Articoli e news di Performando

Performando e PepsiCo partner per l’anno 2016/2017

PepsiCo rinnova la collaborazione con Performando per l’anno 2016 – 2017 attraverso la distribuzione dei suoi prodotti, in particolare quelli con il marchio Gatorade, durante le attività di Outdoor Training.

L’azienda, presente sul mercato italiano dall’inizio degli anni ’60 grazie ad accordi di franchising e successivamente con una filiale operativa dal 1995, opera sul nostro territorio principalmente nel settore delle bevande analcoliche in diverse categorie: le bevande gassate (Carbonated Soft Drinks) a cui si aggiungono nel 2002 le bevande isotoniche (Sport Drink) quando PepsiCo acquisisce il marchio leader di mercato Gatorade.

Dal 2006 l’azienda distribuisce anche i succhi di frutta Tropicana, mentre nel 2008 è stata siglata un’importante joint venture con Unilever che riguarda la produzione, la commercializzazione e la promozione del tè freddo Lipton Ice Tea.
Fanno parte del portafoglio anche i Succhi a marchio Looza.

Per avere maggiori informazioni sulle attività e i servizi offerti cliccare qui

La mia esperienza in Performando

a cura di Alessandra Scafa

Grazie alla mia esperienza di tirocinio presso Performando ho avuto modo di confrontarmi per la prima volta in maniera concreta con il contesto della formazione professionale, mettendo così in pratica ed affinando le conoscenze e competenze maturate nel corso dei miei studi.

Il mio incontro con Performando è avvenuto in due step.

La prima volta che ne ho sentito parlare è stato attraverso le parole di un amico, che aveva svolto a sua volta il tirocinio presso la società, e me l’ha consigliata.

Tempo dopo poi ho preso parte ad un corso tenuto proprio da Andrea Petromilli, formatore di Performando, in collaborazione con l’Università degli studi di Padova.

L’approccio utilizzato per l’intervento, ovvero quello della formazione esperenziale, mi ha subito affascinato per via della scelta di utilizzare la metafora del “gioco” ai fini dell’apprendimento e rendere così la formazione più coinvolgente ed efficace.

Incuriosita dalla metodologia osservata, mi sono quindi candidata per svolgere la mia attività di tirocinio pre-lauream presso Performando.

Il tirocinio mi ha offerto la possibilità di mettere finalmente le “mani in pasta” e di scoprire tutte le attività e gli step che si nascondono dietro ad una sola ora di formazione.

Sono stata infatti coinvolta in diverse attività (dal back-office alla collaborazione in aula), gradualmente, ed in base alle mie competenze e attitudini.

Il supporto fornitomi da tutti coloro che costituiscono lo staff di Performando è stato fondamentale.

Tutte le persone del team con cui ho condiviso le mie 400 ore di attività, in un clima di sostegno e fiducia, hanno accolto sempre con prontezza le mie domande ed i miei dubbi, mettendo a disposizione la loro esperienza.

E’ stata un’esperienza formativa e un’occasione importante, che mi ha consentito di mettermi in gioco, e sperimentarmi in un contesto in cui tutto quello che fino ad ora avevo solo studiato, ha trovato finalmente applicazione concreta.

Performando e l’università di Padova per un percorso esperienziale sulle competenze trasversali

Nei mesi di aprile e maggio Performando ha collaborato con l’Università di Padova nella realizzazione di un progetto legato allo sviluppo delle competenze trasversali degli studenti dell’Ateneo patavino.

Il percorso, di cui sono previste altre due edizioni entro il 2017, è stato organizzato dal Servizio Stage e Career Service dell’Università e ha visto la partecipazione di una trentina di studenti e neo laureati.

Obiettivo del progetto quello di far sperimentare ed “allenare” le soft skills, ovvero l’insieme delle caratteristiche personali e capacità che influenzano il modo in cui una persona fa fronte di volta in volta alle richieste dell’ambiente lavorativo (e non solo) in cui è inserita. Alcuni esempi sono: team work, comunicazione, problem solving, leadership, flessibilità … solo per citarne alcune.

Lo sviluppo di tali competenze può fare la differenza valorizzando e rafforzando le conoscenze tecniche possedute come viene riassunto in questo video realizzato proprio durante il percorso formativo.

Insieme all’Università di Padova abbiamo voluto dare agli studenti la possibilità di vivere da protagonisti tali competenze e per questo gli incontri sono stati strutturati secondo la metodologia formativa esperienziale, modalità che contraddistingue da sempre l’approccio di Performando.

I laboratori pomeridiani svolti all’interno del CUS (Centro Universitario Sportivo) di Padova, sono stati organizzati in modo che le lezioni “classiche” in aula si integrassero con le attività svolte all’aperto, complici il bel tempo e gli ampi spazi della struttura a disposizione.

Valore aggiunto è stata la testimonianza e presenza ad alcuni incontri di Stefano Brondi, consulente senior di Performado, che vanta un’esperienza trentennale nel campo della direzione delle risorse umane di importanti aziende italiane.

Gli studenti, lavorando con Stefano Brondi e gli altri due trainer responsabili del progetto, Andrea Petromilli e Sara Caroppo, hanno così scoperto criteri e valori di centrale importanza nel mondo aziendale e hanno avuto risposte alle loro domande sull’attuale mercato del lavoro e sull’esperienza del colloquio di selezione.

Il percorso ha visto la sua conclusione alla fine di maggio, durante un incontro in cui i partecipanti si sono messi alla prova in maniera creativa e hanno raccontato, divisi in gruppi, il loro personale punto di vista relativamente all’esperienza svolta.

L’entusiasmo dimostrato da tutti è stato l’ingrediente finale di questa prima edizione del progetto.

La seconda edizione partirà dopo l’estate.

Chiunque sia interessato può contattare il Servizio Stage e Career Service dell’Università

Nel link seguente invece il video realizzato dal servizio Cmela dell’Università di Padova che racconta in breve obiettivi e metodologia del progetto realizzato.

Buona visione!

“Completion bias”: minaccia o risorsa per la gestione produttiva delle nostre giornate

a cura di Alessandra Scafa

Da qualche tempo un nuovo costrutto si sta diffondendo tra gli studiosi ed esperti nel campo della psicologia organizzativa: il “Completion bias”.

Introdotto dalla professoressa Francesca Gino, della Harvard Business School e da Bradley Staats, professore all’University of North Carolina, tale costrutto getta luce su un fenomeno che troppo spesso mina silenziosamente la gestione della nostra giornata lavorativa e si collega al tema del time management.

Il termine indica la tendenza sistematica del nostro cervello a ricercare compiti rapidi da portare a termine, per il piacere derivante dal loro completamento.

La scarica di dopamina rilasciata in seguito al “completamento in sé” di un’attività, a prescindere dall’importanza dell’attività stessa o dalla sua difficoltà, induce infatti ad un picco temporaneo di motivazione, attenzione e memoria e, complessivamente, ad una percezione di maggior benessere e felicità nella persona.

Accade così che spesso si dedichi l’intera giornata allo svolgimento di compiti secondari e di facile attuazione (come ad esempio rispondere alle mail) tralasciando quelli più impegnativi ed a lungo termine, con effetti significativi sulla nostra efficacia lavorativa e soddisfazione.

Un esempio eloquente del fenomeno – e delle sue conseguenze sulla prestazione lavorativa e sull’intero contesto in cui si opera – ci è fornito dalla professoressa Gino in una ricerca condotta presso il pronto soccorso di un ospedale.

Dai 43 mila casi osservati è emersa una significativa tendenza da parte dei medici del reparto a dare priorità ai pazienti più rapidi da assistere, per dedicarsi poi a quelli più gravi ed impegnativi, di cui ci si prende cura dopo aver esaurito già gran parte delle proprie energie.

Si potrebbe obiettare che questo è un caso estremo in cui si manifesta la portata nociva e disfunzionale del “completion bias” e che ci possono essere delle procedure per cui in un ospedale si hanno delle priorità di intervento.

Prendiamo come riferimento allora il nostro contesto quotidiano.

Quante volte noi, seduti alla scrivania, facciamo lo stesso?

Quante volte arriviamo a fine giornata esausti, con la sensazione che seppur abbiamo lavorato assiduamente siamo ancora ben lontani dai nostri traguardi più impegnativi?

Il risvolto positivo della situazione c’è.

Sull’onda degli esperimenti condotti nell’ambito di una ricerca ancora inedita infatti, Gino e Staat dimostrano come questo bias, generalmente incontrollato, se gestito in maniera consapevole, possa rivelarsi una risorsa preziosa da cui ricavare il “combustibile” necessario allo svolgimento dei compiti più ardui.

Qual è il trucco?

Secondo i due professori la strategia vincente consiste nel pianificare la propria giornata di lavoro facendo sì che ogni attività “hard” sia preceduta da una o due attività più leggere e poco impegnative in termini di tempo.

Grazie a quest’alternanza hard – soft sarà possibile di volta in volta ricaricare energia e progredire ogni giorno in entrambe le direzioni (impegni a breve e lungo termine).

Un suggerimento in più.

Gli esperimenti mostrano che la carica derivante dall’aver terminato un’attività aumenta se tale completamento ci consente di “eliminare” materialmente quel compito da un elenco in cui esso era segnato.

Assolutamente sì quindi alle “to do lists” in cui è possibile segnare con una spunta le attività portate a termine di volta in volta!

Per leggere l’articolo completo pubblicato dai due ricercatori sulla Harward Business Review cliccare qui

Performando partecipa al progetto europeo “Aftermatch Life beyond sport”

Performando, la formazione e lo sport: atto terzo.

Dopo l’esperienza decennale in percorsi formativi aziendali affianco di testimonial sportivi di altissimo livello e la nascita di Port3, l’edutainment che utilizzando la metodologia dello spettacolo e la metafora dello sport, affronta il tema dello sviluppo personale e professionale, arriva la tappa numero tre.

Performando, da gennaio di quest’anno, è coinvolta nel progetto europeo Erasmus+ “Aftermatch, Life beyond sport”, che vede la partecipazione delle seguenti nazioni: Slovenia, Grecia, Bulgaria, Polonia e Italia.

Il progetto, il cui kick off è stato a gennaio 2016, si svilupperà lungo un periodo di due anni e avrà la sua conclusione nel dicembre del 2017.

L’obiettivo principale è quello di realizzare un approccio innovativo relativamente alla carriera post sportiva degli atleti professionisti, promuovendo un’insieme di buone pratiche che possano essere applicate trasversalmente da tutti coloro che si rapportano con gli stessi durante il loro percorso.

Il punto di partenza che ha dato il via alla volontà di intraprendere questo progetto è stata la consapevolezza, maturata negli anni attraverso le numerose testimonianze dei diretti interessati, che lo sport permette a chi lo pratica ad alto livello di sviluppare una serie di competenze, definite trasversali, che risultano essere di fondamentale importanza e capaci di fare la differenza nel mondo del lavoro.

Quello che il più delle volte accade però, è che a fine carriera agonistica, gli atleti non riescano a incanalare a dovere quanto appreso dallo sport, non sfruttando quindi a pieno le loro potenzialità.

Manca cioè quella “strategia di uscita” che permetta loro di agevolarli in maniera efficace nel passaggio dal mondo dello sport professionistico a quello del lavoro.

In altri termini manca un modello di riferimento a cui tutte le entità che gravitano intorno agli atleti durante la loro carriera, come insegnanti, allenatori, federazioni sportive, possano attenersi per facilitare la loro crescita e accompagnarli anche dopo la fine della loro vita sportiva.

I target di questo progetto complesso e ambizioso saranno dunque tre:

– i giovani atleti, in modo che possano iniziare un percorso di crescita e consapevolezza ancora prima di abbandonare lo sport

– gli ex atleti, in modo che possano scoprire le competenze trasversali sviluppate durante la loro carriera sportiva e utilizzarle efficacemente per l’ingresso nel mondo del lavoro

– le federazioni, le associazioni sportive e le scuole, in modo che acquisiscano metodi e approcci innovativi per trasformarsi da semplici trainer che preparano gli atleti fisicamente, tecnicamente o scolasticamente, a consapevoli educatori di persone, che possono facilitare il delicato passaggio da una carriera all’altra.

La prossima tappa si svolgerà a Sofia dove verranno presentati pubblicamente e con la partecipazione delle principali autorità goverantive e sportive della Bulgaria, I risultati della prima fase del progetto: una ricerca che sta coinvolgendo centinaia di persone (tra atleti, ex atletiti e referenti organizzativi in ambito HR e non solo) per raccogliere dati a sostegno ed integrazioni delle ipotesi che sottendono il progetto Aftermatch, sintetizzate nelle righe precedenti.

A mano a mano che il progetto prosegue ne daremo visibilità nel nostro sito e nei canali istituzioniali di Aftermatch: Aftermatch pagina Facebook Aftermatch pagina Twitter.

Momento finale del progetto sarà la messa in scena a Venezia, a dicembre del 2017, di un’edizione rivisitata e speciale di Port3 , l’evento di e con Pasquale Gravina e Andrea Di Lenna che in data odierna è arrivato alla sua quinta edizione e che ha già mostrato a circa un migliaio di persone quanto lo sport possa e debba essere esempio e palestra di vita.

L’Ultimate Frisbee per la formazione esperienziale

a cura di Tommaso Cuccarolo

Performando cerca sempre nuovi approcci e collaborazioni per poter sviluppare percorsi formativi innovativi e personalizzati.

E’ in questa continua ricerca che si inserisce la metafora delll’Ultimate Frisbee, sport di squadra recentemente riconosciuto dalla commissione CIO (comitato olimpico internazionale) come disciplina olimpica.

Nato alla fine degli anni 60 sui campus americani, l’Ultimate Frisbee consiste nel fare in modo che i giocatori di una squadra segnino punti passando un disco di plastica del peso di 175 g all’interno dell’area di meta avversaria, senza muoversi, se non sul proprio piede perno, mentre sono in possesso del disco.

La caratteristica che rende questo sport particolarmente adatto al contesto organizzativo è il fatto di essere auto arbitrato dagli stessi giocatori in campo.

Ciò significa che sono gli stessi protagonisti dell’attività a doversi osservare durante la competizione, secondo dei parametri oggettivi.

Quando si verifica una violazione del regolamento infatti, il gioco viene fermato e i giocatori direttamente coinvolti, cioè chi ha chiamato la violazione e il suo avversario, interpretano e discutono l’accaduto.

La soluzione al conflitto sta nella conoscenza delle regole e nell’onestà dei giocatori nell’applicarle equamente, per far riprendere il gioco più velocemente possibile.

Solo quando si raggiunge un accordo su come procedere, la sfida può riprendere.

La regola che vieta il contatto fisico inoltre, permette ai giocatori di competere senza ostacolare il movimento dell’avversario, facendo in modo che si sviluppi una cultura del fair play e della competizione leale.

Il momento della conclusione di una partita di Ultimate Frisbee chiude il cerchio per quanto riguarda le caratteristiche che lo rendono efficace in un percorso formativo; a partita conclusa le due squadre si uniscono per parlare dell’andamento della sfida e chiarire episodi particolari.

Durante questo momento di confronto ogni capitano fa alcune considerazioni sulla propria squadra e sugli avversari in vista di una competizione futura.

Si valuta inoltre lo spirito della squadra contro cui si è giocato secondo cinque parametri:

1 qualità della comunicazione in campo

2 quantità di contatto fisico durante la competizione

3 atteggiamento positivo e rispettoso avuto dai giocatori

4 lealtà nella competizione

5 conoscenza delle regole da parte dei giocatori nella gestione delle infrazioni al regolamento.

Il valore formativo di questo sport, come si è potuto verificare in un anno di attività formativa in diversi contesti, è particolarmente elevato.

Tra gli elementi che emergono attraverso l’ultimate frisbee, ci piace sottolineare:

– L’importanza della collaborazione e del gioco di squadra ai fini della prestazione. Non potendo correre con il disco in mano, si ha sempre bisogno del supporto dei propri compagni per poter fare meta. Senza contare che ai fini della partita è importante lanciare il disco al proprio compagno mettendolo nelle migliori condizioni per acquisirne il possesso.

– Il rispetto delle regole e degli avversari. Nel campo dell’Ultimate si parla di “Spirit Of The Game” (Spirito del Gioco), ovvero la prima regola che permette ai giocatori di auto-arbitrarsi per una gestione efficace e leale della partita.

– Il passaggio dall’ottica del conflitto a quella del confronto. Nei momenti di controversia si ferma il gioco per permettere ai giocatori interessati di risolvere il problema sorto e riprendere l’azione dal momento dell’interruzione una volta raggiunto l’accordo.

Performando, collaborando con giocatori di serie A di questo sport, usa l’Ultimate Frisbee per i percorsi in cui si affrontano i temi del lavoro di squadra e la gestione delle relazioni, permettendo alle persone di praticare un’attività sicura e dal divertimento genuino.

31.3.2016 Avviso Fondirigenti

31 marzo 2016
Presentazione di Piani Formativi Condivisi aziendali e individuali

Gli Organi statutari di Fondirigenti hanno deliberato di promuovere, su tutto il territorio nazionale, due nuovi Avvisi impegnando complessivamente 20 milioni di Euro, di cui 19 milioni per l’Avviso 1 e 1 milione per l’Avviso 2.

Avviso 1/2016: Supportare lo sviluppo della managerialità e della competitività delle imprese aderenti a Fondirigenti

I Piani formativi aziendali dovranno indirizzarsi alle seguenti aree di intervento: digitalizzazione; internazionalizzazione; innovazione organizzativa, di processo e/o di prodotto; relazioni impresa e sistema education; filiere e aggregazioni aziendali.

I Piani formativi dovranno essere presentati in forma singola, anche nel caso di iniziative interaziendali.

Il finanziamento massimo ammissibile per ciascun Piano formativo non potrà superare 15.000 euro.

Avviso 2/2016: Favorire l’occupazione dei dirigenti involontariamente disoccupati

I Piani formativi individuali, presentati in forma singola, dovranno riguardare la realizzazione di interventi finalizzati a favorire una prospettiva occupazionale e professionale.

Ciascun dirigente involontariamente disoccupato potrà essere destinatario di un unico Piano per un finanziamento massimo di 6.000 euro aumentabile a 7.000 euro solo in caso di cofinanziamento del partecipante di 1.000 euro.

La compilazione dei Piani, secondo la modulistica predisposta dal Fondo, dovrà essere effettuata on line, dal sito web di Fondirigenti, attraverso l’area riservata alle Aziende/Soggetti Proponenti.

I Piani possono essere presentati a partire dal 18 aprile 2016.

Tools for training , partner di Performando per la ricerca e la gestione dei finanziamenti nel campo della formazione e consulenza, in merito al presente bando:

– verifica la presenza di tutti i requisiti formali e tecnici per la partecipazione all’avviso

– realizza l’analisi dei fabbisogni e la progettazione

– fornisce propri docenti per la formazione

– presenta il piano sul portale Fondirigenti

– gestisce il finanziamento erogato

– rendiconta il piano finanziato.

Per maggiori informazioni contattare: marcomontini@toolsfortraining.it

Psychological Capital e performance lavorativa: pronto a sviluppare il tuo HERO?

a cura di Alessandra Scafa

A cosa fa riferimento Luthans – padre del “Positive Organizational Bheavior” quando parla di “HERO presente in ogni persona”?

HERO in realtà non è altro che l’acronimo di Hope, (self-)Efficacy, Resilience ed Optimism.

Questi quattro costrutti (tradotti in italiano: determinismo, autoefficacia, resilienza ed ottimismo) sono stati riuniti da Luthans in un unico meta-costrutto a cui ha dato il nome di Psychological Capital (PsyCap).

L’ambito di riferimento è quello relativo alla persona ed al suo potenziale individuale, e al come si possa affrontare un contesto lavorativo sempre più mutevole ed indefinito.

Questo approccio, calato nell’ambito organizzativo, si incentra in particolare su quelle capacità e risorse personali che possono essere misurate e sviluppate per il miglioramento della performance lavorativa.
È così che Luthans ci parla dell’importanza del potenziale HERO presente in ogni persona e di quanto possa essere strategico nel contesto organizzativo investire sulla sua espressione e sviluppo.

Studi empirici hanno dimostrato che le quattro componenti di “HERO”, la cui singola rilevanza nell’influenzare la performance lavorativa è già ampiamente validata, quando sono considerate congiuntamente risultano avere un apporto ancora maggiore su variabili come: soddisfazione lavorativa, commitment, work engagement e prestazione lavorativa.

Dunque, più elevate saranno in una persona:

• la capacità di perseverare nel raggiungimento dei propri obiettivi adottando al contempo strategie flessibili e “speranzose” (Hope),

• la fiducia nella propria capacità di raggiungere obiettivi specifici in situazioni specifiche (self-Efficacy)

• la capacità di recuperare energie e risorse in seguito a momenti critici (Resilience)

• la tendenza ad avere una lettura positiva e realistica degli eventi presenti e futuri (Optimism)

più alto sarà il suo Psychological Capital e, ci mostrano gli studi, migliore sarà la sua prestazione lavorativa.

Questo investimento sulle dimensioni interne e le così dette “soft skill” della persona è coerente con l’approccio che adottiamo in Performando, dove con i nostri interventi miriamo all’ottimizzazione della performance lavorativa attraverso lo sviluppo personale.
Il nostro simbolo è infatti il Pi greco, con riferimento a questa imprescindibile connessione tra ciò che è manifesto (la performance) e ciò che invece è relativo al “bagaglio interno” di risorse e caratteristiche di cui ognuno è portatore (per maggiori informazioni visita la pagina che parla del nostro logo .

L’interesse verso le possibilità di sviluppo di questo potenziale è centrale anche per Luthans. Nei suoi studi definisce infatti il PsyCap come uno “stato di sviluppo psicologico positivo”, dove la parola “stato” fa riferimento proprio alla sua transitorietà ed al suo continuo potenziale di crescita.

In linea con questa attenzione, il report finale del Psychological Capital Questionnaire (PCQ-24, un questionario self-report che rappresenta attualmente lo strumento più utilizzato per misurare il PsyCap) contiene un’ampia parte dedicata ai “Piani di sviluppo” personali, partendo dal “Profilo PsyCap” individuale emerso.

Nel report sono proposti infatti strategie ed esercizi da cui prendere spunto per il proprio personale piano di sviluppo che, ci dice Luthans, può essere intrapreso anche individualmente pur evidenziando l’utilità della presenza di una guida/coach.

Tutti possiamo scegliere di impegnarci per far crescere l’HERO che è in noi. Basta iniziare…

La connessione tra il marketing e le risorse umane

a cura di Alessandra Marzaro

300x300Mondo del marketing e mondo delle risorse umane.
C’è un punto di contatto, un collegamento tra questi due universi?
Sì, c’è, ed è un collegamento rappresentato da una catena forte e solida, ma anche flessibile e mutevole: la catena umana.
Sono le persone infatti che costituiscono l’intersezione comune tra questi due ambiti.
L’analogia tra le due dimensioni emerge perché i collaboratori interni all’organizzazione, di cui si occupa la funzione risorse umane, possono essere visti da questa e dal management come dei veri e propri clienti interni, verso cui rivolgere messaggi e comunicazioni strutturate, tanto quanto le persone esterne all’impresa identificate come potenziali consumatori.

In particolare un ramo del marketing, il cosiddetto Internal Marketing (IM o Marketing Interno), si occupa proprio della trasmissione dei valori e dei principi aziendali ai clienti interni, ossia i dipendenti, soddisfacendone i bisogni, e puntando a un elevato livello di coinvolgimento del personale.
L’IM deve essere posto in essere dal management e dalla funzione risorse umane fin dall’inizio poiché è orientato a far sentire il singolo collaboratore parte integrante dell’organizzazione per fare in modo che comprenda l’insostituibilità e l’importanza del suo contributo per la realizzazione del fine ultimo dell’organizzazione, ossia fornire un servizio per creare profitto. È dunque necessario costituire innanzitutto una solida base con i collaboratori interni al fine di ottenere un’altrettanto significativa soddisfazione esterna.
L’importanza della relazione interna tra le risorse umane precede dunque il marketing del prodotto o del servizio finale che l’organizzazione propone, poiché accompagna e coltiva la qualità interna della struttura organizzativa di cui fanno parte le risorse umane. L’espressione di Richard Normann è particolarmente esplicativa:”Quello che non potete vendere al vostro personale non potete venderlo neppure al cliente”.
Attraverso questo approccio, tutti i collaboratori, dall’addetto vendita all’addetto alla logistica, all’amministrativo, una volta ricevuto il messaggio attraverso modalità personalizzate a seconda dell’area in cui operano (di fatto è come stabilire la modalità di comunicazione verso il target di consumatori a cui ci si rivolge nel marketing classico), riescono ad allinearsi con l’organizzazione e la sua filosofia, a rispecchiarsi nei suoi valori e di conseguenza sono portati a trasmettere appieno lo stile aziendale anche ai clienti esterni cui è indirizzato il prodotto o servizio.
La funzione risorse umane, per avere un quadro completo del clima aziendale e per poter agire, deve dunque occuparsi di comprendere le esigenze e i bisogni dei clienti interni ascoltandoli attivamente attraverso colloqui e riunioni, motivando i collaboratori, e monitorando costantemente i risultati.

Di conseguenza, viene collocata in primo piano anche l’importanza delle relazioni sia orizzontali sia verticali con l’integrazione di quello che viene chiamato Relationship Marketing: nel senso economico del termine si intende la cura della relazione con il cliente al fine di creare un rapporto sempre più personale orientato alla fidelizzazione. Di conseguenza, dal punto di vista delle risorse umane in modo esattamente parallelo, si intende la capacità dell’impresa di rendere consapevoli i collaboratori di essere allo stesso tempo fornitori e riceventi di un servizio scambiato reciprocamente e dell’importanza di tessere relazioni intraorganizzative utili e produttive per essere un team consolidato.

Con tale approccio integrato e con la guida e la formazione della funzione hr, ogni collaboratore può quindi diventare consapevole dell’importanza dei legami che si instaurano nel microcosmo dell’organizzazione. Di conseguenza a beneficiare della qualità dell’intreccio di relazioni che nascono sono gli ambiti della comunicazione interna, del clima e soprattutto la stessa performance dell’organizzazione, proprio perché collaborazioni e sinergie magari prima non valorizzate vengono accresciute e contribuiscono a far emergere skills dei singoli e di squadra stimolando nuove idee e suggerimenti.
Poiché dunque il sostentamento del business è apportato dai consumatori sia interni (collaboratori) sia esterni (clienti) all’organizzazione mi sembra opportuno riportare una citazione di Ann Handley per dare alla parola “consumatore” entrambi i significati: ”Fa in modo che il consumatore sia l’eroe della tua storia”.

Ed è proprio curando anche i concetti dell’Internal Marketing e del Relationship Marketing che Performando, fedele alla sua mission, con tecniche di formazione esperienziale, coaching ed eventi, si focalizza sulle relazioni e sulle persone che compongono l’organizzazione: infatti identificandole come la chiave principale di tutte le strutture organizzative, lo scopo di Performando è quello di valorizzarle appieno e far ottenere performance sempre migliori a livello personale e organizzativo per raggiungere risultati tangibili.
Agendo direttamente sui componenti interni, Performando si concentra sullo sviluppo delle loro potenzialità, rendendo le persone più consapevoli di sé e degli altri e facendo acquisire loro nuove competenze personali e nuovi punti di vista da mettere in pratica nella realtà organizzativa.
In questo modo vengono poste le premesse per far sì che i membri dell’organizzazione riescano a intraprendere un percorso di crescita personale orientato al benessere organizzativo e al raggiungimento degli obiettivi aziendali comuni.

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