Visualizzare il successo porta al fallimento?

a cura di Sara Caroppo

successoNella lista stilata da David Di Salvo (redattore del Forbes e del Wall Street Journal) delle 10 ricerche in psicologia che hanno caratterizzato l’anno appena passato, poniamo all’attenzione di chiunque sia interessato per lavoro o per passione al tema della motivazione, uno studio pubblicato sul Journal of Experimental Social Psychology (“Positive fantasies about idealized futures sap Energy, 2011”)

La ricerca svolta da H.B. Kappes & G. Oettingen spiega come le fantasie di successo creino nelle persone un appagamento simile a quello dato dal raggiungimento di un obiettivo, provocando una diminuzione dell’energia necessaria.
La scoperta è importante perché tende a sovvertire il pensiero comune secondo cui a una maggiore “visualizzazione del successo” dovrebbe seguire una maggiore “attivazione”.

Secondo gli esperimenti svolti dagli scienziati la relazione tra le fantasie positive legate al raggiungimento di uno scopo e i livelli di energia implicati risulta essere negativa.
Potrebbe sembrare strano ma le evidenza scientifiche ci dicono questo

La domanda è quindi: è controproducente immaginare il successo?

La risposta è che dipende dal contesto.

Sempre in base ai risultati dello studio sperimentale infatti l’unico caso in cui è risultata positiva la relazione tra desiderio e attivazione è stata quando si è verificata una situazione di necessità, quando cioè il raggiungimento dell’obiettivo ha permesso ai partecipanti di soddisfare un loro bisogno sentito.
Solo in questo caso visualizzare la meta è efficace al raggiungimento della stessa.
I dati dello studio ci spingono dunque ad essere molti accorti nel definire il nostro obiettivo, spingendoci a riflettere in maniera accurata su cosa rappresenta per noi quella meta e quali nostri bisogni più reconditi soddisfa. Occorre prestare attenzione a tutto il processo, e non solo, come verrebbe da fare, alla parte più “operativa”.

Un altro risvolto applicativo di non poco conto è legato poi alla gestione dello stress “da prestazione”.
Se, come abbiamo detto, fantasticare sulla riuscita di un qualcosa abbassa il nostro “livello energetico”, in situazioni dove la tensione, come si suol dire si “taglia con un coltello”, un processo del genere può risultare molto utile se non addirittura produttivo.
Pensiamo ad esempio ad una situazione stressante come può essere quella del sostenere un esame o parlare in pubblico.
Se l’ansia in questo caso fosse particolarmente alta, non potrebbe essere che la fantasia, abbassando il grado di tensione, si trasformi in un deterrente del sicuro fallimento?

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