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Lo smartworking come motore di cambiamento e miglioramento

a cura di Mario Bassini

Con il passare del tempo, quella che era nata come risposta temporanea a una situazione di emergenza (ne avevamo parlato nelle settimane di maggior criticità della pandemia), sta diventando una formidabile opportunità di cambiamento grazie, soprattutto, alla sua diffusione e al protrarsi nell’applicazione. Se in primavera “concedersi” lo smartworking significava reggere l’impatto del momento, ora possiamo vederlo anche come elemento organizzativo e gestionale strutturale e duraturo.

E’ questo probabilmente uno dei pochissimi aspetti positivi del protrarsi di una criticità generale di cui avremmo sicuramente fatto volentieri a meno: vale la pena darsi da fare per riuscire a stabilizzare questi elementi, consolidando la fase di cambiamento (forzato) in miglioramento (acquisito).

Alzi la mano chi non si è trovato, diciamo più o meno tra maggio e giugno, alle prese con qualche importante portatore di interesse, normalmente posizionato ai piani più alti delle chart organizzative, che, quasi tirando un sospiro di sollievo, non si sia espresso con frasi del tipo “bene, festa finita: questa vacanza dello smartworking può dirsi conclusa e si può tornare a lavorare; era ora!”

Persino eminenti personaggi con importanti incarichi di amministrazione pubblica e/o di governo, di varia natura, ha espresso concetti analoghi, salvo poi avventurarsi in sessioni di alpinismo da vetro sostenendo di esser stato frainteso nel suo pensare “all’effetto grotta che rischiava di affliggere nel tempo intere falangi di lodevoli dipendenti comunali, costretti all’isolamento lavorativo da mesi”.

Il cambiamento culturale delle organizzazioni è lento e difficile, soprattutto per quei contesti dove, giusto per fare un esempio di facile comprensione, si centra la valutazione di performance dei collaboratori sulla base della presenza fisica in ufficio, perché si è ancora abituati a dover percepire una sorta di “senso di possesso”, che non trova corrispondenza nell’eterea, impalpabile dimensione delle call Skype, Zoom o Teams.

Eppure le organizzazioni hanno in moltissimi casi retto benissimo, hanno saputo reagire, sono andate immediatamente a caccia di opportunità, cogliendole, laddove si presentavano, senza tentennamenti o rallentamenti, dimostrando in modo tangibile che anche gli smartworker hanno saputo lavorare bene, con efficacia ed efficienza, nonostante la situazione.

Certo forse però è mancata una componente essenziale: c’è bisogno di un po’ più di tempo, e di lavoro, per veder emergere una nuova generazione di smart manager, soprattutto perché c’è da convertire e resettare una folta schiera di capi che con queste nuove leve gestionali non aveva mai avuto a che fare in precedenza.

Sullo smart manager (degni di nota interessanti approfondimenti in proposito sulla rivista periodica ISPER di settembre, contenuti in una tesi di laurea discussa in uno di quei luoghi dove il tema è studiato da tempi non sospetti, ovvero il Dipartimento di Psicologia dell’Università degli studi di Milano), avremo modo di tornare, perché merita un approfondimento.

Soffermiamoci invece sullo smartworker e sul suo momento di transizione che, come detto più sopra, può trovare giovamento dal fatto che questa situazione si sta prolungando nel tempo: per un verso il popolo dei detrattori ha a disposizione nuovi e/o rinvigoriti argomenti – l’orario di lavoro è diventato liquido, ho perso la dimensione sociale, mi hanno tolto il buono pasto, devo usare la mia wifi, la mia stampante, il mio impianto di condizionamento/riscaldamento, la mia macchinetta del caffè, la mia corrente elettrica,…), per un altro gli entusiasti comprendono e apprezzano la riduzione di molti dei costi di natura psico-fisiologica e logistica della prestazione lavorativa, il vantaggio di una spazio-temporalità più libera (anche se in modo talvolta differente a seconda dei ruoli), la crescita della responsabilizzazione individuale (se percepita come opportunità).

Teniamo conto poi del diverso ageing della popolazione aziendale: i più giovani sono sicuramente quelli che maggiormente richiedono, fin dalle fasi di selezione, se il contesto prevede o meno modalità di lavoro agile ma poi magari ne lamentano il derivante rischio di esclusione, o solo parziale inclusione, nella dimensione sociale e di scambio/trasferimento di competenze, che lo stesso comporta.

Sicuramente da presidiare attentamente il tema, evitando il rischio di un eccessivo “scollamento” tra giovani e veterani. Di contro i colleghi dotati di maggiore anzianità aziendale avranno magari ragionato ironicamente “mi sono mancati i colleghi, il mio capo, l’ufficio…poi però, una volta ritrovati, questo senso di nostalgia si è subito sopito!”

Ma, detto che molti di questi aspetti non possono certo essere definiti sorprendenti, la sintesi del tragitto fatto fino a qui dice che chiunque di noi si trovi a lavorare a vario titolo al servizio delle persone e delle organizzazioni, ha una grande occasione e un’altrettanto grande opportunità: smart working sì ma ben posizionato e gestito, a livello qualitativo e, laddove possibile, quantitativo.

Ai professionisti dell’HR spetta il compito di lavorare per trovare un equilibrio e una linea cui tendere nel lungo periodo, quando l’emergenza sarà definitivamente risolta.

Serve governare il fenomeno con intelligenza e lungimiranza, perché non prevalga l’approccio emergenziale, come in parte è stato finora.

Il vantaggio del prolungamento di questa esperienza “spintanea” sta nel fatto di avere più tempo a disposizione per convincere anche i più resistenti a comprendere, su basi concrete, che in realtà si tratta di una formidabile opportunità e di una potente risorsa che non solo ha costi tutto sommato risibili ma, anzi, in molti casi può rappresentare una fonte di risparmio sui costi aziendali: ci sono organizzazioni che questi conti li hanno già fatti e stanno ripensando agli uffici, al parco auto, ai costi per trasferte, mense aziendali, e tanto altro.

I professionisti dell’HR devono saper contribuire a cogliere, evidenziare e misurare questi aspetti, oltre che gestire accordi e policy strutturate e coerenti, con le quali definire le cornici e le reciproche opportunità.

Celebriamo gli apprendimenti

a cura di Andrea Petromilli

Tra i valori di Performando c’è quello della “condivisione” inteso come desiderio di trasmettere con entusiasmo e passione le nostre conoscenze, capacità e scoperte, e contribuire a “generare valore” per i nostri Clienti.

In questo articolo vogliamo condividere uno strumento che facilita persone e organizzazioni a focalizzare e celebrare i propri apprendimenti, partendo dall’analisi delle proprie esperienze.

E’ noto e risaputo che si apprende dagli errori, soprattutto perché ti “costringono” a cambiare prassi, comportamenti ed abitudini che magari, fino a poco tempo prima, si erano rilevati vincenti. 

Non è così scontato invece apprendere dai “successi”, perché il risultato positivo delle nostre azioni, nella maggior parte dei casi, non viene analizzato adeguatamente, a volte addirittura rischia di essere dato per “scontato”.

Partendo da queste premesse ci piace condividere lo strumento elaborato da “Management 3.0” e denominato “Celebration Grid”.

Tale tool nasce all’interno del contesto “agile” e viene utilizzato nelle “retrospettive” (riunioni di feedback per valutare lo stato di avanzamento di un progetto) per aiutare i team a valutare l’efficacia del lavoro svolto ed indirizzarli nell’elaborazione di modalità utili per intraprendere al meglio gli step successivi del progetto in cui sono coinvolti.

La cerebration grid si compone di 3 step, graficamente rappresentati da 3 colonne da compilare, che ci guidano nell’analizzare l’esperienza oggetto di studio da 3 punti di vista:

Gli errori

Le sperimentazioni

Le buone prassi

Per utilizzare la “griglia” della cerebration grid (scaricabile gratuitamente cliccando qui ) è importante, prima di tutto, focalizzare un progetto (personale e/o organizzativo) di cui si vogliono analizzare gli apprendimenti emersi.

Gli errori vengono elencati/scritti nella prima colonna del modello e rappresentano tutti quei comportamenti che sappiamo essere sbagliati, ma che ci siamo ostinati a perpetuare. Magari alcuni errori si sono rilevati “vincenti” ma solo per una questione di fortuna e la buona sorte, come siamo soliti dire nei nostri percorsi, non è allenabile!

E’ molto più probabile che la maggior parte dei comportamenti caratterizzanti questa prima fase del modello non abbiano contribuito a far avanzare il progetto oggetto di analisi. E’ noto, ad esempio, che fumare fa male alla salute, ma questo non basta per farci smettere di fumare. Ci rendiamo conto che le riunioni del nostro team non sono efficienti ma continuiamo a farle nello stesso modo.

“Pazzia è continuare a fare le stesse cose, aspettandosi risultati differenti” diceva Einstein.

Le sperimentazioni (la seconda colonna del modello) rappresentano tutti i tentativi e i comportamenti sperimentati per trovare soluzioni alternative rispetto a quelle impiegate in precedenza, che spesso abbiamo evidenziato e raccolto nella colonna “errori”.

L’analisi di queste azioni aiuta a far emergere tutte le esperienze nuove che abbiamo attuato, suddivisibili in due categorie: quelle che hanno raggiunto i risultati sperati e quelle che si sono rivelate poco o per nulla efficaci.

Le buone prassi, ultima colonna del modello, aiutano infine a ricapitolare i comportamenti utilizzati derivanti dall’esperienza, dimostratisi utili per risolvere problemi analoghi.

In questa colonna vengono anche raccolte quelle buone prassi non più adeguate, perché magari lo scenario è cambiato radicalmente, in maniera inaspettata.

Le novità imposte dall’attuale pandemia in corso ci stanno costringendo, ad esempio, a rivedere alcuni approcci maturati nel tempo “pre-covid” in termini di attività formative in presenza e/o esperienziale, che prevedevamo una distanza sociale inferiore ad un metro.

Una volta compilata la “griglia”, emerge chiaramente come la colonna centrale sia densa di apprendimenti e potenziali soluzioni, accessibili tanto alla persone quanto all’organizzazione.

Sono proprio i “tentativi” e le “sperimentazioni” (al di là del loro esito) che incrementano l’apprendimento; ed è proprio in virtù di ciò che i nostri percorsi formativi e consulenziali si caratterizzano sempre da un elevato grado di esperienzialità e sperimentazione dei concetti oggetto dei nostri interventi.

Per valutare come utilizzare la Cerebration Grid nel proprio contesto di sviluppo organizzativo e o personale ti invitiamo a scriverci una mail al nostro indirizzo info@performando.it.

Sarà un piacere condividere la nostre esperienze e celebrare insieme gli apprendimenti che emergeranno.

Verso un tempo di qualità

a cura di Bruno Durante

Sul tema tempo si disquisisce dai tempi di Aristotele e probabilmente anche prima… tanto si è quindi scritto e dibattuto. Non ho l’ambizione di aggiungere qualcosa di nuovo, ma nelle poche righe che seguono vorrei riflettere con voi circa la dimensione soggettiva del tempo e sviluppare qualche idea su cosa possiamo fare per aumentare la qualità del nostro tempo.

Partiamo dai dati “oggettivi” o quantomeno condivisi: 1 giornata è composta di 24 ore che corrispondono a 1.440 minuti che equivalgono a 86.400 secondi… e questo dato è valido per tutti noi.

La questione è:

Come la vivo la mia giornata? Quanto del mio tempo è speso in qualità e quanto no?

Quanto il momento attuale ha cambiato la percezione che ho del tempo?

Che atteggiamento riesco ad avere oggi verso il tempo che ho a disposizione?

Il primo punto su cui riflettere è comprendere come dare priorità alle attività che ciascuno di noi svolge.

I criteri di importanza ed urgenza sono la base della matrice di Eisenhower.Importante è un concetto soggettivo: ciò che è importante per te può non esserlo per qualcun altro, ed inoltre ciò che è importante oggi può non esserlo in un altro momento della tua vita personale e professionale.

Imparare a gestire le priorità con consapevolezza è quindi fondamentale per una efficace gestione del tempo, soprattutto quando si lavora in team.

Il concetto di urgente, invece, è oggettivo, e dipende unicamente dalla variabile tempo: va applicato a quelle attività che richiedono attenzione immediata o comunque a brevissima scadenza.

E’ quindi fondamentale essere in grado di definire cosa è importante, cosa meno, cosa è urgente e cosa no e condividerlo con il team.

Un esercizio utile è riflettere non tanto sulle attività/mansioni che ciascuno di noi è chiamato a svolgere, ma soprattutto sulle responsabilità e sugli obiettivi che siamo chiamati ad assolvere.

Se ci pensiamo un attimo, l’evoluzione delle job descrtiption dovrebbe aiutarci in questo. I mansionari di qualche tempo fa erano incentrati e dettagliati sui compiti-attività, mansioni appunto, che le persone erano chiamate a svolgere. In molte organizzazioni, negli ultimi anni, si sta dando molta più attenzione alle responsabilità e agli obiettivi del ruolo, anche in considerazione della sempre maggiore flessibilità che viene richiesta.

Quindi il focus sulle responsabilità dovrebbe portarci a comprendere meglio le priorità che andranno poi condivise con il resto del team e con i responsabili in modo da verificarle in un quadro generale.

Se sono così più chiare le priorità saremo maggiormente in grado di impiegare il nostro tempo in modo organizzato e potremo rispondere con più lucidità alle “crisi” che sono innescate dalle urgenze.

Il secondo punto riguarda un aspetto più personale, cioè la nostra capacità di vivere il tempo in “equilibrio” con il passato, il presente e il futuro.

Gli studi di alcuni psicologi (Zimbardo, Hornik, Zakay principalmente) hanno definito il “Time perspective” come il “processo attraverso il quale organizziamo le nostre esperienze personali in orizzonti e categorie temporali.”

È un aspetto del tempo psicologico, o soggettivo, che si contrappone al tempo oggettivo. Il TP può essere definito come “la presenza dominante di passato, presente o futuro nei pensieri di una persona”. Esso ha risvolti sulle nostre scelte, comportamenti, emozioni, ecc.

Le ricerche hanno dimostrato ad esempio che le persone con una prospettiva fatalistica o focalizzata sul passato negativo hanno maggiori livelli di ansia, depressione, rabbia e aggressività.

Le persone eccessivamente orientate al futuro invece spendono poco tempo in attività personali, come hobby, vacanze, attività ricreative con amici… tendendo quindi a livelli di stress alti e poco salutari. (Zimbardo & Boyd, 1999).

C’è un giusto equilibrio?

La risposta è si!

Il TBP (Time balanced perspective) è definito come l’abilità mentale ad essere flessibili nella prospettiva da utilizzare in base alle caratteristiche della situazione e le risorse personali a disposizione.

Questa risulta un’abilità allenabile e come primo step prevede la consapevolezza: comprendere come eventualmente “rivedere” le esperienze passate in ottica positiva, apprendere come vivere al meglio ciò che si sta facendo ( il concetto del “qui ed ora”), pensare al futuro in termini di scopo e non solo di obiettivi.

In conclusione possiamo dire che è importante e necessario ritagliarsi del tempo per riflettere:

  • sul proprio ruolo e sulle attività extra lavorative in termini di responsabilità, così da definire delle priorità e imparare a condividerle e/o eventualmente negoziarle;
  • sulla qualità di pensieri ed emozioni legati a come ciascuno di voi vive il proprio passato, presente e futuro.

Buone riflessioni e buon tempo a tutti!

Sostenibilità e sostenitori, l’esperienza di Tecnostrutture

a cura di Mario Bassini – Performando e Giulia Daniele – Tecnostrutture

Organizzazione impegnata fin dalla fondazione nel proporre sistemi costruttivi finalizzati prioritariamente a migliorare la qualità della vita delle persone che fisicamente vivono e lavorano nelle strutture realizzate, Tecnostrutture, uno dei player di riferimento di questo settore in forte crescita, è per definizione particolarmente interessata alla sostenibilità del proprio business e del rapporto con clienti, fornitori e collaboratori.

A “ispirare” questa scelta, Il fondatore e attuale Presidente e Amministratore Delegato Franco Daniele; a coordinare l’azione operativa, che è il frutto di uno sforzo corale di tutti i principali snodi dell’organizzazione aziendale, è Giulia Daniele, nella sua veste di manager MKT e Comunicazione, vera fonte di energia positiva e facilitatrice di ogni possibile utile impulso ideativo e realizzativo concreto.

Performando si è inserita e affiancata in questo percorso, perché chiamata a svolgere prima di tutto un ruolo di indirizzo, parallelamente anche di coordinamento degli appuntamenti di impulso e di gestione del coinvolgimento attivo delle persone, che tratteremo nella seconda parte del racconto.

Per comprendere meglio le varie tappe, abbiamo però prioritariamente chiesto a Giulia di raccontarci cosa ha motivato la decisione di incorporare la sostenibilità nella strategia aziendale e come riuscire a diffondere questo nuovo approccio all’interno dell’organizzazione. Ecco il riassunto di questa parte di tragitto, delle risultanze che ha prodotto e delle sue prospettive.

Partiamo dal chiederci: quali sono le tre principali sfide globali della sostenibilità per il mondo delle costruzioni?

Possiamo individuare con certezza queste risposte:

CRESCITA RAPIDA DELLA POPOLAZIONE: nel 2011 la popolazione mondiale ha superato i 7 miliardi (Population Reference Bureau, 2011). Entro il 2024 si prevede che raggiungerà gli 8 miliardi. Ne risulta una maggiore domanda di risorse primarie, nonché di edifici e infrastrutture (CISL, 2019). Di conseguenza si stima che entro il 2060 la superficie edificata raddoppierà (ONU 2014).

URBANIZZAZIONE RAPIDA: più della metà della popolazione mondiale vive nelle aree urbane. Entro il 2050, tale percentuale dovrebbe crescere fino a 2/3 (ONU, 2014) e nei prossimi 30-40 anni ci sarà la necessità di costruire città per circa 2 miliardi di persone nei paesi in via di sviluppo (Day, 2019). Questa crescita urbana senza precedenti comporta enormi sfide (CISL, 2019) che potrebbero essere affrontate rendendo le città inclusive, sicure, resistenti e sostenibili. Proprio quest’ultimo punto rappresenta l’obiettivo numero 11 (SDG 11) dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

CAMBIAMENTI CLIMATICI: gli edifici e le costruzioni rappresentano il 36% del consumo globale finale di energia e il 39% delle emissioni di CO2. Dal 2010, le emissioni di CO2 legate agli edifici hanno continuato a crescere di circa l’1% all’anno. Continuare con questa tendenza nei prossimi decenni renderà sempre più difficile raggiungere le ambizioni per un aumento della temperature inferiore ai 2°C (B2DS) entro il 2100 (UN Environment, 2017). Per garantire B2DS è urgente affrontare la rapida crescita degli investimenti in edifici efficienti e ad alta intensità di carbonio, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.

Di conseguenza, quali sono e saranno le sfide più rilevanti per Tecnostrutture?

CREARE CONSAPEVOLEZZA, attraverso

a. la sensibilizzazione sul costo dell’intero ciclo di vita dell’edificio anziché sul solo costo di acquisto (WorldGBC, 2019);

b. la comunicazione al mercato circa i vantaggi delle costruzioni offsite (Zhai, 2014);

c. la comunicazione della visione di sostenibilità all’interno dell’azienda

RIDURRE ENERGIA ED EMISSIONI nella fase di produzione delle materie prime e nella fase di demolizione, aree cruciali di intervento come mostrato nel rapporto LCA di Tecnostrutture (Calderini-Piccardo, 2018).

CONTRIBUIRE ALL’AGGIORNAMENTO E ALL’ADOZIONE DI CODICI DI SOSTENIBILITÀ come fattore chiave per un cambiamento (Vv.Aa., 2014)

E dunque, perché incorporare la sostenibilità nella strategia aziendale?

Il Global Construction Report mostra che entro il 2030 per il mercato delle Costruzioni è attesa una crescita dell’85% spostandosi verso mercati a crescita rapida (GCP, 2015). Gli edifici e le costruzioni costituiscono il 39% delle emissioni di CO2 (UN Environment ONU, 2017) e i rifiuti da costruzione e demolizione rappresentano quasi il 30% di tutti i rifiuti in Europa (ECIF, 2019).

Queste cifre evidenziano il potenziale contributo che il settore delle costruzioni può dare per un mondo più sostenibile. Ecco perché è tempo che Tecnostrutture integri la sostenibilità nella propria strategia aziendale, ottenendo vantaggi operativi e strategici tangibili.

Qualche esempio:

le fasi cruciali nelle quali possiamo migliorare le nostre performance sono la produzione delle materie prime e la demolizione dei prodotti, come mostrato nel nostro recente rapporto LCA (Calderini-Piccardo, 2018).

Figura 1 – Risultati LCA di tre differenti soluzioni strutturali (Calderini-Piccardo, 2018).

Considerando la volatilità dei prezzi dell’acciaio e le relative emissioni per la sua produzione, le opportunità risiedono nell’ottimizzazione del materiale. Le strutture ottimizzate rappresenteranno un vantaggio competitivo in termini di prezzo e spazio utilizzabile negli edifici.

Per la fase di demolizione, lo sviluppo di soluzioni progettuali già pensate per lo smontaggio può portare alla riduzione di rifiuti, trasformando gli edifici in una banca del materiale (BAMB, 2017) con materiali da rivendere e riutilizzare, a vantaggio dell’investitore.

Attualmente la sostenibilità del marchio di Tecnostrutture è comunicata solo agli esperti LEED e nella sezione www.tecnostrutture.eu/sostenibilita del sito internet. Una strategia globale di green branding ha bisogno di molteplici modifiche in tutta l’organizzazione (Grubor-Milovanov, 2017) e un piano d’azione che metta in evidenza i benefici dei prodotti per gli investitori nelle diverse fasi della vita del prodotto. Questo sforzo è necessario per dimostrare che i prodotti off-side sono più convenienti dei sistemi tradizionali, considerando l’intero ciclo di vita (Zhai, 2014). E il mercato è sempre più preparato ad apprezzarlo. Per esempio, in Cina dal 2014 il governo richiede la piena attuazione degli standard di bioedilizia per edifici realizzati con investimenti governativi e per costruzioni di oltre 20.000 m2 di superficie (CBRE, 2015).

 

Figura 2- Tre tipi di benefici con dettaglio sull’economia circolare di Tecnostrutture. Evidenziate in arancio, le fasi cruciali per un potenziale miglioramento.

I Sostenitori in Tecnostrutture e il “Comitato Sostenibilità”, il contributo di Performando.

Stante il quadro riassunto da Giulia, con il corredo tecnico delle evidenze e delle risultanze di ricerche mirate a focalizzare gli aspetti salienti, l’estensione a tutto il contesto aziendale è stata un fatto che potremmo definire conseguente e coerente.

Dalla fine del 2019 questo slancio, questa modalità organizzativa e gestionale, è stata esplicitata attraverso l’ufficializzazione e la creazione di un vero e proprio team di “sostenitori”, ovvero propagatori di modelli sostenibili, che attraverso il proprio impulso personale e di area organizzativa aziendale cui appartengono, si fanno propositori e promotori concreti e attivi di piccoli e/o grandi progetti di lavoro destinati a produrre effetti tangibili di questa spinta al miglioramento.

Uno sviluppo sostenibile di successo necessita di collaborazione tra tutte le parti interessate (stakeholders). Ecco perché il team interfunzionale denominato “Comitato Sostenibilità” ha un ruolo fondamentale. I suoi componenti, i sostenitori, sono autentici agenti del cambiamento, promuovono azioni sostenibili, ciascuno con riferimento al proprio dipartimento, e quindi assieme nell’intera organizzazione.

I sostenitori sono volutamente scelti trasversalmente in quanto competenti di ciascuna delle aree organizzative principali dell’azienda, per avere e permettere un impatto globale e complessivo sull’organizzazione, un apporto corale, una possibilità di azione allargata a 360° nell’individuazione di proposte e soluzioni concrete, efficaci, condivise: 

Risorse Umane, Direzione Tecnica, Ricerca & Sviluppo, Logistica, Operations, Commerciale, le aree presenti e rappresentate da un componente effettivo.

Dietro a questo lavoro sul campo, un Comitato Guida a dare legittimazione e autorevolezza, visibilità e indirizzo scientifico e oggettivo, con rappresentanti del modo imprenditoriale e accademico:

Andrea Fornasiero, Presidente del Comitato Standard di Green Building Council Italia, l’associazione no profit che favorisce la diffusione di una cultura dell’edilizia sostenibile, facente parte della rete internazionale dei GBC;

Andrea di Lenna, Direttore di Performando, società di formazione manageriale e di consulenza per lo sviluppo personale e organizzativo che opera sull’intero territorio nazionale;

Chiara Calderini, Professoressa presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica e Ambientale dell’Università degli Studi di Genova, ha curato la valutazione LCA di Tecnostrutture (Life Cycle Assessment – LCA – finalizzato a comparare e analizzare l’impatto ambientale del sistema misto NPS® di Tecnostrutture rispetto a strutture in acciaio e calcestruzzo armato).

I gruppi si incontrano con cadenza trimestrale e anche in questa fase così delicata e problematica perché segnata in modo estremamente impattante dall’emergenza COVID-19, sono stati possibili contributi concreti e reali di sicuro e immediato impatto anche nella motivazione e gratificazione delle persone, che sono state in grado di formulare queste proposte: l’ultimo incontro, in aprile, non è stato minimamente intralciato dalla situazione di “lockdown” che anche Tecnostrutture stava vivendo, né ha compromesso il raggiungimento dei risultati prefissati. Una gratificazione che si poteva toccare con mano dialogando “a distanza” con tutti gli interessati e percependone la soddisfazione.

La sostenibilità, intesa principalmente come il contributo per l’ambiente che una realtà quale Tecnostrutture è in grado di mettere a disposizione del sistema nel suo complesso, può quindi divenire attraverso questa modalità ed esperienza, anche uno strumento cruciale per aumentare il coinvolgimento di tutto il gruppo di persone che offre ogni giorno il proprio apporto professionale. Contribuisce infatti a motivare, ispirare e trattenere le persone, poiché è stato osservato che dipendenti impegnati hanno l’87% di probabilità in meno di lasciare la propria organizzazione (CISL, 2013). Può anche supportare l’attrazione di talenti, vista la maggiore sensibilità delle giovani generazioni per la sostenibilità (Stacey, 2019).

I KPI legati alla sostenibilità saranno un mezzo ulteriore per premiare le performance positive e contribuiranno al percorso di crescita che Tecnostrutture ha molto chiaramente definito per il 2020 e gli anni a venire. Il contributo di Performando è un utile bagaglio di esperienza e di concretezza, che può rappresentare elemento distintivo esportabile anche ad altre organizzazioni che vogliano incamminarsi in questo percorso di crescita, massimizzando la possibilità di successo.

Un percorso da proseguire insieme, per dare continuità di risultati al business e di positivo coinvolgimento alle persone: un circolo virtuoso che ottimizza le relazioni fra tutti gli interlocutori coinvolti, vero esempio di economia circolare a sostegno e rafforzamento della responsabilità sociale d’impresa.

Utrain: il nuovo progetto di formazione on line di Performando

a cura di Sara Caroppo

Il mondo della formazione sta cambiando. Questa è la certezza maturata in questo periodo di distanziamento sociale che tutti noi siamo costretti a rispettare.

Al contrario, quello che rimane invariato, è il desiderio di persone e aziende di investire sulla propria crescita professionale, in particolare quella legata allo sviluppo delle competenze trasversali.

Secondo una ricerca dello Stanford Research Institute International, il 75% del successo sul lavoro dipende dalla padronanza delle cosiddette soft skills, ovvero l’insieme di competenze relazionali e sociali, come la leadership, la negoziazione o la gestione dello stress, che sono per l’appunto trasversali a tutte le attività lavorative.

Le competenze tecniche, o hard skills, sono altrettanto importanti, ma contribuiscono al risultato solo per il 25%.

Il nostro nuovo progetto Utrain nasce con l’intento di integrare la necessità che hanno persone e organizzazioni di investire sulle competenze trasversali, con l’esigenza di farlo in sicurezza e a distanza.

Utrain è un progetto pensato per rendere ognuno protagonista del proprio sviluppo, costruendo in maniera autonoma il proprio training formativo.

Strutturato come una rete metropolitana, il programma di compone di 8 linee, che rappresentano le macro-tematiche formative e di 60 stazioni di contenuti, erogati sotto forma di webinar di 90 minuti ciascuno.

Proprio come in una metropolitana, è possibile scegliere il percorso di una linea, o salire e scendere dalle stazioni selezionate.

Le informazioni sul funzionamento delle linee e i contenuti di ogni stazione si possono trovare sul sito di Utrain.

Per avere un’anteprima di quello che troverete sul sito, vi consigliamo invece di vedere questo breve filmato, in cui il direttore di Performando Andrea Di Lenna presenta il progetto.

Vi aspettiamo a bordo dei nostri treni!!!

“Concediamoci” lo smartworking, riflessioni semiserie in tempi di emergenza.

a cura di Mario Bassini

Per chi come il sottoscritto lavora al servizio delle organizzazioni e delle persone, sono giorni di particolare intensità. Viviamo una situazione per molti aspetti completamente inedita, rispetto alla quale anche i più navigati ed esperti fanno fatica a trovare punti di riferimento. E sotto questo aspetto, lo stillicidio di decreti, accordi, modifiche e quant’altro, sicuramente non aiuta, anzi.

Una costante ricorrente è rappresentata dalla “rivincita” dello smartworking, identificato e sottolineato più volte come modalità lavorativa da incentivare e diffondere quanto più possibile per ostacolare il contagio mantenendo al contempo funzionanti le attività cui è applicato. Che questo debba essere raccomandato e ribadito più volte nei provvedimenti governativi emergenziali, offre chiaramente la misura del fatto che evidentemente spontaneamente organizzazioni e persone non lo avrebbero fatto in modo così massiccio, perché non adeguatamente preparate ed attrezzate, per aver non abbastanza spinto in questa direzione quando dipendeva quasi unicamente dalla loro volontà. Forse non lo sono neanche oggi ma almeno c’è di buono che  si stanno attrezzando.

L’ultimo report dell’Osservatorio Smartworking del Politecnico di Milano, datato settembre 2019 e avente riferimento il nostro paese, dava segnali di evoluzione e miglioramento ma certo non ancora collocava l’Italia tra i mondi più virtuosi da questo punto di vista: Il magico combinarsi di flessibilità, tecnologia, responsabilità, futuro, ha evidenziato significative crescite ma anche ampi margini di miglioramento.

In effetti credo di non essere l’unico ad avere sentito espressioni del tipo “gli abbiamo concesso lo smartworking”, oppure “con lo smarworking si lavora poco e si pensa ad altro”; rarissimo, di contro, che si dica “abbiamo condiviso la modalità lavorativa in smartworking, come reciproco vantaggio organizzativo e gestionale”…roba da non credere. Ebbene, adesso siamo a correre come pazzi per estendere lo strumento anche verso attività (e persone) per le quali fino a qualche settimana fa si diceva “che no, assolutamente no!” Con avallo pressoché incondizionato da parte di capi divenuti improvvisamente aperti verso questa frontiera gestionale. Quegli stessi capi che hanno come parametro di attaccamento all’azienda e al lavoro il numero di automobili nel parcheggio aziendale dopo le 18.

Da notare che la situazione sul campo è poi altrettanto particolare: se infatti da un lato ci sono condizioni poco abilitanti che rendono l’attuazione concreta decisamente delicata (lavoriamo da casa sì ma dobbiamo forzatamente condividere questo ambiente con coniuge e figli, per chi li ha, con i loro bisogni e la loro presenza, e sicuramente questo non aiuta), ve ne sono paradossalmente altre di segno opposto (chi fino a oggi ha pensato che in realtà dallo smartworking è facile “evadere” per andare al mare o in montagna, in questo momento di clausura obbligata si sentirà sicuramente più protetto e rassicurato in termini di produttività, o almeno di presenza alla tastiera del notebook).

Stiamo vivendo una situazione distorta e stressata per via dell’emergenza in atto e sarà quindi opportuno e necessario un riposizionamento sano e razionale quando sarà rientrata. L’auspicio è che si faccia tesoro di questa esperienza, evitando di sparecchiare tutto come niente fosse stato, che potrebbe aver avuto il pregio di aprire una porta fino a ora soltanto socchiusa: fiducia e responsabilità fanno bene al sistema, sono anticorpi potentissimi. Concedersi liberamente e spontaneamente anche dopo tutti i protocolli sul COVID-19 il vantaggio reciproco dello smartworking, potrà continuare a produrre effetti positivi anche quando il rischio di contagio si sarà risolto. Per chi lavora, per le organizzazioni, per le famiglie e per il sistema nel complesso, senza perdite di produttività, anzi a mio modesto avviso con qualche vantaggio sotto molti punti di vista: razionalizzazione di risorse, maggiore produttività, più motivazione e soddisfazione lavorativa e personale! Basta scegliere bene e responsabilmente, ce la possiamo fare.

Buon lavoro a tutti.

Abituarsi all’incertezza – gli appuntamenti

Nuova serie di incontri via web con persone che, da vari punti di vista, portano la loro specifica esperienza in merito a come gestire l’attuale situazione di emergenza e cosa fare per orientarci verso nuove prospettive.
L’iniziativa è nata dalla collaborazione tra Performando e Emmedelta, ed è stata chiamata Abituarsi all’incertezza.

Per noi è ormai diventato l’appuntamento del giovedì, questi i prossimi webinar, della durata di un’ora, a cui potrai iscriverti seguendo il link in fondo a questa pagina.

 

Prepararsi in modo nuovo per uscire dalla difficoltà
Giovedì 16 aprile ore 12.00
Lorenzo Bernardi

L’epidemia di Covid 19 sta generando una situazione di grande difficoltà, sia dal punto di vista della salute che dal punto di vista economico. Questa situazione sta sgretolando tante nostre abitudini e certezze, ed è facile in questo contesto perdersi d’animo.
Inoltre le nostre prospettive che ognuno di noi intravede sono molto incerte, e questo rende difficile lo sviluppo di una qualsiasi progettualità.
E’ invece proprio da questi momenti che possono emergere grandi opportunità, che derivano però da quanto ognuno di noi può fare per essere pronto ad un futuro che sarà senz’altro diverso da come ce lo immaginavamo fino a pochi giorni fa.
Nel mondo dello sport l’incertezza è all’ordine del giorno, ma in tale contesto gli atleti lavorano ogni giorno duramente per prepararsi alla singola competizione e a stagioni molto lunghe, puntando a mettere sotto controllo ciò che dipende dalle loro capacità.
E tanti sono gli errori che possono commettere, così come tante sono le sconfitte che inevitabilmente possono incontrare.
Ma il campo di gara è un giudice impietoso, che restituisce ad ogni sportivo quello che lui ha dato in termini di allenamento.
L’obiettivo che ognuno di noi può quindi cercare di avere è di prepararsi al meglio per farsi trovare pronto, ponendosi alla fine di ogni giornata di allenamento la medesima domanda: sono riuscito oggi a lasciare il campo in una condizione migliore di quella in cui l’avevo iniziata? 
Il coraggio di cambiare

Giovedì 23 aprile ore 12.00
Andrea Pontremoli

In questa disorientante situazione, tutti noi siamo chiamati a fare scelte cruciali e tutti noi abbiamo bisogno di persone nei più importanti ruoli di responsabilità che ci aiutino ad identificare le strade più sicure da percorrere, così da riuscire a costituire una nuova normalità.
Andrea Pontremoli è una di queste persone. Dirige un’azienda come Dallara Automobili, un’eccellenza del Made in Italy a cui è riuscito un po’ per volta a far cambiare pelle e ad attribuirle la visibilità che merita, con il determinante contributo di tutte le straordinarie persone che in essa lavorano ogni giorno. D’altronde, Andrea veniva da tanti significativi cambiamenti personali, uno dei quali era stato quello di abbandonare la grande IBM per una piccola semi-sconosciuta azienda basata a Varano de’ Melegari, in provincia di Parma, di un certo Ingegner Dallara, un mito della progettazione delle automobili da competizione.
Andrea Pontremoli è oggi chiamato a definire il da farsi per il futuro non solo di quest’azienda, ma anche di tutti i fornitori che per essa lavorano e per il territorio in cui essa opera, cercando di trovare il bandolo di una matassa che si è aggrovigliata in un lampo e che sta rotolando ad una velocità impressionante, per di più in un pendio estremamente sdrucciolevole.
Si dovrà puntare a ristabilire l’ordine perduto o si dovrà costruire qualcosa di completamente nuovo?  E, se dovesse essere così, in cosa dovrà consistere?
Per dar forma a queste scelte è necessario avere il coraggio di guidare persone e organizzazioni in un contesto di gioco infinito, come afferma Simon Sinek nel suo ultimo libro. E questo significa operare nel presente e per il presente, avendo nel contempo ben chiara l’importanza dell’utilizzo di una logica di tipo strategico orientata al lungo periodo. Un complicato strabismo manageriale, che avrà l’ulteriore imperativo di perseguire una “giusta causa,” ossia quella che possa portare a bilanciare le ragioni economico-finanziarie con quelle di una rinnovata qualità della vita di tutti noi.

Sospesi tra il “non più” e il “non ancora”
Giovedì 30 aprile ore 12.00
Guido Caselli

Guido Caselli da diversi anni ci interroga su un sistema economico che si muove tra il “non più” e il “non ancora” con la metafora di un tunnel che rappresenta l’incertezza nella quale ci dobbiamo accomodare. Ci guiderà a scoprire alcuni elementi necessari per arredare il tunnel e per poterci abituare all’incertezza che caratterizza il nostro tempo. In questa fase dobbiamo tenere il focus sull’emergenza, sulla capacità di dare una risposta veloce e immediata, ma sviluppare, contemporaneamente, una visione a lungo termine che ci farà interrogare sulle componenti del futuro. Quali competenze, quali infrastrutture digitali, quale formazione delle persone sarà indispensabile, quali soft skills porteranno valore aggiunto in questa stabilità dell’incertezza? Guido Caselli ci guiderà attraverso il legame delle imprese con il territorio, con la globalizzazione e la localizzazione. Gli chiederemo qual è il nuovo legame tra l’impresa e il suo territorio in questo sviluppo verso il “non ancora” e come si lega la competitività di un’impresa con la competitività del territorio. Gli chiederemo quale potrà essere una velocità sostenibile, e competitiva al tempo stesso, nel nostro viaggio comune verso il “non ancora”. Questi sono gli elementi della nostra conversazione con Guido Caselli che con lucidità, concretezza e visione ci condurrà verso ciò che non è ancora stato inventato.

Far ripartire la cultura, radice della nostra identità

Giovedì 7 maggio ore 12.00
Anna Maria Meo

L’emergenza per il Corona Virus ha colpito tutto e tutti.
Al di là degli aspetti legati alla salute di ciascuno di noi, di assoluto primo piano, grande enfasi è stata attribuita all’impatto economico che la pandemia ha generato nel mondo delle imprese.
Molta meno attenzione è stata invece dedicata a ciò che accade al mondo della cultura e dello spettacolo. E’ il caso ad esempio dei teatri, di cui il Teatro Regio di Parma è un esempio di eccellenza. In merito a tali contesti, il dibattito si concentra quasi esclusivamente sulla dimensione culturale del problema, in un paese, uno dei meglio dotati al mondo dal punto di vista culturale, in cui si sente spesso dire che “con la cultura non si mangia”.
Una visione sicuramente miope, che non considera che le organizzazioni che hanno a che fare con la nostra cultura hanno un rilevante impatto sui risultati economici del nostro Paese, dato che impiegano delle persone e generano fatturato, sia direttamente che sull’indotto che alimentano. Una tale visione miope crea il rischio di far perdere al territorio delle opportunità di business, che riesce a generare valore soprattutto nel caso in cui riesca a creare un’unica solida filiera.
A queste considerazioni devono poi essere aggiunte quelle relative alla missione principale di queste istituzioni, ossia quello di preservare e tramandare la nostra cultura e la nostra identità, con lo scopo aggiuntivo di produrre benessere per le persone.
Di questi argomenti, fortemente interrelati gli uni agli altri, parlerà in modo innovativo, coinvolgente e convincente Anna Maria Meo, che dal 2015 è Direttrice Generale del Teatro Regio di Parma. Con un paziente lavoro di tessitura, che ha combinato una sensibilità artistica ad una forte componente manageriale, Anna Maria Meo è infatti riuscita a dare nuova vita al “Regio” e alle manifestazioni ad esso collegate, come ad esempio il “Festival Verdi”. E in questo suo paziente lavoro è riuscita al contempo ad aumentare in modo considerevole il numero di spettatori, a proporre servizi innovativi e ad incrementare il risultato economico dell’intero territorio, riuscendo così nel difficile compito di sviluppare la cultura lirica mondiale ottenendo al contempo un eccellente “Social Return On Investment”.

 

Per maggiori informazioni ed effettuare l’iscrizione (in fondo alla pagina che si aprirà ) clicca qui

A presto!

(ricordiamo che la durata del webinar , che avverrà tramite la piattaforma ZOOM, è di un’ora)

Abituarsi all’incertezza – 3° appuntamento

Continua l’iniziativa nata dalla collaborazione tra Performando e Emmedelta  denominata Abituarsi all’incertezza, una serie di incontri via web con persone che da vari punti di vista portano la loro specifica esperienza in merito a come gestire l’attuale situazione di emergenza e cosa fare per orientarci verso nuove prospettive.

Per noi è ormai diventato l’appuntamento del giovedì, che ha come prossimo argomento il tema di come imprese e territori stanno reagendo all’epidemia del Corona Virus.

Nel webinar Andrea Di Lenna avrà la possibilità di intervistare Filippo Di Gregorio, Direttore Generale di Unindustria Reggio Emilia, che parlerà del funzionamento dei sistemi territoriali e delle reti di imprese.

Di Gregorio descriverà in particolare alcune esperienze concrete di successo, realizzate in queste settimane, riguardanti la connessione di nuove filiere e la riconversione efficace di attività produttive.

Ci vediamo quindi giovedì 9 aprile, sempre alle ore 12.00
(la durata del webinar , che avverrà tramite la piattaforma ZOOM, è di un’ora)

Per maggiori informazioni (intervista a Filippo di Gregorio)
ed effettuare l’iscrizione in fondo alla pagina clicca qui

A presto!

Essere pronti è tutto

In questo particolare momento di emergenza che coinvolge le nostre comunità e le nostre aziende, pensiamo sia utile condividere riflessioni, sensazioni e visioni per comprendere come muoverci verso nuove prospettive.

Per questo motivo abbiamo accettato con piacere la proposta di Emmedelta, nostro partner consolidato, che ci ha stimolato a proporre un contributo sul tema

“Abituarsi all’incertezza”.

Andrea Di Lenna, direttore generale di Performando, ha proposto nella giornata del  2 aprile alle ore 12.00, un webinar, dal titolo

“Essere pronti è tutto”.

Stiamo attraversando uno dei periodi più difficili che la nostra società abbia vissuto negli ultimi decenni. Molte sono le riflessioni che stanno nascendo in merito a cosa si sarebbe potuto fare per evitare questo disastro, così come altrettante sono le considerazioni su cosa si potrebbe cercare di fare per uscirne. In questo webinar, che prende il titolo da una frase che William Shakespeare fa dire al suo Amleto, verranno messe al confronto le posizioni di alcuni autori e pensatori che, da punti di vista diversi, hanno in qualche modo previsto ciò che sta accadendo e che hanno fornito le loro personali linee guida per approcciare la situazione con la giusta attitudine.

I contributi di Zygmunt Bauman e Jacques Attali forniranno alcune interessanti chiavi di lettura sul nostro contesto economico e sociale, mentre quelli di Alessandro Baricco e Simon Sinek ci descriveranno un particolare tipo di regole, che valgono sempre di più all’interno dell’ambiente nel quale viviamo.

L’auspicio è che queste comuni riflessioni possano essere utili a tutti noi, per superare questa irreale situazione e ripartire con maggior forza e consapevolezza.

SMART DISC EXPERIENCE

Un percorso formativo di 6 ore via web per conoscere i sistemi persolog® a base D-I-S-C e gli stili comportamentali utilizzati in tutto il mondo.

Potrai utilizzarli per almeno 4 mesi!

Il percorso è ispirato alla prima giornata di Certificazione Internazionale e al termine sarà rilasciata l’abilitazione di 4 mesi all’utilizzo degli strumenti di self assessment a base D-I-S-C.

Con il modello D-I-S-C persolog® potrai conoscere rapidamente i talenti prevalenti delle persone nel contesto, le loro motivazioni vincenti, le aree di attenzione, il grado di flessibilità che sanno utilizzare, l’energia che stanno utilizzando,  le posizioni in cui possono dare il meglio ed essere realizzati.

I sistemi basati sul modello DISC sono utilizzati in tutto il mondo in percorsi di selezione, assessment, sviluppo, formazione e processi organizzativi.

La smart disc experience prevede:

  • 3 webinar di 2 ore con il docente
  • Una gamma di esercizi di approfondimento individuale
  • La compilazione del personal profile e Job Profile
  • L’apertura della piattaforma eport per ordinare i profili online che rimarrà aperta per una prova gratuita di 4 mesi e corredata di 50 crediti.
  • Il libro ABC del comportamento

L’investimento per questo percorso è di € 370 + IVA

Il percorso formativo si dividerà in tre sessioni online:
mercoledì 8 aprile dalle 10.30 alle 12.30
mercoledì 15 aprile dalle 10.30 alle 12.30
venerdì 20 aprile dalle 10.30 alle 12.30


PROGRAMMA

– Il modello DISC a 4 fattori comportamentali
– I 4 fattori prevalenti: Dominanza, Influenza, Stabilità e Cautela
– Le combinazioni di fattori e i 20 profili comportamentali.
– Gli output i 3 grafici, significati e interpretazioni
– Come leggere aree di attenzione, investimento di energia e stress
– Interpretare il personal profile (esercitazione sul proprio profilo)
– Descrivere un ruolo con il modello DISC
– Valutare la coerenza di un profilo al ruolo assegnato
– Elementi per la selezione e lo sviluppo individuale
– Leggere e descrivere il Job Profile a partire dal proprio.
– I 20 profili del job
– Training sulla piattaforma eport per ordinare i profili
– I diversi output che si possono generare e comporre
– Attivazione della piattaforma in modalità full per 4 mesi

Al termine del periodo di prova la Smart Disc Experience potrà essere convertita in certificazione full o certificazione light

Per info e iscrizioni: info@performando.it

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