Sbagliando si impara… a sbagliare

a cura di Giacomo Vidoni

articolo-errore“Nella scienza, come nella vita, vige il metodo dell’apprendimento per prove ed errori, cioè di apprendimento dagli errori. L’ameba ed Einstein procedono allo stesso modo: per tentativi ed errori e la sola differenza rilevabile nella logica che guida le loro azioni è data dal fatto che i loro atteggiamenti nei confronti dell’errore sono profondamente diversi. Einstein, infatti, diversamente dall’ameba cerca consapevolmente di fare di tutto, ogni qualvolta gli capiti una nuova soluzione, per coglierla in fallo e scoprire in essa un errore: egli tratta o si avvicina alle proprie soluzioni criticamente. Assume cioè un atteggiamento consapevolmente critico nei confronti delle proprie idee.L’ameba morirà a causa dei suoi errori, Einstein sopravviverà proprio grazie ai suoi errori”

La domanda sorge spontanea: il nostro atteggiamento nel confrontarci con gli errori è più simile a quello di Einstein o a quello dell’ameba?
Il lettore che si fosse sentito più vicino all’ameba potrà consolarsi venendo a sapere che eminenti studiosi comportamentisti condividono la sua opinione sostenendo anch’essi che il senso comune porta l’uomo a comportarsi più come la spugna che lo scienziato. Il concetto di riflesso condizionato, che sta alla base del comportamentismo, ne è una dimostrazione. Con questo termine si fa riferimento ad un tipo di apprendimento iterativo per induzione studiato agli inizi del 900 con il celebre esperimento del cane che impara ad associare lo stimolo dell’ appetito al suono della campanella.
L’implicazione che se ne trae è che quello che ci interessa non è capire perché qualcosa funziona, fintanto che funziona. Ogni errore che incontriamo nel corso del nostro agire è vissuto come un avvenimento marginale e non rappresentativo; viene quindi rimosso ed ignorato. L’errore quasi mai è apprezzato in quanto potente strumento conoscitivo, il solo a nostra disposizione che ci consenta di avvicinarci alla conoscenza di una realtà quanto più possibile oggettiva.

Questione di metodo

Riprendendo l’esempio di prima: il metodo usato dall’ameba è detto induttivo, ovvero da una serie di eventi giungiamo ad una inferenza sulla realtà generale (per il cane era la relazione campanella-cibo) . Il metodo usato da Einstein è invece scientifico-fasificazionista: data una teoria generale sulla realtà, cerchiamo di ricreare in una situazione controllata (sperimentazione scientifica) un evento che se verificato falsifichi le nostre congetture (approccio fasificazionista). Ecco di seguito le tappe con cui generalmente si sviluppa quest’ultimo modo di confrontarsi con la realtà:

1- osservazione di un fenomeno

2- individuazione di una teoria generale che lo spieghi – confronto con gli studi precedenti

3- previsioni della teoria riguardo al fenomeno osservato – formulata in modo che sia facilmente falsificabile

4- formulazione di un’ ipotesi (previsione) che se verificata falsifichi la teoria – scelgo una tra le possibili ipotesi alternative

5- esperimento: riproduco il fenomeno controllando le variabili prese in ipotesi – interrogo la realtà

6- confronto realtà con la teoria: se l’ipotesi è verificata allora la realtà è diversa dalla teoria

Lo scienziato e l’uomo della strada

Il metodo, certamente ineccepibile, purtroppo è lontano dalla nostra vita quotidiana. Questa infatti si svolge al di fuori di un laboratorio, raramente abbiamo l’ambizione di dimostrare una teoria e soprattutto, quando qualcosa funziona, non andiamo a cercare una circostanza che la possa guastare. Però quest’ ultima contingenza, nonostante il nostro disinteresse scientifico, prima o poi si verifica ugualmente. Ecco che quando l’errore e la falsificazione irrompono nel nostro quotidiano, troviamo un momento che appartiene a noi quanto al ricercatore ma mentre quest’ultimo benedice l’apice del processo conoscitivo, l’uomo comune generalmente ne maledice l’occorrenza.

Questione di prospettive

Per lo scienziato la falsificazione è l’ultima tappa di un processo orientato al confronto tra le sue previsioni riguardo un determinato fenomeno ed il suo effettivo andamento. Per la persona comune la falsificazione può essere – quando l’errore non viene ignorato- la prima tappa di un processo che porterà al confronto tra le sue previsioni e la realtà… Il che significa intraprendere lo stesso percorso dello scienziato a ritroso!

6- L’evento dimostra che la realtà è diversa dalla teoria – Riconosco che le cose non sono andate come avevo previsto

5- Ripercorro l’accaduto – Quali sono le variabili entrate in gioco? cosa ha causato cosa?

4- Risalgo all’ipotesi che si è attuata (l’errore) e ha falsificato la mia teoria – Se avessi previsto quello che è successo, come l’avrei formulato?

3- Rielaboro la teoria iniziale, l’insieme di credenze che mi hanno portato a fare una previsione sbagliata – cosa pensavo prima del momento dell’errore? quali sono le differenze tra la mia previsione precedente e quella elaborata al punto 4?

2- Generalizzo la teoria (l’insieme delle mie credenze) riguardo questo caso specifico e la confronto con altre – A chi posso chiedere? Chi altri ha avuto a che fare con lo stesso fenomeno ?

1- Osservo il fenomeno (l’errore) – ora so che la teoria che ho usato per interpretare l’accaduto fino a poco fa era sbagliata. Da qui se voglio posso ragionare su una nuova teoria e affrontare i 6 punti a ritroso, ovvero andare a cercare quell’errore che prima probabilmente cercavo di evitare.

La possibilità di essere approcciato in un punto come in un altro rende evidente la natura ciclica e continua di questa peculiare metodologia di sviluppo della conoscenza. Ogni errore ci da l’occasione per inserirci in questo circolo virtuoso.
Una volta imboccata questa strada si corre il rischio di portare nella propria quotidianità quella passione per la ricerca e quella tensione al miglioramento continuo che determinano l’evolvere della conoscenza (atto dinamico di acquisizione del sapere) in scienza ( sistema dei saperi).

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