatori Americani Rubin e Katz, il cervello rimane giovane e apprende in maniera efficace quando c’è un attivazione multisensoriale e fuori dagli schemi. In un contesto nuovo che rompe le abitudini giornaliere, in una situazione che ispira curiosità, sentimenti positivi e che stimola il nostro corpo in maniera completa e multisensoriale, c’è un apprendimento che può essere definito “brillante”. L’attività ludica e sportiva sono i classici esempi di situazioni di stimolazione benefica per il nostro cervello.

Queste caratteristiche appena elencate sono proprio i punti di forza della formazione esperenziale proposta da Performando. L’obiettivo principale di trasmettere un messaggio, il saper-fare, il saper-crescere acquista potere e qualità grazie a questa metodologia, che come dimostrano le ricerche ha caratteristiche di incisività.

Con la formazione outdoor tipica di questo tipo di metodologia la persona sperimenta una condizione nuova e stimolante. Il cervello è messo nelle condizioni ottimali e naturali per apprendere e creare nuove connessioni sinaptiche che andranno a formare un ricordo durevole e soprattutto positivo. La persona partecipa attivamente alla sessione esperienziale e viene stimolata in maniera completa. Il contesto ludico serve soprattutto da traino motivatore e permette di poter sperimentare e creare in maniera libera e sicura.

Come visto prima, queste sono tutte caratteristiche che generano “attivazioni” neurali positive per la memoria. Il motto “Creiamo onde positive” rispecchia pienamente il successo “sinaptico” della nostra formazione.

John Kirwan è Cavaliere di Sua Maestà

jkirContravvenendo a quello che John mi ha chiesto di fare, o meglio di non fare, ho deciso di condividere con tutti una bellissima notizia, consapevole del fatto che farà piacere a tutti coloro che hanno avuto la possibilità in questi anni di conoscere John Kirwan.

Il 4 giugno scorso Sua Maestà la Regina Elisabetta II, nel giorno del suo compleanno, ha infatti attribuito infatti a John Kirwan il titolo di Cavaliere, un’importantissima onorificenza attribuitagli non tanto per i suoi indubbi meriti sportivi, quanto per il lavoro svolto come testimonial per il governo neozelandese a sostegno delle persone depresse.

Da questo momento in avanti, chi si rivolgerà a John in tutto il Commonwealth dovrà farlo, perlomeno ufficialmente, anteponendo il titolo “Sir”.

Nonostante questa sia la procedura ufficiale, John non vuole assolutamente che la si rispetti, e chi lo conosce sa quanto questo sia per lui autenticamente vero. Ogni sua dichiarazione relativa a questa notizia si è in effetti sempre dimostrato in linea con il suo stile: “humbled and honoured” ha infatti dichiarato di essere a proposito di questa significativa onorificenza, chiedendo al contempo a tutti di continuarlo a chiamarlo come sempre, e cioè “JK”.

E allora complimenti, JK!

Gli STEPS dei dottorandi dell’Università di Padova per entrare nel mondo del lavoro

cervelli_in_fuga_da_sud_a_nordIn un epoca in cui si parla costantemente di fuga di cervelli, le PMI padovane presentano il progetto STEPS, avente come obiettivo quello di inserire i “migliori” cervelli in azienda.

È una sfida, un progetto ambizioso che vede coinvolti la Camera di Commercio di Padova, i Giovani imprenditori di Confindustria di Padova e l’Università patavina.

L’iniziativa, rivolta ai dottorandi di ricerca dell’Università di Padova iscritti al secondo e terzo anno, è partita a Maggio e proseguirà fino a Novembre.

Il percorso formativo,strutturato in 4 moduli con la finalità di dare ai partecipanti approcci, metodi e conoscenze tecniche, funzionali al loro inserimento professionale, vedrà l’intervento di Andrea Di Lenna nella prima fase, attraverso una mezza giornata di formazione riguardante il tema del “Lavorare in team”.

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Botta e risposta con Roberta Vinci

a cura di Antonio Agostini e Sara Caroppo

rvinciRoberta Vinci, classe 1983, campionessa del nostro tennis. Tra le prime venti al mondo nel 2011; attualmente numero 9 nel WTA Doubles Rankings e numero 19 nel WTA Singles Rankings (classifica aggiornata al 14 Maggio 2012).

La caratteristica piu’ importante di un tennista?
Il tennis e’ uno sport impegnativo, che assorbe e consuma tutte le tue capacita’. Direi comunque: la forza fisica, la tenacia e, non puo’ mancare, la voglia di soffrire… Nel doppio le cose non cambiano, ma ovviamente si aggiunge l’indispensabile affiatamento con la compagna!

Talento, tecnica, squadra, coach. Ci fai una tua classifica?
Beh, dipende… Le cose cambiano nel corso della carriera. Per il mio esordio direi che l’ordine di importanza sia stato: coach, tecnica e talento (ovviamente nel tennis non si puo’ parlare di squadra…). Nel pieno della maturazione, prende il sopravvento il talento personale, seguito dal coach e dalla tecnica. E nei momenti di crisi (che arrivano per tutti, prima o poi…) il coach diventa il fattore critico, a cui aggiungere il talento e poi la tecnica.

Lo stress: se lo conosci non ti uccide?
C’e’, esiste, non si puo’ eliminare. E’ fondamentale riuscire a controllarlo. Io, prima della partita ascolto della musica e parlo con il mio coach di quello che mi aspetta. Poi, una volta sul campo, per me c’e’ solo il tennis e quello che devo fare momento per momento.

Nel ranking internazionale si sale e si scende…
E’ normale, non bisogna farci troppo caso. Per quanto mi riguarda cerco di non pensare troppo alla classifica, ma solo a migliorare me stessa: tennisticamente, fisicamente e mentalmente. Poi, il resto viene da se’.

Terra battuta, erba, cemento, indoor, outdoor… Ma come fate?
Ci si abitua. Viaggiamo tutte le settimane e ormai il cambiamento non ci spaventa piu’. E non e’ solo il terreno di gioco: c’e’ da considerare il clima, la citta’, il pubblico… Si impara subito ad essere flessibili e ad adattarsi.

Ti pone degli obiettivi?
Certo. Come tutti. Come nella vita in genere. All’inizio della stagione c’e’ un bel momento, molto significativo, con cui io e il mio coach ci apriamo, ci confrontiamo e stabiliamo insieme obiettivi e programmi.

Le tue compagne nella squadra italiana: compagne o avversarie?
Compagne, non certo avversarie. In caso, competitor… Non bisogna dimenticare che il tennis e’ uno sport individuale, anche se per alcune settimane dell’anno giochiamo a squadre. E’ chiaro che un minimo di competizione fra noi ci sia, ma e’ una competizione sdrammatizzata, naturale, fisiologica, che ci fa bene. E’ soprattutto una spinta a migliorarci sempre di piu’.

Atleta donna in un mondo di maschi.
Si’, ma con ottimi risultati, almeno se si considerano quelli che abbiamo raggiunto negli ultimi anni, come d’altra parte anche negli altri sport e non solo nel tennis. E’ una cosa che ci da’ tanta soddisfazione, che ci gratifica, che ci fa sentire importanti.

I tuoi momenti di crisi.
Eh, si’, ne ho avuti. Anche tanti, direi… E’ normale, come tutti, chi non ce l’ha? Ne sono sempre uscita bene, per fortuna, grazie soprattutto alle persone a me vicine. E all’amore per questo sport.

Il coach.
Importantissimo. Non solo per me, per ogni atleta. Io, con il mio, ho un rapporto bellissimo, di piena fiducia e di totale sintonia. Non potrebbe essere il mio coach, senno’…

La caratteristica fondamentale di un coach.
L’umilta’ e la sensibilita’ di capire chi sta allenando. Noi giocatori e giocatrici siamo tutti diversi l’uno dall’altro e non e’ detto che cio’ che funziona per uno debba per forza funzionare anche con me. E le capacita’ tattiche.

Ci sono piu’ allenatori o piu’ coach?
Nel tennis non c’e’ differenza: coach e allenatore e’ la stessa cosa. Non so negli altri sport, ma nel tennis se non sei un coach nel senso vero e proprio non puoi allenare nessuno. Non e’ solo questione di tecnica o di preparazione fisica. Conta anche quello che hai dentro. L’aspetto mentale e’ quello dove bisogna lavorare di piu’.

Bilanciamento vita professionale – vita personale?
Lo sport e’ un mondo particolare. Innanzitutto, il segreto sta nel capire che la carriera sportiva di un professionista dura relativamente pochi anni. Per cui diventa importante cercare di costruirsi amicizie e buone relazioni nel circuito e viverle al meglio.

Il tuo domani professionale e’…
Chissa’? Non ci ho ancora pensato. Credo pero’ di star accumulando esperienze e competenze preziose, che vorrei in caso cercare di mettere a frutto restando in questo ambiente. Il tennis ti insegna tanto.

Il tennis come metafora della vita?
Ah, sicuro. E’ un’ottima metafora della vita. E’ un gran sbattimento di p…!

** Al momento dell’intervista la Vinci è reduce dal Mutua Madrid Open WTA di Madrid, dove con Sara Errani ha vinto la finale di doppio battendo la coppia russa Makarova-Vesnina. È il loro quarto successo in comune della stagione. Il loro prossimo obiettivo sono le Olimpiadi

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