Gli adulti a lezione di creatività dai bambini: perchè no?

 a cura di Sara Caroppo

CorsoMaterialiPoveri30gennaio2012Creativi si nasce o si diventa?

Se qualcuno avesse ancora qualche dubbio in merito, Tom Kelley, uno dei più rinomati consulenti per l’innovazione, con il suo ultimo intervento all’Aspen Ideas Festival in Colorado toglie ogni perplessità: creativi si nasce.

Al che, però, potrebbe sorgere un altro dubbio: nasciamo tutti creativi o questa è una caratteristica riservata a pochi?

Anche in questo caso la risposta è pronta: nasciamo tutti quanti creativi, senza alcuna distinzione.

Altra risposta, altro dubbio.

Se è vero che tutti noi abbiamo le stesse potenzialità a livello creativo, perché solo alcuni poi innovano, creano e usano la loro fervida immaginazione come strumento per raggiungere i loro obiettivi?

In altre parole: cosa fa inceppare il meccanismo?

La questione pare farsi sempre più interessante: nascere ci rende creativi, quanto crescere ci rende ottusi.

Continuando in questo gioco di domanda e risposta , il dubbio di cosa ci sia dietro la parola “crescere” è allora quanto mai fondato.

Prima risposta: la scuola.

Secondo risposta: la paura del giudizio.

Sottolineando il fatto che una risposta non esclude l’altra bensì la completa.

Proviamo a riassumere e a tirare le somme.

Nasciamo tutti quanti creativi, il che è abbastanza facile da credere se solo andiamo a ritroso nel tempo e approdiamo a quei ricordi che ci vedono nel passato inseguire draghi, giocare con amici invisibili e andare incontro con entusiasmo a ogni nostro più strano pensiero.

Poi però arriva il momento dell’ingresso nel mondo della scuola, un momento di socializzazione quanto mai importante che tuttavia ci impone regole e restrizioni da rispettare per vivere in maniera civile e integrata con l’ambiente esterno.

Ed è qui che nascono i primi problemi.

Il mondo esterno infatti ci insegna presto che non esistono solo altre persone e altre idee, ma esistono anche le relazioni che si instaurano tra le persone e le idee che ognuno di noi si fa sulle idee degli altri con cui si entra in relazione.

Sembra un gioco di parole.

Invece è il gioco della vita.

Proviamo a fare un test immediato.

Vi è mai successo di avere un’idea ma di non esprimerla per paura del giudizio degli altri? Avere in mente qualcosa di nuovo, da realizzare per la prima volta, che però si ferma al solo stadio del pensiero perché volete evitare che la gente vi prenda per folli?

Ecco.

Tutto si riduce in quel momento in cui la nostra “spregiudicatezza” e la nostra libertà lasciano il posto ad una sorta di timore, o volendola vedere in maniera più diplomatica, saggezza, che ci tarpa le ali.

Stando alla metafora del volo è la paura del vento del giudizio che inizia a soffiare nei primi anni delle scuole che ci impedisce di prendere il volo, nonostante abbiamo in noi tutte le risorse nel farlo.

È una sorta di impotenza appresa che si prolunga nel tempo, fino a farci dire che la creatività non fa per noi, e che dall’altra parte ci fa apparire attendibili e razionali agli occhi degli altri e corretti predicatori della “filosofia del passo indietro”.

L’appello quindi da fare è alle aziende, fautrici del concetto di innovazione.

A loro Kelley chiede di andare a prendere ispirazione tra i banchi delle scuole materne e riacquistare quella fiducia creativa che permetterebbe loro di domandarsi: perché no?

“E’ impossibile essere creativi se ci si censura costantemente” (T. Kelley).

Teniamolo bene a mente.

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