L'”utilità” del placebo

a cura di Sara Caroppo

 

autostimaTra le interessanti ricerche dell’anno merita una lettura approfondita quella svolta dal prof. Ted Kaptchuk che ha dimostrato come il placebo funzioni anche quando le persone sanno che non è un farmaco.
I ricercatori di questo studio sono andati oltre la prova che i placebo hanno un qualche effetto sui pazienti quando essi sono ignari di ciò che stanno prendendo, e hanno provato a vedere cosa succede se si assumono sostanze esplicitamente dichiarate come placebo.

Lo studio è consistito nel dividere 80 pazienti che soffrivano della sindrome del colon irritabile in due gruppi. Il primo gruppo non riceveva nessun trattamento, il secondo gruppo veniva trattato con un placebo. Ai pazienti di questo secondo gruppo veniva somministrata una piccola pastiglia fatta con sostanza inerte (zucchero), ma era detto loro che alcuni studi clinici avevano dimostrato che questo tipo di pillole risultavano avere una certa efficacia nella cura della sindrome del colon irritabile , attraverso meccanismi di autoguarigione che coinvolgevano il sistema mente-corpo.
Sorprendentemente si è visto che il secondo gruppo otteneva un miglioramento significativamente più alto rispetto al gruppo che non aveva ricevuto nessun trattamento.

È un risultato attendibile?
Potrà essere replicabile e applicabile in altri contesti di malattie e patologie?
Non ci è dato saperlo.
Possiamo però sfruttare l’occasione per farci qualche domanda.
Più che andare a parlare di giusto/sbagliato, infatti (in quanti si sono detti leggendo questa notizia: “l’ho sempre pensato” o al contrario: “non ci credo”, “impossibile”?), quello che interessa è se una tale notizia possa esserci in qualche modo utile…

A volte infatti dimentichiamo che l’obiettivo di un confronto non dovrebbe essere quello di cambiarsi a vicenda, piuttosto di ascoltare senza alcun tipo di pregiudizio quello che ci viene detto, e prima ancora di prenderlo per giusto o sbagliato, di prenderlo per “utile”… utile appunto per farsi qualche domanda.

Riprendendo quindi l’effetto placebo dove l’abbiamo lasciato, la domanda potrebbe essere: questo risultato può mettere in qualche modo in discussione quelle che sono le nostre azioni quotidiane, le nostre abitudini, i nostri atteggiamenti nei confronti di problemi e difficoltà professionali e/o personali?
Per spiegarsi meglio: sarà allora vero che sono le nostre convinzioni a influenzare la percezione che abbiamo della realtà (qualsiasi essa sia) e a determinare quella che è la nostra vita di tutti i giorni?

Buone risposte.

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