“Letter to a refusing Pilot”: dalla Biennale una riflessione sui nostri limiti etici e morali

a cura di Andrea Di Lenna

biennaleMi trovo spesso in aula a parlare del famoso esperimento condotto nel 1961 dallo psicologo sociale statunitense Stanley Milgram, che aveva verificato come, sotto l’influenza di un’autorità (nel caso specifico un presunto scienziato), la maggioranza degli esseri umani esegua delle azioni che confliggono con i valori etici e morali dei soggetti stessi.

L’esperimento aveva infatti dimostrato come gli individui, sotto l’influenza di un potere esterno, non si considerino più liberi di intraprendere condotte autonome, ma agiscano come strumenti che eseguono ordini senza più sentirsi moralmente responsabili delle loro azioni.

Dopo aver quindi affrontato l’argomento nel corso di una delle giornate formative con un gruppo di manager, ho avuto la piacevole sorpresa di ricevere da un partecipante nel successivo incontro un interessante documento che descriveva un’opera davvero particolare esposta alla Biennale di Venezia.

Si trattava di “Letter to a refusing Pilot”, di Akram Zaatari, artista libanese che descrive un episodio leggendario della guerra con Israele del 1982 in cui si narrava di un fantomatico pilota israeliano, architetto nella sua vita privata e civile, riconoscendo durante un raid aereo la sagoma inequivocabile di una scuola come target da colpire, si sarebbe rifiutato di sganciare le bombe, scaricandole nel mare.

L’episodio diventa così una storia che accompagna l’infanzia e l’adolescenza dell’artista, cresciuto proprio in quella scuola e diretta dal padre.

Alcuni anni dopo il colpo di scena: l’israeliano Avihai Becker pubblica un libro, “Why we refuse”, che raccoglie le testimonianze del dissenso pacifista in Israele, fra cui proprio quella di un pilota, Hagai Tamir, che effettivamente si rifiutò di bombardare l’edificio scolastico, distrutto però in un successivo raid.

Il suo racconto dell’attacco rifiutato dà quindi veridicità a quello che era stato fino ad allora un semplice racconto fantastico e utopistico.

“C’è sempre speranza”, è stato il commento del partecipante: “ognuno di noi ha fino all’ultimo il potere di scegliere, definendo quelli che sono i limiti da non oltrepassare dal punto di vista etico e morale”.

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