Recensioni

“Zzzoot. Fulminati in azienda” – di Selz Jack

zzzootAutore: Selz Jack

Anno di pubblicazione: 2009

Editore: Il Sole 24 Ore

Numero di pagine: 140

Costo: 18,00 Euro

Recensione a cura di Andrea Di Lenna

Molto ironico e divertente, una caricatura che riproduce benissimo (purtroppo) la realtà!
Credo sia questa la sintesi relativa alla valutazione di un libro scritto da persone di azienda per altre persone di azienda, che prende in giro in maniera molto brillante, anche se leggera e di grande fruibilità, l’attuale mondo aziendale. Si tratta di un’analisi scanzonata, ma evidentemente ispirata a situazioni e fatti reali, di quali siano oggi le principali “perversioni gestionali” rintracciabili nella maggior parte delle organizzazioni moderne tanto per quanto riguarda il management quanto per quanto concerne i consulenti.
I vari capitoli descrivono così in modo grottesco i diversi momenti della vita di un’azienda, in cui vengono affrontati in successione argomenti di grande attualità e particolarmente scottanti, come gli innumerevoli rinnovi di contratti di stage (più di trenta, ovviamente mai retribuiti, nel caso di Zzzoot…), le analisi ed i sondaggi più o meno logiche dell’area Marketing e Comunicazione, il supporto costosissimo, quanto inutile dei consulenti esterni, le tecniche manipolatorie della Direzione Risorse Umane, la vita personale del Direttore Generale ridotta a qualche scampolo e al sistematico ricorso alle lasagne riscaldate a tarda sera in un micro-onde, e così via… Si tratta quindi di un impietoso spaccato della pazza e frenetica vita che caratterizza le persone che lavorano nelle aziende di oggi, decisamente diverse da quelle che qualche decennio fa venivano dipinte con lucidità nella famosissima “saga di Fantozzi”, ma purtroppo con ben pochi cambiamenti in termini di qualità della vita delle persone all’interno dell’organizzazione.
Per chi trovi divertente questa originale pubblicazione è da segnalare anche la possibilità di seguire su “Radio 24”, verso metà pomeriggio, una rappresentazione radiofonica a puntate ispirata all’omonimo libro.

Il passaggio da non perdere:
i primi due capitoli sono veramente unici. La descrizione dell’inutile lavoro a parte dell’intera organizzazione e dell’immancabile consulente relativamente al lavoro di definizione dei valori aziendali, e soprattutto del font da utilizzare per essere incisivi ed efficaci, è una chicca da registrare nelle best practices di cosa non fare!
Dovrebbe essere prodotto uno specifico “un inserto da staccare e conservare” ad imperituro ricordo di cosa vale la pena studiare in termini estremamente approfonditi… per fare in azienda esattamente l’opposto!
Da leggere con attenzione anche il glossario alla fine del libro, pieno di definizioni divertenti quanto vere!.

“Coaching e team coaching. Gli obiettivi, il processo e gli strumenti” – di E. Del Pianto

teamcoachAutore: Emanuela Del Pianto

Anno di pubblicazione: 2009

Editore: Franco Angeli

Numero di pagine: 135

Costo: 16,00 Euro

Recensione a cura di Sara Caroppo

Quello scritto dalla prof.ssa Del Pianto è un libro pratico e chiaro che, con semplicità e accuratezza, introduce alla pratica del coaching e del team coaching.

Strutturato in due parti, la prima focalizzata sul “coaching” e la seconda sul “team coaching”, il testo è dedicato in primis ai responsabili del personale, ai loro collaboratori ed ai manager che progettano di intraprendere un percorso del genere all’interno delle proprie organizzazioni. Ma allo stesso tempo, come si può ben intuire già dalle prime pagine, questo libro è per tutti coloro che vogliono sperimentare alcuni strumenti per ampliare le possibilità del proprio sviluppo personale.

La seconda parte del libro, sicuramente la più stimolante, si riferisce al team coaching. L’autrice fornisce ai lettori non solo alcuni motivi per cui investire su questo tipo di interventi , ma evidenzia anche accortezze e modalità per massimizzare l’efficacia di tali azioni formative e di sviluppo.

Si tratta quindi di una panoramica efficace, senza la pretesa di essere esaustiva, di quello che vuol dire “essere coach” a vantaggio di una singola persona e di un team di lavoro.

Il passaggio da non perdere:
c’è un brevissimo capitolo, il sesto, che indaga il rapporto tra “quello che si è e quello che si fa” ovvero, “tra il nostro aspetto cognitivo e quello emozionale” per evidenziare il funzionamento del circolo virtuoso attraverso il quale il coaching si muove.
Il capitolo parte dalla descrizione dell’amigdala, uno degli organi del nostro sistema nervoso, e finisce con una frase di Einstein che definisce l’immaginazione come “l’anteprima delle attrazioni che la vita ci riserva”.
Ai lettori la scelta di scoprire, leggendo il libro, ciò che lega l’amigdala e l’immaginazione, solo apparentemente così distanti!

“Perche’ IL LAVORO FA SCHIFO e come migliorarlo” – Cali Ressler e Jody Thompson

lavoroAutore: Cali Ressler e Jody Thompson

Anno di pubblicazione: 2008

Editore: Elliot Edizioni, Roma

Numero di pagine: 256

Costo: 14,00 Euro


Recensione a cura di Antonio Agostini

Il titolo di questo libro non gli rende giustizia. Messo cosi’, fa proprio la figura di uno di quei soliti libriccini un po’ insulsi sugli aspetti tragicomici della vita quotidiana, sul genere “lo stupidario degli uffici”. Traduzione malaccorta, ma d’altra parte il titolo o-riginale non lasciava molte altre scelte: “Why work sucks and how to fix it. No schedules, no meetings, no joke – the simple change that can make your job terrific.” Peccato, perche’ cosi’ facendo le due brave autrici si saranno forse perse chissa’ quanti lettori. E hanno perso anche l’occasione per evangelizzare come si deve la cultura manageriale prevalente, che, almeno per quanto riguarda l’argomento ogget-to del libro, ne ha davvero bisogno.
Prendo a prestito due recensioni autorevoli per introdurre il concetto come meglio non si potrebbe:
“Il lavoro non e’ il luogo fisico dove ci rechiamo ogni mattina, ma e’ cio’ che fac-ciamo. Sono le nostre idee, i nostri progetti, i risultati che produciamo. E non il tempo trascorso dietro una scrivania.” (Business Week)
“Basta con le riunioni inutili, dover lottare contro il traffico per arrivare in ufficio alle nove o magari elemosinare un permesso per andare a vedere la partita di tuo figlio. Si puo’ lavorare al parco, al bar, a casa. A mezzanotte, alle tre di mat-tina o anche di domenica. Sempre e dovunque, a patto che il lavoratore ri-spetti gli obiettivi aziendali.” (Time)
L’idea e’ vecchia e anche un po’ utopistica: perche’ dobbiamo avere un orario di la-voro? Ci sono mansioni che, naturalmente, sono intrinsecamente legate ad un mo-mento preciso della giornata: gli autisti degli autobus, gli infermieri in un ospedale, il giornalaio all’angolo. E li’ fare a meno dell’orario di lavoro sarebbe bello ma difficil-mente ipotizzabile. Ma per tutta quella parte sconfinata di lavoratori – come noi, in-somma – che svolgono oramai delle mansioni praticamente autonome, dal punto di vista produttivo e organizzativo, all’interno di uffici e aziende grandi e piccole, non potrebbe essere invece concepito un definitivo e totale affrancamento dalla illogica schiavitu’ dell’orario? Un contabile, un progettista, uno specialista di marketing, un professionista in genere: che bisogno hanno queste persone di essere fisicamente vincolate ad una postazione e ad un orario di lavoro?
E infatti negli ultimi decenni non sono mancati i tentativi per rendere entrambi i vinco-li piu’ elastici e adattabili alle esigenze dei singoli, nel rispetto ovviamente delle esi-genze produttive.
Sperimentazioni a volte infruttuose, piu’ spesso positive, che pero’ non sono state in grado di scalfire piu’ di tanto questa sorta di grande Moloch dell’at-tuale religione lavorativa. Forse perche’ sono state concepite male fin dall’inizio, come iniziative graziosamente octroyées dai datori di lavoro, sia pure con la compar-tecipazione interessata del sindacato di turno, ça va sans dire. Oppure perche’ tutti i vari “ma” e “se” teoricamente immaginabili hanno finito per tarpare le ali a qualunque progetto, ancor prima che potesse dispiegare i suoi benefici effetti. Orario flessibile, part-time, banca ore, telelavoro. Tutte parole che hanno segnato altrettante epopee delle relazioni industriali. Prima della globalizzazione, dei Co.co.co., degli operatori di call centre a partita Iva. Ere geologiche fa. Certo, qualcosa e’ cambiato in questi anni. Ma quanto?

Qui invece c’e’ una bella storia, di quelle che piacciono a noi e che ci fanno sognare. Che ci fanno domandare: gia’, perche’ no? La raccontano due consulenti, che han-no guidato la Best Buy, una delle maggiori aziende americane di acquisti online, ad adottare la filosofia di rivoluzione del luogo di lavoro nella sua forma piu’ estrema e talibana. Gia’, perche’ le rivoluzioni o si fanno per bene o senno’ e’ meglio lasciar perdere. Hanno semplicemente immaginato l’assurdo: aboliamo non tanto l’obbligo di rispettare un orario e un luogo di lavoro, quanto piuttosto i concetti stessi di luogo e orario di lavoro. Non solo non e’ piu’ necessario andare per forza in ufficio tutti i giorni; e’ addirittura vietato anche solo domandare al collega o al collaboratore “Scusa, che tu per caso vieni domani al lavoro?” Perche’, con la stretta logica tutta anglosassone un po’ estremista che caratterizza molti comportamenti d’oltreoceano, l’unica risposta possibile sarebbe “Non sono affari tuoi”. Uno ha i suoi compiti da svolgere, i suoi obiettivi da raggiungere, i suoi target e i suoi indici di produttivita’ da rispettare: che cambia se lo fa questa sera, domani mattina o domenica pomerig-gio? Se lo fa dalla sua scrivania in ufficio o dalla poltrona del suo salotto? O dalla panchina di un parco pubblico? Non mi dite che oggi manchino le possibilita’ di con-nessione “H24” e “7su7”. Detta cosi’ e’ semplice: sono le conseguenze logiche di un’applicazione integrale del concetto che rasentano il comico. Finisce che non esi-stono piu’ riunioni: o meglio, ci sono, solo che non si e’ obbligati ad andare; si rice-ve un’e-mail di invito e si decide se interessa o no. Se chi l’ha convocata si ritrova poi da solo in sala, beh, vuol dire che ha un’occasione in piu’ per riflettere su quanto la sua bella riunione venga ritenuta utile dagli altri colleghi. Continuano ad esistere le ferie, ma gia’ il concetto di riposo settimanale inizia ad essere sempre piu’ sfuma-to: magari uno preferisce andare al cinema con la moglie di pomeriggio perche’ co-sta meno e recupera con il lavoro arretrato durante il week end. Insomma, tutto piu’ autonomo e indipendente.
Impossibile? Beh, alla Best Buy sembra che ci siano riusciti. Non per tutti, ma per una buona parte dei lavoratori che hanno accettato di sottoporsi a questo esperi-mento che poi e’ diventata la norma generale di lavoro. C’e’ un segreto, pero’: re-sponsabilizzazione.
Parola difficile, che spaventa. Tradotta nella propaganda interna della Best Buy di-venta: “ROWE – Results Only Work Environment”. Per questo ho parlato di respon-sabilizzazione. Perche’ il controllo sul lavoro c’e’, altroche’ se c’e’. Mica e’ la repub-blica di Pulcinella. Anzi. Tutti hanno degli obiettivi, chiari, precisi, espliciti; concor-dati con il proprio capo e resi compatibili con quelli degli altri colleghi, degli altri setto-ri e con gli obiettivi piu’ generali dell’azienda. E sulla base di questi, e solo su questi, si viene valutati e, conseguentemente, premiati o puniti. Lavoro eseguito oppure no. Obiettivi raggiunti o invece mancati. Dentro o fuori. Non e’ una vita facile: si e’ la-sciati soli a se stessi; non ci sono piu’ scuse; si e’ messi di fronte alle proprie capa-cita’ e alla propria forza di volonta’. E infatti, come dicevamo, non tutti i dipendenti della Best Buy hanno accettato queste nuove regole – forse timorosi di un’inaspettata ed eccessiva autonomia – anche se poi piano piano hanno finito tutti per convincersi. Perche’ il vantaggio implicito di questo sistema e’ enorme, incalcolabile: liberta’.

Nota che risultera’ di particolare interesse per gli esperti di Risorse Umane: un’inda-gine di clima condotta all’interno dell’azienda un po’ di tempo dopo l’inizio dell’espe-rimento, confermava la valutazione molto positiva del personale. Fra gli indici di “benessere” valutati in maniera piu’ favorevole, ne spiccavano soprattutto due: l’ab-bassamento del turn-over volontario e l’innalzamento di quello involontario. Tradu-zione per i non-addetti: meno gente che dava le dimissioni per cercare lavoro da qualche altra parte (evidentemente perche’ piu’ contenta e soddisfatta); aumentava il numero di lavoratori licenziati (soprattutto per insufficiente produttivita’ e per non aver raggiunto i propri obiettivi, derivante dall’applicazione del concetto ROWE). E’ singolare che quest’ultimo fenomeno, quello dei licenziamenti, venga ritenuto positi-vo, non da qualche capo del personale un po’ Gestapo (ce ne sono sempre), ma dai lavoratori stessi. Basta con gli imboscati, non ne possiamo piu’ di raccomandati, fuori gli scansafatiche, che’ poi e’ a noi che tocca lavorare anche per loro. Questo e’ il sentimento popolare, tradotto in volgare dall’asettica astrazione degli indici statistici delle indagini di clima. Incredibile ma vero, aver abolito orario e luogo di lavoro non e’ servito tanto per fare un favore alle mamme premurose con prole da accudire: e’ servito soprattutto per aumentare l’attaccamento all’azienda e al proprio lavoro. Ri-dandogli quella connotazione che temiamo ormai di aver perduto sempre piu’: la di-gnita’.
E a chi dovesse pensare che si tratti della solita “americanata”, suggerirei di fare una telefonata alla ZF, azienda metalmeccanica di Caselle di Selvazzano (PD). Ne sco-prirete delle belle. Buona lettura.

“Fanculopensiero” – di Maksim Cristan

fanculopensieroAutore: Maksim Cristan

Anno di pubblicazione: 2007

Editore: Feltrinelli. Serie bianca

Numero di pagine: 208

Costo: 13,00 Euro

Recensione a cura di Sara Caroppo

Fanculopensiero è un libro provocatorio e ottimista, che racconta la storia vera di Maksim, giovane manager croato che un giorno si rende conto che la sua vita, seppur di successo, non è quella che vorrebbe vivere. La storia ha inizio quando il piede del protagonista , diretto ad un appuntamento di lavoro, si rifiuta di “spingere l’acceleratore”. Si ferma. Con la macchina e con la sua vita.

Perché non si riconosce, perché sente che vorrebbe fare “altro”. Lui vuole scrivere, raccontare, ma per farlo occorre aver vissuto veramente. Bisogna dunque “camminare” (invece che correre) , per guardare con nuovi occhi, sicuramente più attenti e più curiosi, il mondo intorno a lui e in lui.

Ecco allora che inizia il suo percorso di vita per le strade milanesi; passo dopo passo ci sono storie, vite, incontri, persone, riflessioni , tutte racchiuse nel suo quaderno di appunti, che alla fine si trasformerà un libro. Maksim ora è uno scrittore: in questo si riconosce e riconosce la sua vita.

Il libro non vuole essere un modello di vita, né si propone come una soluzione per tutti coloro che si sentono insoddisfatti piuttosto che stressati. È semplicemente una lettura divertente che spinge alla riflessione. Cambiare a volte significa avere il coraggio di camminare per percorrere strade che seppur sconosciute, sappiamo in fondo ci appartengono più di altre; significa rinunciare a volte al controllo, alla perfezione, alla certezza, e avere la pazienza e la determinazione di costruire altro, anche se questo vuol dire affrontare l’incertezza ed equilibri poco stabili.
Soprattutto può essere visto come un invito a togliere ogni tanto il piede dall’acceleratore e scendere dalla macchina delle nostre abitudini e convinzioni per lasciare spazio alla curiosità.

Il passaggio da non perdere:
la prima parte del libro, quella in cui si ha l’improvvisa scelta del protagonista di dare uno stop alla sua vita, è sicuramente il passaggio fondamentale per poter poi capire tutto il libro e leggere con leggerezza e ottimismo tutte le situazioni che seguono, anche quelle che sembrano più surreali.
Ma il vero significato è racchiuso nelle persone che lo scrittore incontra lungo il suo percorso e nell’appassionata descrizione della nascita del suo libro, grazie al contributo dei suoi “amici”.

A chi lo consigliamo:
a chi ha voglia di mettersi in discussione, a chi piace lavorare con le persone e trova in questi incontri sempre una nuova occasione di crescita, a chi vive la vita con curiosità e a chi ha voglia di rallentare un pò!

“Andare avanti guardando indietro – La filosofia del rugby”

rugbygrandeAutore: Mauro e Mirco Bergamasco – Matteo Rampin

Anno di pubblicazione: 2011

Editore: Ponte Alle Grazie

Numero di pagine: 160

Costo: 14,00 Euro

Recensione a cura di Andrea Di Lenna

E’ stato presentato la settimana scorsa a Milano il libro “Andare avanti guardando indietro”, scritto da Mauro e Mirco Bergamasco, indiscussi protagonisti del rugby tricolore degli ultimi anni, in compagnia di Matteo Rampin, psichiatra nonché consulente aziendale e personale che ormai da diversi anni collabora con Performando in attività formative di alto profilo.

Il volume descrive in modo leggero, divertente ed indubbiamente originale il mondo della palla ovale e la personale filosofia, non solo del gioco, ma anche di vita, dei fratelli Bergamasco, nostri concittadini a noi ben conosciuti visto che Mauro, già nel 2004, quindi in tempi “non sospetti”, era stato uno dei protagonisti del mio libro “La fabbrica dei campioni”.

Il titolo di questa nuova pubblicazione affronta da subito una delle regole più caratteristiche del rugby, che è quella di poter correre in avanti con il pallone in mano, ma di poter passarlo “alla mano” solo al compagno dietro di sé, il che fa di questo sport una disciplina decisamente “controintuitiva” e stimolante, ragioni per le quali ormai da più di dieci anni la utilizziamo come metafora aziendale per la formazione manageriale tanto in aula quanto in campo.

Il contributo di Matteo Rampin è stato quello di fornire indicazioni di carattere metodologico sulle logiche mentali di pensiero non convenzionale, molto importanti in uno sport come quello della palla ovale così come nel mondo organizzativo ed aziendale, verso il quale Performando ormai da diversi anni sta lavorando per offrire contributi per lo sviluppo di tali competenze ed attitudini.

A tal proposito possiamo ricordare il percorso formativo targato Performando incentrato sulle medesime logiche dal titolo “Performare con la mente”, previsto a Padova a partire dal 20 maggio proprio con Matteo Rampin, coautore del libro.
Le iscrizioni sono si sono aperte la settimana scorsa e sono limitate ad un numero massimo di dieci partecipanti. Chi fosse interessato a conoscere contenuti, caratteristiche e modalità di iscrizione può scaricare la brochure cliccando sul seguente link >>>

Per quanto riguarda la lettura del libro rimandiamo invece tutti in libreria sperando, quanto prima, di incontrarci in aula o in campo!

“Il no positivo” – di William Ury

nopositivoAutore: William Ury

Anno di pubblicazione: 2007

Editore: Tea

Numero di pagine: 260

Costo: 10,00 Euro

Recensione a cura di Ronke Oluwadare

Il No positivo rappresenta il completamento di un ciclo di riflessioni da parte dell’autore circa il tema della negoziazione. Questo libro insieme ad altri due precedenti, dal titolo “L’arte del negoziato” e “Negoziare in situazioni difficili”, forma una trilogia sull’arte del condurre una trattativa. Il No positivo approfondisce come sostenere efficacemente i propri obiettivi durante la negoziazione.

La capacità di dire No è diventata, nella società moderna, essenziale per proteggere ciò che per noi è importante. William Ury propone un No positivo, ossia un No composto da tre parti fondamentali. La prima parte afferma il Sì! ai nostri interessi; la seconda un No che rappresenta con chiarezza le nostre intenzioni e l’ultima propone un Sì? al fine di mantenere e coltivare la relazione tra le parti. Un semplice esempio: “Allo scopo di conciliare il benessere di tutti i nostri ospiti (il nostro Sì!), in questo locale non si fuma (il nostro chiaro No). Vi preghiamo di fumare nella nostra sala per fumatori: il grande spazio all’aperto!(la nostra proposta di Sì?) Grazie!”.

Il libro descrive, come una maratona a tappe, il percorso che porta al raggiungimento di un accordo. Lungo questo cammino l’autore fornisce consigli e strategie per scoprire i propri bisogni e obiettivi e imparare tutelarli, rispettare l’altro, gestire i possibili attacchi e manipolazioni, ridurre lo stress e l’ansia legati alla paura di un’eventuale conflitto, sviluppare e mantenere delle relazioni migliori.

Il passaggio da non perdere:
I passaggi da non perdere sono molteplici, poiché in ogni capitolo si trovano metafore e racconti di episodi di vita vissuta che hanno l’obiettivo di rendere più immediate non solo le riflessioni dell’autore, ma soprattutto il percorso attraverso il quale ci è arrivato. Un esempio: “Un No positivo si può meglio paragonare a un albero. Il tronco è come il vostro No: diritto e forte. Ma proprio come il tronco è solo la parte mediana di un albero, così il vostro No è solo la parte mediana di un No positivo. Le radici dalle quali il tronco emerge sono il vostro primo Sì…agli interessi più profondi che vi sostengono. I rami e il fogliame…sono il vostro secondo Sì…Il frutto è l’esito positivo che cercate”.

A chi lo consigliamo:
A chiunque abbia interesse ad approfondire il tema della negoziazione ed in particolare a chi vuole apprendere come far “sposare” il Sì con il No al fine di difendere i propri bisogni senza distruggere accordi potenzialmente validi per entrambi le parti e relazioni preziose.

“Lezioni spirituali per giovani samurai”

samuraiAutore: Yukio Mishima

Anno di pubblicazione: 2006

Editore: Feltrinelli

Numero di pagine: 126

Costo: 7,00 Euro

Recensione a cura di Adriano Capelli

Il libro di Yukio Mishima, uno dei più importanti scrittori giapponesi,lascia,in questo testo il suo proclama, prima di suicidarsi a 45 anni nel 1970. Questo volumetto nasconde ad una prima lettura superficiale, la reale profondità della cultura intellettuale e bellica di un popolo.
Non va letto, va studiato.
E, lentamente, compreso.
Mishima vuole che la comprensione delle sue idee sia comprensione di una cultura e di un modo di agire di un popolo dalle radici filosofiche antichissime.
Solo se si entra nel suo mondo Mishima regala autentiche lezioni utili al nostro spirito e alla nostra potenziale azione. Così parole come onore,rispetto, azione strategica, pensiero profondo, autoconsapevolezza prendono vigore e senso e ci arrichiscono come uomini, ancora tali perchè dotati di pensiero.

Il passaggio da non perdere:
tre sono i passaggi su cui vale la pena fermarsi: a pagina 26 si parla del tema del “mantenere la parola data”; a pag.51 viene affrontato il tema dell'”impegno” ed infine a pag. 69 merita una lettura approfondita la “filosofia dell’azione e della strategia.”

A chi lo consigliamo:
questo libro è un ottimo compagno di viaggio sia per giovani ed intraprendenti manager che per uomini di esperienza.
Anche questo è il fascino del maestro Mishina, saper parlare a tutti coloro i quali hanno ancora intenzione di parlare a se stessi.

Buon viaggio.

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