Metafore per apprendere

a cura di Marina De Robert
Psicologa – Psicoterapeuta
Consulente di formazione

sinestesiaUn articolo a cura di Marina De Robert, psicologa e psicoterapeuta, esperta in metafore, con cui Performando collabora.

Da sempre l’uomo ha saputo istintivamente utilizzare le capacità di espressione analogica con grande efficacia, riconoscendone il potere evocativo e formativo.

L’apprendimento e l’insegnamento sono facce della stessa medaglia, i due poli del trasferimento delle informazioni e dell’esperienza. La forza della metafora rispetto all’insegnamento cognitivo consiste nel riuscire a raggiungere le profondità del nostro essere, della nostra psiche, passando oltre i filtri razionali e le resistenze.

La metafora e con essa, a maggior ragione, il mito, la leggenda, la storia archetipica, beneficia di un accesso privilegiato, di natura affettiva da una parte e indiretto dall’altra. Parla di altri, non dell’interessato, propone possibilità e non istruzioni, evoca aspirazioni collegate a valori molto alti nella struttura dell’esperienza e che essendo a monte del comportamento, lo possono dirigere.

Accede a moltissimi livelli diversi ed espande il propri schemi di credenze. I grandi maestri prima, i grandi studiosi dopo, hanno verificato che la struttura della metafora innesca un processo automatico, immediato, e profondissimo di ricerca interiore basato su “e se stesse parlando di me, in che modo questa storia mi assomiglia?…” “In che modo vorrei mi assomigliasse?…”, “e se facessi come se fosse vero!”… questa ricerca è detta ricerca transderivazionale, attiva molte aree del cervello, quindi ho più potere.

L’altra caratteristica è che in questo processo inevitabile sono coinvolti tutti i presenti incluso il soggetto narrante. La metafora consente di capire a livello profondo, quindi di accogliere (non necessariamente di condividere) l’altro da noi, il diverso, il non famigliare, l’esotico. Quindi è chiave di evoluzione e di conoscenza. Ponte tra popoli di luoghi e tempi diversi.

Ha il potere di indicare in modo aperto tutte le realtà che possono riconoscersi nella metafora in questione quindi permette una libertà assoluta (la scelta della descrizione di una realtà a livello di cronaca, implica necessariamente l’esclusione delle altre dello stesso tipo).

La metafora, il racconto, includono piuttosto che escludere.

Einstein sosteneva che se si volevano dei figli intelligenti bisognava raccontare loro delle fiabe, se si volevano dei figli molto intelligenti bisognava raccontare loro molte fiabe. Le fiabe sono uno dei tanti volti delle metafore. Leggende, racconti epici, miti, sono altri esempi della loro forza.

Gli uomini hanno sempre avuto bisogno di raccontare le geste loro e dei loro eroi attorno al fuoco, di intitolare luogo e spazi ai loro eroi, di immortalare e fare uscire dal tempo e dallo spazio le figure portatrici di valori. Nello studio delle mitologie, dei racconti e delle legende, si scoprono i valori portanti di quell’epoca. Si scopre cosa è cambiato profondamente e quando. Si svelano le forze celate, negate ma ancora operative, così come le potenzialità, le evoluzioni, le trasformazioni e la comparsa di nuovi valori a fianco, all’inizio, ai vecchi e poi dominanti.

È possibile scoprire i cambiamenti sottili che segnano cambiamenti epocali.

Lo stesso avviene nei gruppi di lavoro, nelle aziende, nelle famiglie, nei gruppi di amici, nelle associazioni: cambiano con il tempo, cambiano con il modificarsi delle realtà esterne dei singoli, con le micro scelte che ognuno opera e che hanno poi un effetto domino sul resto dei sistemi correlati. Una frase detta o negata, una verità omessa, un segreto e il suo svelamento, possono cambiare totalmente la storie di molti sistemi, apparentemente divisi, in realtà strettamente collegati.

Molte sono le realtà che mentre le stavamo vivendo ci sembravano eterne e che facevano fatica a pensare che potessero finire e che poi sono cambiate o si sono concluse. Molti sono gli amici che pensavamo eterni, che sono spariti dalla nostra vita a volte per un periodo a volte per il resto della nostra vita.

Il nostro modo di raccontare quelle storie mentre le vivevamo e dopo, cambia. In alcuni casi diventano miti e legende, rivalutate e distillate delle loro pecche, dei limiti dei lati oscuri; in altri subiscono il processo contrario, al meno fino a che non vengono metabolizzate e trasformate tutte in nutrimento, in linfa vitale, in esperienza.

La metafora funziona spesso come un acceleratore di processo di elaborazione delle storie che attraversiamo e che ci attraversano.

Le fiabe, le leggende, le storie i miti diffondo valori, permettono di aprire gli occhi su realtà dolorose, in alcuni potenti casi permettono di parlare, di descrivere le situazioni innominabili. Le storie di orchi, di streghe, di mostri permettono di mettere in guardia i bambini dai pericoli reali in agguato, le donne, le minoranze e le figure deboli, più deboli, dagli abusi possibili, e permettono anche di trovare il coraggio e la volontà di scegliere come andare oltre quel sopruso, qual limite, quella situazione. Permettono di cercare e di lottare per un lieto fine.

Cosa questo abbia a che fare con l’azienda resta da vedere.

L’azienda è un contesto della vita. Ha delle regole proprie scritte, dei ruoli specifici, auspicabilmente, definiti (anche se non sempre). Ha una cultura non scritta che però ha peso e conta forse più di quella scritta negli organigrammi e nella definizione dei ruoli.

Noi stiamo diventando tutti un po’ più consapevoli dell’importanza dell’immagine, dei simboli, delle regole e delle storie che fanno le aziende in quanto organizzazioni complesse. La mission e la vision aziendale dichiarata e scritta nei siti, ne è prova; l’attenzione riservata ai brand, ai colori e parte di questa iniziale consapevolezza. Alcuni anni fa si sono cominciate ad analizza le “storie” di alcune aziende, svelandone così in quei contesti la cultura non scritta e non completamente conscia.

Adesso si rivalutano le “storie” di grandi imprenditori che con la loro lungimiranza hanno fatto la storia della loro azienda e, per alcuni di un’epoca: Camillo e Adriano Olivetti, piuttosto che Steve Jobs, Walt Disney o solo per citarne un piao di luoghi diversi e di epoche completamente diverse.

Tutti loro avevano una visione, un sogno che appariva impossibile, tutti hanno avuto difficoltà e limiti. Tutti hanno una versione epice della loro vita e sono stati prima “dimenticati” per un periodo (Steve Jobs è forse l’eccezione e l’ipotesi è che sia morto troppo di recente) e poi recuperati quando alcune delle loro intuizione sono maturate nell’imagginario collettivo. Ci vuole infatti tempo perché l’intuizione di un individuo venga accolta, ascoltata, accettata dalla cultura in atto.

Scoprire, ascoltare con orecchie nuove i racconti, le storie, che raccontiamo assieme agli altri davanti alla macchinetta del caffè, al bar; le metafore che usiamo per descrivere colleghi, superiori, dipendenti e noi stessi, durante il pranzo, a casa con la famiglia e gli amici, in altre parole …”attorno al fuoco”, può aiutarci a capire il significato profondo, le forze valoriali, le tendenze relazionali che fanno parte di quelle numerose ore di vita che passiamo occupati a lavorare.

Le verifica di quali di queste storie siano buone e utili mezzi di diffusione di risorse e quali invece siano occasioni di indebolimento, dubbio, desiderio di altro. Quanto queste storie ci aiutano, quanto ci limitano, cosa rappresentano nel nostro quotidiano al di là delle intenzioni conscie che andiamo solitamente dichiarando, quanto “predichiamo e razzoliamo” congruentemente, quanto invece ci raccontiamo versioni che ci consentono di restare nel disagio, con l’illusione di avere fatto qualcosa o di non potere fare niente.

Le storie che ci raccontiamo e che comunichiamo agli altri sono lo specchio di ciò che stiamo attraversando. Riguardano le nostre forze e risorse, come le nostre scuse e giustificazioni. Ci fanno distrarre da noi per dare la colpa agli altri, e ci fanno assumere le nostre responsabilità (al lordo dei rischi che questo inevitabilmente implica) nelle scelte della nostra vita.

Non è tanto quello che si fa, ma con quale atteggiamento mentale, quale allineamento interno che fa la differenza.

La stessa azione fatta operando una scelta fondata sul senso della pienezza e dell’allineamento con sé e i propri valori, o fatto per paura, per senso di non avere scelta e quindi di essere all’angolo cambia totalmente la prospettiva.

Le metafore diventano quindi mezzi per scoprire realtà profonde e inconsce; strumenti di motivazione, espansione delle risorse; possibilità di evoluzione e di trasformazione della propria realtà personale e professionale. Possono darci accesso al potere personale che non ha bisogno di dominare. È alla base della leadership funzionale, situazionale su di sé e nel ruolo che si ricopre, quella leadership che sa essere flessibile, che sa cambiare con i tempi, che sa aggiornarsi, che sa quando lasciare andare, delegare e passare oltre.

Le metafore sono il linguaggio del leader.

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