“Concediamoci” lo smartworking, riflessioni semiserie in tempi di emergenza.

a cura di Mario Bassini

Per chi come il sottoscritto lavora al servizio delle organizzazioni e delle persone, sono giorni di particolare intensità. Viviamo una situazione per molti aspetti completamente inedita, rispetto alla quale anche i più navigati ed esperti fanno fatica a trovare punti di riferimento. E sotto questo aspetto, lo stillicidio di decreti, accordi, modifiche e quant’altro, sicuramente non aiuta, anzi.

Una costante ricorrente è rappresentata dalla “rivincita” dello smartworking, identificato e sottolineato più volte come modalità lavorativa da incentivare e diffondere quanto più possibile per ostacolare il contagio mantenendo al contempo funzionanti le attività cui è applicato. Che questo debba essere raccomandato e ribadito più volte nei provvedimenti governativi emergenziali, offre chiaramente la misura del fatto che evidentemente spontaneamente organizzazioni e persone non lo avrebbero fatto in modo così massiccio, perché non adeguatamente preparate ed attrezzate, per aver non abbastanza spinto in questa direzione quando dipendeva quasi unicamente dalla loro volontà. Forse non lo sono neanche oggi ma almeno c’è di buono che  si stanno attrezzando.

L’ultimo report dell’Osservatorio Smartworking del Politecnico di Milano, datato settembre 2019 e avente riferimento il nostro paese, dava segnali di evoluzione e miglioramento ma certo non ancora collocava l’Italia tra i mondi più virtuosi da questo punto di vista: Il magico combinarsi di flessibilità, tecnologia, responsabilità, futuro, ha evidenziato significative crescite ma anche ampi margini di miglioramento.

In effetti credo di non essere l’unico ad avere sentito espressioni del tipo “gli abbiamo concesso lo smartworking”, oppure “con lo smarworking si lavora poco e si pensa ad altro”; rarissimo, di contro, che si dica “abbiamo condiviso la modalità lavorativa in smartworking, come reciproco vantaggio organizzativo e gestionale”…roba da non credere. Ebbene, adesso siamo a correre come pazzi per estendere lo strumento anche verso attività (e persone) per le quali fino a qualche settimana fa si diceva “che no, assolutamente no!” Con avallo pressoché incondizionato da parte di capi divenuti improvvisamente aperti verso questa frontiera gestionale. Quegli stessi capi che hanno come parametro di attaccamento all’azienda e al lavoro il numero di automobili nel parcheggio aziendale dopo le 18.

Da notare che la situazione sul campo è poi altrettanto particolare: se infatti da un lato ci sono condizioni poco abilitanti che rendono l’attuazione concreta decisamente delicata (lavoriamo da casa sì ma dobbiamo forzatamente condividere questo ambiente con coniuge e figli, per chi li ha, con i loro bisogni e la loro presenza, e sicuramente questo non aiuta), ve ne sono paradossalmente altre di segno opposto (chi fino a oggi ha pensato che in realtà dallo smartworking è facile “evadere” per andare al mare o in montagna, in questo momento di clausura obbligata si sentirà sicuramente più protetto e rassicurato in termini di produttività, o almeno di presenza alla tastiera del notebook).

Stiamo vivendo una situazione distorta e stressata per via dell’emergenza in atto e sarà quindi opportuno e necessario un riposizionamento sano e razionale quando sarà rientrata. L’auspicio è che si faccia tesoro di questa esperienza, evitando di sparecchiare tutto come niente fosse stato, che potrebbe aver avuto il pregio di aprire una porta fino a ora soltanto socchiusa: fiducia e responsabilità fanno bene al sistema, sono anticorpi potentissimi. Concedersi liberamente e spontaneamente anche dopo tutti i protocolli sul COVID-19 il vantaggio reciproco dello smartworking, potrà continuare a produrre effetti positivi anche quando il rischio di contagio si sarà risolto. Per chi lavora, per le organizzazioni, per le famiglie e per il sistema nel complesso, senza perdite di produttività, anzi a mio modesto avviso con qualche vantaggio sotto molti punti di vista: razionalizzazione di risorse, maggiore produttività, più motivazione e soddisfazione lavorativa e personale! Basta scegliere bene e responsabilmente, ce la possiamo fare.

Buon lavoro a tutti.

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