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D. Boesso – Baxi Italia

Il valore della tradizione a servizio dell’innovazione

Intervista a:

Dino Boesso, Direttore Risorse Umane di Baxi Italia Spa

A cura di Adriano Capelli

 

baxiIl profilo dell’azienda

Baxi Italia è la filiale italiana di Baxi Group, azienda multinazionale specializzata nella produzione di caldaie, con sede a Bassano del Grappa e stabilimenti produttivi in Inghilterra, Francia, Germania, Italia, Turchia e Danimarca.

Baxi Italia è un’azienda metalmeccanica con circa 900 dipendenti ed un fatturato intorno ai 300 milioni di Euro all’ anno. L’azienda opera nel settore del riscaldamento, producendo principalmente caldaie murali, scaldabagni elettrici, caldaie a terra e recentemente prodotti che integrano la gamma con nuove tecnologie , risparmio energico e sistematica riduzione dei consumi. Baxi Italia è un’azienda che negli ultimi anni ha avuto crescente successo con notevoli incrementi di fatturato, di cui un terzo realizzato in Italia e due terzi all’estero, tra Gruppo e Clienti direttamente gestiti da Baxi. I principali mercati sono l’Europa occidentale, l’Est Europa la Turchia, la Cina. Oltreoceano è ben radicata inpaesi quali Canada, Argentina e Venezuela: una società con ione realmente internazionale.

Per maggiori informazioni sull’azienda: www.baxi.it

Nell’attuale contesto internazionale c’è una parola chiave presso la vostra azienda: “tradizione”. Malgrado si parli di modernità e tecnologie, nell’azienda ci sono persone (come quadri di quaranta anni che hanno 20 anni di percorso in Baxi e Dirigenti con ancora più anni di servizio) che amano parlare di “tradizione aziendale” da trasferire alle giovani leve. Mi può parlare un po’ di questa caratteristica aziendale, oggi così rara?

Questa è una azienda che è rinata all’inizio degli anni 80 dopo varie vicissitudini. Siamo tradizionalisti ma allo stesso tempo vogliamo essere anche innovatori. Abbiamo sempre cercato di mantenere il background culturale nel modo di intendere il lavoro, proponendo, al contempo, una continua innovazione sia verso la cura del prodotto che verso i processi interni, volendo stare al passo con i tempi. Io dico sempre che un sistema che si ferma è un sistema che va indietro, quindi poniamo molta attenzione alla formazione e all’aggiornamento. Anche l’inserimento periodico di persone che vengono dall’esterno, tra cui anche voi consulenti, portano novità e freschezza. Questo è un aspetto importantissimo se non si vuole perdere terreno. Investiamo molto sul personale interno anche perchè questa è un’azienda che come politica tende ad assumere i giovani, neolaureati e neo diplomati, e li segue da un punto di vista formativo. Allo stesso tempo cerchiamo di trasferire loro i valori su cui si fonda l’azienda. Per questo si parla di tradizione in termini positivi, non nel senso di stare fermi. Andare avanti facendo tesoro delle esperienze professionali ed etiche del passato. Siamo un’azienda con un’anzianità media bassa, quindi abbastanza giovane. Inoltre, entro poco è prevista l’entrata di una new deal di Dirigenti giovani, ma con sufficiente esperienza, che affiancheranno i più anziani, quantomeno di servizio, Dirigenti Senior.

Oltre che a lavorare con giovani del luogo, quindi nella provincia di Vicenza, sembra che negli ultimi tempi vi siate progressivamente aperti a persone che vengono da realtà estere o da altre regioni. Per quali ragioni?

Diciamo che l’azienda ha poco turn over, quindi vuol dire che la gente si trova bene. È chiaro che se si parla di neolaureati o neodiplomati tendenzialmente rimaniamo in zona, in quanto la zona di Bassano è servita bene avendo vicine l’università di Venezia e di Padova o lo stesso CUOA di Vicenza. Intorno a Bassano c’è una buona struttura in termini di scolarità . E’chiaro però che quando vogliamo portare in azienda una qualche esperienza specifica allarghiamo l’area di ricerca e apriamo gli orizzonti territoriali.

L’azienda è multinazionale con una grande spinta internazionale e una grande spinta alle tecnologie da migliorare, all’innovazione, alla lean production. Si respira però quest’area molto familiare che sembra essere una cosa abbastanza rara in una multinazionale così strutturata…

E’ un azienda che non ha molti conflitti. In alcune aziende il rapporto tra la direzione di un Ente e un’altra sono molto burocratizzati. Da noi, invece, tradizionalmente abbiamo un rapporto interni semplici e scorrevoli. Senza nulla togliere all’organizzazione e quindi alla gerarchia, abbiamo sempre favorito i rapporti orizzontali, nel senso che un tecnico dell’area industriale, se deve parlare con un tecnico dell’area ricerca o un addetto al personale, lo può tranquillamente fare senza troppe difficoltà. Abbiamo sempre più abituato le persone a non farsi paralizzare dalla gerarchia. Se vi sono decisioni importanti si passa attraverso la gerarchia, altrimenti le persone vanno in diretta e si parlano affrontando il problema e dialogando con facilità: questo è un elemento culturale che abbiamo sempre sottolineato e voluto.

In tutte le aziende c’è oggi un grande movimento legato alla crescita dei propri quadri e dei propri dirigenti attraverso il supporto di strutture di formazione e consulenza. Negli ultimi tempi vi siete avvicinati sempre più non solo alla formazione tecnica, ma anche a quella manageriale/comportamentale per favorire il consolidamento della leadership nei gruppo nonchè la gestione del personale in situazioni complesse. E’ un trend che intendete proseguire e consolidare?

Lei ha centrato i nostri fabbisogni : la formazione tecnica e la formazione manageriale/relazionale. Sicuramente negli anni passati si puntava moltissimo sulla preparazione tecnica, quindi il fatto gestionale, la conduzione del team e i rapporti relazionali venivano dati quasi per scontati e avevano un peso minore rispetto a quella che è l’attuale necessità. Le stesse dimensioni dell’azienda, associate al fatto di dover essere presenti in tutto il mondo in un gruppo internazionale, ha reso complesse le varie relazioni con i colleghi francesi, tedeschi, francesi, inglesi e turchi. Questo ha accelerato il bisogno di possedere una capacità relazionale e di approccio interculturale più alti rispetto al passato. Ma la stessa complessità sociale e la crescita culturale media richiede qualità di gestione delle relazioni e dei team fondamentali per portare avanti progetti importanti. Infine il fatto di essere un gruppo internazionale con una clientela internazionale ha reso fondamentale una crescita anche negli aspetti di comunicazione. Personalmente vedo una grossa differenza tra il capo ed il leader: attualmente viene richiesto che chi ha il ruolo di capo sia anche un leader, dove essere leader vuol dire avere le conoscenze e le esperienze adeguate nonchè la capacità di confronto e relazione con i propri collaboratori. Questa è una necessità che è ormai ineludibile e alla quale abbiamo dovuto necessariamente rispondere.

Dal nostro osservatorio abbiamo notato come gli “assetts intangibili”, come la relazione, la gestione dei collaboratori, della propria squadra, la conduzione dei rapporti più in generale, da qualche anno definiscono le carte valoriali delle più grandi aziende multinazionali. Tali aziende hanno iniziato anche a metterli a bilancio , cosa che per noi “latini” sembra impossibile. Come mai secondo Lei siamo così in ritardo su questi elementi?

Sicuramente gli anglosassoni per cultura tendono a quantificare tutto, mentre noi latini siamo meno attenti a questi aspetti, anche se in realtà poi, come lei ha avuto modo di vedere, facciamo considerazioni sul potenziale e sul suo sviluppo basandoci su strumenti anche quantitativi. Un grosso intervento lo stiamo facendo proprio sulla squadra dei nuovi dirigenti e quadri. Stiamo lavorando parecchio anche su indici quantitativi proprio per valutare questi aspetti considerati fino a poco tempo fa “intangibili”.

Esiste una pressione dell’azienda sui giovani per renderli maggiormente “competitivi”?

Certamente sì. Siamo in un momento delicato, in cui si cerca di gestire al meglio la successione tra Dirigenti Senior – per essere chiari quelli della mia generazione- e quelli Junior che dovranno prendere gradualmente in mano la stanza dei bottoni. Il progetto su cui stiamo lavorando da qualche anno è quello di preparare il passaggio al di là delle competenze, investendo così anche sull’aspetto relazionale utilizzando diversi approcci e contenuti formativi. Sia i futuri dirigenti che gli stessi quadri stanno vivendo la necessità di sviluppare la propria componente relazionale considerata ormai “un fattore determinante”. Mentre negli anni scorsi le persone non chiedevano questo tipo di intervento di supporto, ora è proprio questa necessità a far maturare una nuova consapevolezza: quella di essere, ad esempio, un bravissimo “ingegnere”, e quindi ottimo tecnico, ma non del tutto preparato a condurre la propria squadra e motivare il proprio team. Una componente importante secondo me, che sta anche rivoluzionando anche un po’ l’assetto della produzione dell’aziende, è data dai sistemi informativi, cioè dalle tempistiche della comunicazione. Faccio un esempio banale: qualche anno fa quando veniva inventato un prodotto, prima che un qualche paese estero riuscisse a copiarlo, ci voleva un tempo abbastanza lungo. Parecchi anni fa ci volevano decenni, poi sono diventati anni ed adesso, cominciano a diventare giorni . Quindi ciò che costringe a correre in questi anni è proprio la velocità con cui le informazioni circolano. Mentre prima la conoscenza era potere, oggi per il collaboratore è più facile trovare l’informazione, quindi il “capo” non è più l’unico “depositario” dell’informazione. Anche per questo bisogna costruire squadre efficienti, efficaci e produttive facendo in modo che ogni elemento del team sappia, attraverso buona comunicazione e attenta relazione, condividere le conoscenze.

Una domanda un po’ più rilassata. Visto che lei è un dirigente “storico” di quest’azienda, mi può raccontare una grande soddisfazione che ha avuto nel suo lavoro?

I primi anni sono stati particolarmente difficili: facevamo trenta-quaranta miliardi di lire di fatturato e ne perdevamo otto. Da quei tempi ad oggi la grandissima soddisfazione è vedere questa azienda crescere in volumi e in dimensioni : dopo trent’anni che sono a Bassano vedere un’azienda sana che è competitiva e che riesce a mantenere dei buoni risultati è entusiasmante. Dico sempre che questa azienda funziona bene perché ha un elemento particolare, che è la capacità di lavorare con efficacia in tutti i comparti aziendali. Riusciamo ad avere un buon processo produttivo, riusciamo a governare bene la finanza , il prodotto è sempre aggiornato, il personale viene gestito “correttamente”, e quindi l’esito è quello di vivere in una azienda che porta buoni risultati un po’ su tutte le aree, cosa che viene sistematicamente confermata dal confronto con le altre realtà del Gruppo. Abbiamo un discreto risultato economico, non abbiamo troppe spese generali, abbiamo un’incidenza della struttura che non è elevatissima. Personalmente poi faccio sempre il ragionamento che ci sono due costi in azienda: il primo è quello specifico dell’azienda (materiali, personale…), il secondo riguarda il passaggio dall’azienda alla “strada”, dove ci sono un’altra serie di costi non secondari che vanno gestiti bene. Secondo me la nostra competitività è più forte dall’azienda alla strada, forse è l’area in cui eccelliamo maggiormente. Quindi, tornando alla Sua domanda, mi da soddisfazione avere lavorato in questa azienda per trent’anni e vederla ancora , dopo un periodo così lungo, ad un ottimo livello di competitività e ancora con ampi margini di crescita.

M. Cavara – Vygon Italia

“La formazione come strumento fondamentale per la crescita e lo sviluppo dei manager in Vygon”

Intervista a:

Ing. Mauro Cavara Direttore Generale VYGON ITALIA SpA

A cura di Adriano Capelli

cvygonM. Cavara

Il profilo dell’azienda

Vygon Italia è la filiale italiana di un’azienda multinazionale francese che produce e distribuisce dispositivi medici, perlopiù monouso, di elevato standard qualitativo. Produce in sette diversi siti e distribuisce attraverso una rete di 18 filiali, che le garantiscono la presenza dei prodotti Vygon in 120 paesi nel mondo.

Per maggiori informazioni sull’azienda: www.vygon.it

Ing. Cavara, quali sono le previsioni per il prossimo triennio ?

Come Vygon prevedo che non ci sarà una ulteriore crescita particolarmente consistente del personale: è presumibile che in tre anni si possa arrivare alle 40 persone di sede, ma dipende molto da come si svilupperanno le vendite sul territorio. Con Vytech, invece, in tre anni si dovrebbero raggiungere una decina di dipendenti, con crescita continua e programmata.

Quali sono le maggiori criticità che hai potuto riscontrare negli ultimi tempi nell’inserimento di nuovo personale?

Le difficoltà principali sono dovute al fatto che è sempre più difficile trovare persone che abbiano un livello di aspettative adeguato alle loro effettive capacità e dall’altra parte che abbiano voglia veramente di mettersi in gioco e darsi da fare. Il livello di base è sempre più modesto, ci sono molti più laureati di una volta , la cui qualità è però progressivamente decaduta. Quindi persone che sulla carta hanno capacità e preparazione, ma poi, all’atto pratico, dimostrano lacune significative, con un sistema scolastico che evidentemente non riesce a fornire una preparazione utile all’impresa. Inoltre il contesto sociale ed occupazionale genera aspettative economiche e di ruolo che non sono spesso commisurate alla loro capacità di generare reddito per l’azienda. In molti casi poi non c’è l’umiltà necessaria per affrontare la “gavetta”. Infine i lavori più manuali o più semplici vengono accettati con fatica e difficoltà: purtroppo un’azienda non può essere formata solo da quadri e dirigenti. La nostra azienda fa il possibile per creare percorsi di crescita per le persone capaci, però le dimensioni attuali non offrono possibilità infinite ed i percorsi di crescita partono comunque generalmente dal basso. Tutto questo può generare insoddisfazioni e tensioni non sempre di facile gestione. L’azienda poi deve provvedere in proprio alla maggior parte della formazione, con i relativi costi e tempi per ottenere personale efficiente.

Cosa manca, secondo lei, ai giovani manager con età inferiore ai 35 anni, con buona esperienza sul campo, ma scarsa esperienza direzionale?

Manca spesso la capacità di gestire con efficacia le persone, compito tra l’altro difficilissimo che richiede preparazione specifica, allenamento ed esercizio quotidiano. Allo stesso tempo c’è una difficoltà ad uscire dalla gestione del quotidiano per avere una visione ampia dei problemi e quindi delle soluzioni. Questo porta talvolta ad errori, ad esempio nella gestione delle priorità. Fare il dirigente vuol dire riuscire a progettare e costruire il domani, per sé e per l’azienda: bisogna avere lo sguardo ampio, sapere dove si vuole andare, senza trascurare il quotidiano ed i piccoli problemi (sono sempre i dettagli che fanno la differenza), ma riuscendo sempre a contestualizzare tutto nel processo di più ampio respiro.

Pensa possano essere utili delle attività formative che preparino questi futuri manager alla gestione del personale e dei collaboratori?

Per mie caratteristiche e convinzione personale credo molto nell’aggiornamento e nella formazione continua. Ma ritengo fondamentale che la formazione, soprattutto quella che forma manager o capi settore o personale di front-line di vendita, sia molto esperienziale e votata alla concretezza. Desidero sempre più che i miei uomini possano utilizzare gli strumenti formativi e attivarli nella pratica. In questo senso richiedo corsi specifici e ad hoc con case-histories da studiare e mettere a fuoco, utilizzando fasi operative e specifiche di role-playing, che permettano ai partecipanti di capire concretamente come utilizzare le nuove tecniche ed informazioni acquisite nel loro lavoro di tutti i giorni. Le persone poi riescono a portarsi a casa strumenti operativi e a diventare più concrete, a meglio riprodurre in pratica la teoria. Perché, in un corso, avuto l’esempio e capito cosa vuole dire, i discenti devono essere monitorati con feed-back post-corso proprio per capire chi è riuscito a rendere contestuale al suo lavoro il corso esperito e chi non è riuscito nell’intento. Anche su questo abbiamo ancora molto da lavorare.

Con Performando abbiamo lavorato molto concretamente sui bisogni reali formativi e sul clima aziendale, con miglioramenti significativi, anche se, in questo campo, c’è sempre da migliorare. E non trascurerei l’aspetto del coaching, su cui lei ha fornito un contributo fondamentale, ma che deve essere trasversale e che credo possa essere il metodo di formazione continua più importante in azienda.

In Vygon Italia vi è un numero di impiegate che supera quello degli impiegati. Gli uomini però, nei ruoli più direttivi, hanno una quasi assoluta preminenza. Lei crede che nel prossimo futuro qualche dirigente donna possa fare parte della famiglia Vygon ?

Sull’opportunità e possibilità assolutamente sì, indubbiamente scontiamo dei retaggi storici, culturali nonché sociali in senso generale, ma anche nel nostro specifico contesto. E’ indubbio, purtroppo, che le donne, in una certa fase della vita che coincide poi spesso con quello che è il principale periodo di sviluppo della carriera, si trovano spesso a dover far fronte al problema della famiglia e dei figli. Questo, in assenza di supporti sociali adeguati, le costringe spesso a fare delle scelte che sono penalizzanti per la loro crescita organizzativa. Oggettivamente le aziende vivono con difficoltà queste necessità: il tempo che viene richiesto oggi in alcuni ruoli dall’azienda, soprattutto di responsabilità manageriale, è elevato e purtroppo spesso incompatibile con l’organizzazione familiare. Gli uomini invece spesso il tempo se lo ricavano, non di rado a spese delle donne. Dal mio personale punto di vista, credo quindi che una maggior presenza femminile nelle posizioni di vertice della nostra azienda sia certamente possibile, anche se tuttora complicata. Dipende da come una “signora in carriera” riesce a gestire le varie attività, soprattutto la ricerca dell’equilibrio tra gli aspetti familiari e quelli meramente lavorativi. Il contesto però sta cambiando per cui posso dire che vedo un ottimo futuro per le donne manager, anche qui in Vygon

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Un’ultima domanda: cosa vorrebbe che succedesse, al giro di boa dell’anno 2008, per essere realmente soddisfatto?

Riuscire ad aumentare il fatturato aziendale e realizzare progetti relativi allo sviluppo di prodotti, all’implementazione di servizi a favore del cliente ed a strumenti di gestione più raffinati. Il tutto coadiuvato dallo sviluppo delle capacità e delle competenze del personale utili a supportare questi sviluppi. Tutto ciò potrebbe aiutarci a reperire le risorse finanziarie che servono ad investire ulteriormente nello sviluppo di questa azienda.

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