Il fattore “F” al servizio dei risultati

a cura di Camilla Bosio

happyLa rivista “Harvard Business Review”, di gennaio-febbraio 2012 si concentra su un tema al quale spesso non viene data l’importanza adeguata: LA FELICITA’, ossia il fattore “F”. Nell’intervista fatta al Prof. Daniel Gilbert, insegnante di psicologia ad Harvard, si delinea questa tematica ed emergono questioni curiose e singolari soprattutto sulle fonti principali della felicità ed il suo impatto anche nei risultati sul lavoro. Come lui stesso afferma:“Una delle cose più egoistiche che si possano fare è aiutare gli altri”.

La socialità è vista come uno dei principi della felicità, e questa affermazione non risulta poi tanto bizzarra, se teniamo in considerazione che l’uomo è per definizione un animale sociale. La cura dei rapporti sociali, tramite azioni quotidiane, altruistiche, non solo aiuta gli altri, ma anche noi stessi, dandoci la possibilità di sperimentare la cosiddetta “felicità indiretta”. La felicità viene descritta come condizione fondamentale sia per il benessere delle persone nella loro quotidianità, sia per la loro attività lavorativa, necessaria (anche se non sufficiente) in questo caso, per ottenere una performance elevata e di conseguenza una superiore produttività.

I risultati ottenuti dalle numerose ricerche presentate nel dossier mettono in luce che:

  • L’interazione positiva con i componenti del proprio network di supporto sociale dà benefici fisici, pari alla pratica di uno sport, e mentali, favorendo lo stato di felicità
  • Grazie al supporto sociale viene creato un circolo virtuoso che, oltre a produrre dipendenti più felici, porta ad avere anche clienti più soddisfatti
  • La felicità non porta positività solo sul versante emotivo ,bensì manifesta reazioni positive anche verso l’esterno, come sulla produttività lavorativa.
  • Felicità e performance sono strettamente correlate

Proseguendo nella nostra personale ricerca, abbiamo trovato ulteriori evidenze su come il “Fattore F” sia molto più accessibile e raggiungibile di quanto non si creda. Ad esempio passando in rassegna tutte le popolazioni del mondo per valutarne il grado di felicità e benessere che le caratterizza, è risultato che i Masai, abitanti di remoti villaggi d’Africa ben lontani dall’industrializzazione, dagli agi e dalle ricchezze dalle quali invece siamo circondati noi, sono piuttosto felici, più felici di altri che vivono in circostanze simili e altrettanto felici di molti individui che vivono in società sviluppate.

Come è possibile spiegare questo dato?

Come dimostra questa comunità che ha imparato a concentrarsi su ciò che ha, piuttosto che su ciò che non ha, non è la ricchezza a dare la felicità; i suoi membri hanno saputo cogliere ed applicare il significato più profondo del curare le relazioni con amici e familiari formando una vera famiglia allargata nella comunità, creando rapporti di fiducia e lealtà, e soprattutto passando il loro tempo a fare ciò che più gli piace e che più sono bravi a fare. Emerge quindi il legame fra una buona gestione del tempo e la felicità personale insieme alla consapevolezza che non servano grandi tecnologie, intelligenza o particolari conoscenze o abilità per giungere all’obiettivo da tutti auspicato. Nelle attività di Performando , dedichiamo molta attenzione a far sperimentare strumenti e modelli per migliorare le relazioni all’interno dei luoghi di lavoro con la consapevolezza che sono componenti significative per facilitare il raggiungimento dei risultati.

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