Tecnologica-Mente. La difficile convivenza uomo-informatizzazione negli ambienti di lavoro

a cura di Monica Turdò

Tecnologia e quotidianità

bci2011Il 24 gennaio 1984 venne presentato il secondo modello di personal computer marchiato Apple, il primo Macintosh. L’arrivo di questo rivoluzionario apparecchio venne anticipato da uno spot, presentato al pubblico solo una volta e della durata di un minuto, che terminava con una voce fuori campo: “On January 24th, Apple Computer will introduce Macintosh. And you’ll see why 1984 won’t be like “1984”.

Se pensiamo alla quotidianità siamo costantemente bombardati da sistemi di comunicazione: telefonini, computer, tablet, lettori musicale, etc… In misura più o meno simile, ne siamo tutti un po’ schiavi. Curioso il caso di una casalinga triestina che, nonostante regolare contratto telefonico, si è trovata senza Internet e senza linea telefonica per cinque mesi (da agosto a dicembre 2009). Il Giudice di Pace ha dato ragione alla donna e condannato la compagnia telefonica ad un risarcimento di 2400 euro, 1600 per il danno patrimoniale ed 800 per quello esistenziale. Il Giudice ha pronunciato la sentenza ritenendo la situazione “particolarmente grave in un’epoca in cui la comunicazione è fondamentale in ogni aspetto della vita quotidiana”. Il danno esistenziale è stato invece giustificato dall’esperienza angosciosa vissuta dalla donna. Sentenza esagerata? Forse, ma guardiamo al di là della richiesta di risarcimento e della causa in sé: come ci saremmo sentiti noi al posto della donna? Non ci saremmo forse sentiti arrabbiati, angosciati, quasi frustrati nel sentirci tagliati fuori dal mondo?

Sempre nel 1984, Craig Brod scrisse un saggio in cui proponeva una riflessione in merito alla tecnologia, che si andava sempre più sviluppando. Egli offrì un’analisi su come l’impatto della tecnologia stesse influenzando negativamente la vita delle persone: i rapporti sociali, le emozioni, la salute. Il saggio era intitolato “Techno Stress: The Human Cost of the Computer Revolution”. Ecco che fa il suo ingresso in scena, per la prima volta, il termine Technostress. Mentre però, secondo Brod, questo si verificava perché il malfunzionamento degli apprecchi innervosiva le persone, ora che questi sono stati migliorati, a distanza di 30 anni, succede lo stesso. Il denominatore comune è sempre quello: le persone. Brod afferma che “Il technostress è una moderna malattia di adattamento causata dall’incapacità di affrontare le nuove tecnologie in modo sano”.

Tecnostress come nuovo rischio professionale nel lavoro moderno

Il 27 marzo si è tenuto presso Zelarino (VE) un convegno intitolato Tecnostress e Internet dipendenza, i nuovi rischi professionali nel lavoro moderno. Il d.lgs. 81/2008, in merito alla sicurezza sul lavoro, ha introdotto l’obbligo da parte delle aziende di monitorare il rischio di stress lavoro-correlato causato dalla continua esposizione alle nuove tecnologie e di attuare programmi di prevenzione per tutelare i lavoratori.

Non per niente il DSM V ha inserito tra le nuove malattie psichiatriche la IAD (Internet Addiction Disorder), altrimenti detta Internet Dipendenza, che In Italia è curata presso il Dipartimento di Psichiatria del Policlinico Gemelli di Roma e che viene paragonata al gioco d’azzardo patologico. Va comunque sottolineato che la diagnosi resta a livello sperimentale e quindi necessita di ulteriori studi ed approfondimenti. Kimberly Young ha fondato negli Stati Uniti il Center for Online Addiction, riconoscendo 5 diversi tipi di dipendenza online e, per valutarne il rischio psicologico, ha sviluppato uno strumento denominato IAT (Internet Addiction Test), un test formato da 20 domande. In Italia viene invece utilizzata la scala UADI (Uso, Abuso e Dipendenza da Internet), composta da 80 domande riguardo l’uso di Internet.

Soluzioni al tecnostress

Sicuramente la tecnologia ha permesso una rivoluzione ed ha fornito un notevole contributo, ma pensiamo ai costi che ciò comporta sui posti di lavoro: in termini di conseguenze fisiche si riscontrano la Sindrome del tunnel carpale, patologie come mal di testa, ansia, ipertensione, calo della concentrazione, insonnia, disturbi cardiocircolatori e gastrointestinali, stanchezza cronica, attacchi di panico, depressione, vertigini, alterazioni comportamentali. Anche la nostra sensibilità viene messa a dura prova: il continuo modificarsi del campo tecnologico porta le persone a sentirsi spesso inadeguate, e questo sovraccarico informatico provoca un forte disagio. Non si fa in tempo ad imparare un nuovo concetto, ad imparare ad usare nuovi strumenti, che subito vengono apportate delle modifiche, talvolta anche senza preavviso, così gli operatori si trovano a dover gestire nuove situazioni, magari improvvisando. Bisogna inoltre considerare che l’automazione ha portato un certo senso di insicurezza sul posto di lavoro delle persone, che si percepiscono come inutili nel proprio campo; ne consegue una forte demotivazione del personale, il quale si sente pertanto svalutato.

Che fare allora? Innanzitutto, anche a livello individuale, bisogna parlare di responsabilità: gli operatori devono adattarsi alle nuove tecnologie senza pretendere di sapere tutto o agitandosi alla prima difficoltà. Una soluzione efficace potrebbe essere quella di lavorare in squadra, perché permette una suddivisione notevole del carico, ma è anche quella più scomoda, poiché per le persone risulta più difficile relazionarsi in un team, preferiscono l’individualità. In questa operazione devono essere supportati dai gradi più alti, che possono offrire un valido aiuto sostenendo il personale, magari informandolo preventivamente circa le modifiche che avverranno, tenendo qualche corso di supporto e dimostrando i vantaggi del lavoro di squadra. È altresì utile garantire un supporto tecnico per quanto riguarda l’installazione e manutenzione degli apparecchi forniti.

Perché é così importante agire sul tecnostress negli ambienti lavorativi? La concentrazione si riduce molto a causa delle continue interruzioni dovute a telefonate, email e /o persone; le nostre prestazioni subiscono così un notevole calo perché non siamo “programmati” per svolgere più compiti contemporaneamente. Questa è quella che viene definita illusione del multitasking: crediamo di riuscire a svolgere più compiti contemporaneamente, mentre invece il nostro cervello non riesce ad elaborare tutte le informazioni insieme, quindi alla prima distrazione ci si distrae ed interrompe. Inoltre le conseguenze fisiche citate prima causano uno stato di salute non proprio ottimale ed il rischio a cui vanno incontro le aziende è dato dall’assenteismo. Il tecnostress è stato infatti riconosciuto come una malattia professionale (Procura di Torino, 2007). Basti pensare all’azione di parlare al telefono mentre si è alla guida: questo riduce i nostri riflessi, e basta la minima distrazione per causare un incidente. Uno studio condotto su 56000 guidatori aveva come obiettivo l’osservare come questi si avvicinavano ad un incrocio con l’obbligo di stop: i risultati hanno mostrato che chi utilizzava il cellulare alla guida aveva il doppio delle probabilità di non riuscire a fermarsi correttamente.

Insomma, la tecnologia è presente nella quotidianità, che ci piaccia o meno. Come si forma il personale all’interno dell’ambiente lavorativo, così bisogna formare le persone ad un corretto utilizzo dei sistemi tecnologici. Aziende e collaboratori devono imparare a supportarsi a vicenda, perché se è vero che le aziende hanno il dovere di aiutare il personale, è altrettanto vero che esse sono formate da singole persone, che devono imparare a convivere con i nuovi strumenti e con i colleghi.

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