Europa, la vergogna di un’assenza

a cura di Andrea Di Lenna

Si parla spesso dell’importanza del contesto e di quanto importante sia l’analisi di tale elemento per poter competere in modo efficace.

E’ stato di recente anche codificato l’acronimo VUCA proprio per definire l’ambiente nel quale ci troviamo oggi ad operare, così tanto caratterizzato da Volatilità, Incertezza, Complessità e Ambiguità.

Stiamo però sottovalutando che lavoriamo in Europa, ed è proprio di questo contesto che voglio scrivere, perchè, nauseato da quello che sto vedendo quotidianamente in televisione e nei social, non voglio dimenticare ciò che stiamo vivendo in questo particolarissimo periodo.

Ma non tanto per quanto riguarda il devastante impatto dell’epidemia di Corona Virus, quanto per ciò che l’Unione Europea sta facendo, ma soprattutto non facendo, di fronte a questa così grave situazione.

Voglio scriverlo perchè sono cose talmente assurde che la storia faticherà a riconoscere come vere, con un negazionismo che si annuncia già da adesso a proposito di fatti che tendono già ad essere dimenticati o fatti passare in secondo piano.

Questa è, in termini succinti, la cronistoria delle ultime tre settimane, nelle quali l’Europa e le sue principali istituzioni sono riuscite a dimostrare il peggio di se stesse, soprattutto nei confronti dell’Italia. E lo hanno fatto proprio nel momento in cui potevano dimostrare tutto il valore della compattezza e della coesione di una nobile istituzione volta e cercata, tra l’altro, da un certo De Gasperi.

E’ stata una successione di situazioni che ha creato nel nostro Paese un mix di sentimenti di delusione, di frustrazione, ma anche di rabbia, per l’insieme degli esempi negativi a cui abbiamo assistito dall’interno delle nostre case, con la calma forzata della quarantena.

Sentiamo spesso parlare del valore delle differenze, dell’importanza di fare squadra e di aiutarsi nelle situazioni di difficoltà, e di un’Unione Europea al servizio dei suoi cittadini, che si preoccupa quotidianamente della salute e del lavoro di tutte le persone del vecchio continente.

Azioni che abbiamo potuto toccare direttamente con mano quando, ad esempio, sono state finalmente definite le dimensioni delle vongole, provvedimento di cui tutta l’Europa sentiva la mancanza da diversi decenni e che impedivano alle persone di vivere e lavorare in serenità.

A fianco di tematiche di assoluto rilievo a livello planetario, abbiamo di recente assistito ad un silenzioso quanto completo disinteresse nei confronti della situazione italiana che, da subito, si era rivelata molto grave, ma evidentemente solo a causa di una patriottica quanto esclusiva percezione.

La situazione però degenerava velocemente, e così abbiamo potuto ascoltare uno stucchevole quanto ipocrita messaggio di Ursula Von der Leyen, Presidente della Commissione UE, che prendeva con vigore le redini dell’UE dicendo che l’Italia non doveva sentirsi sola in questo momento di difficoltà, perchè l’Europa avrebbe fatto tutto il possibile per aiutarla, anche perchè, ipse dixit, “siamo tutti italiani”, citando John Fitzgerald Kennedy (dal quale è lontana, per il momento, di qualche anno luce). Commovente!

Anche perchè, nel frattempo, succedevano diverse cose, tra le quali quelle in cui alcuni paesi, Austria e Slovenia in testa, da sempre e storicamente paesi molto attenti alla coesione e all’apertura nei confronti dei paesi vicini, si premuravano di chiudere le frontiere agli “untori” italiani, scelta non certo opinabile, ma presa in totale assenza di coordinamento con l’Unione Europea, e quindi inaccettabile in quanto posizione unilaterale non legittima nei confronti degli stati membri.

Ma abbiamo anche vissuto la disgustosa situazione nella quale la Germania bloccava l’esportazione delle mascherine, considerate fondamentali per il proprio paese, ma evidentemente non per gli “amici italiani”, come ci capita spesso di sentire nei discorsi al Parlamento UE. E l’Europa stava a guardare, con la Presidente della Commissione Europea che, nel frattempo, andava in giro con Greta Thunberg, parlando tranquillamente delle politiche climatiche…

E gratificante è stato anche il comportamento della Francia, che ha avuto modo di osservare che in Italia le cose andavano male perchè la sanità del nostro Paese è retrograda e non funziona così bene come quella francese (ovviamente).

Per non parlare di alcuni stupidi che in Gran Bretagna, uscita dall’Unione Europea, hanno affermato che in Italia c’è il Corona Virus perchè così abbiamo la scusa per non lavorare. E’ vero, lo hanno detto! Il paese, d’altronde, è governato dal genio di Boris Johnson, che non vuole prendere misure restrittive nei confronti dell’epidemia, che ritiene non necessarie, a vantaggio invece della ben conosciuta “’immunità di gregge”, che ha il solo piccolo inconveniente di sacrificare la maggior parte della popolazione anziana, che comunque non è produttiva. Se gli inglesi sono così, non ci mancheranno.

A titolo di cronaca, nel frattempo, Donald Trump affermava che negli Stati Uniti il problema non si sarebbe presentato e che gli americani potevano restare tranquilli. Discorso veramente profetico, dato che, a meno di una settimana di tempo, lo stesso leader (scusate la parola) ha testualmente detto che “il virus è fuori controllo”. Complimenti!

Eravamo comunque ancora lontani da momenti memorabili, come quello in cui Christine Lagarde, Presidente della Banca Centrale Europea, esprimeva tranquillamente il fatto che la BCE non avrebbe fatto nulla per difendere i vari paesi, Italia in testa, dalla crescita dello spread. Non si è trattato di una gaffe, come i più generosi analisti (non italiani, comunque…) hanno avuto modo di rilevare, ma l’esplicitazione di una politica discriminatoria verso i paesi considerati deboli rispetto all’asse franco-tedesco, di cui la Presidente della BCE è a tutti gli effetti un nuovo falco, che si ispira (scusate ancora la parola) ai suoi teneri, quanto premurosi, colleghi tedeschi.

Quindi, una sistematica difesa degli interessi economici, politici e di salute dei singoli paesi, ripresa con stizza perfino dai nostri intrepidi politici e dallo stesso Mattarella (sì, proprio lui: ha detto qualcosa!), forse sollecitati dal fatto che la nostra piccola borsa aveva perso il 17% del suo valore a causa di questa innocente gaffe.

Evviva l’Europa.

Forse qualcuno sì è reso conto che si stava un po’ esagerando, forse anche mamma Von der Leyen, che ha ha detto, dopo dieci giorni dal blocco delle mascherine da parte della Germania, che sono “nefasti” i divieti di vendita dei dispositivo di protezione sanitari verso altri paesi dell’Unione e che i prodotti medico-sanitari devono circolare liberamente all’interno dei paesi Europei. Che persona, che carisma, che intuizione!

Passava ancora qualche giorno.

La Francia, nei suoi dibattiti televisivi (che ho avuto modo di seguire in diretta), ribadiva ancora che le sue strutture sanitarie erano ben superiori a quella dell’italietta sottosviluppata “pizza e mandolino” (ricordo la recente pubblicità della pizza su cui il pizzaiolo sputava sopra, subito superata dall’exploit di Carla Bruni che, nella sua ultima uscita mondana, faceva finta di avere la tosse e tossiva su tutti le persone che avvicinava) e che comunque i francesi erano più tranquilli, e che stavano accettando senza grossi problemi la convivenza con i crescenti casi di Corona Virus perchè sono un popolo che sdrammatizza, altro che cugini d’oltralpe. Forse anche perchè Macron non aveva nessuna voglia di rimandare le elezioni municipali per il timore di perdere consenso. 

Una mossa veramente lungimirante, che puntava direttamente a proteggere il processo democratico del voto, a scapito della salute dei suoi concittadini, interesse evidentemente secondario. Ma alla sera delle elezioni, a seguito del più grande flop della storia repubblicana in termini di affluenza, rivelatasi inferiore al 50%, lo stesso Macron si esprimeva nei confronti dei suoi compatrioti che etichettava come “irresponsabili” perchè, nella domenica delle elezioni, da lui fortemente incentivate, si fermavano nei bar o nei ristoranti con gli amici, dato che, nel frattempo, nessuno si era premurato di farli chiudere.

Si arriva così alla sera di lunedì 16 marzo, dove Macron adotta in pieno, ma con gravissimo e colpevole ritardo, le misure italiane (la Spagna lo aveva già fatto). In un memorabile discorso alla nazione, il presidente transalpino affermava che la Francia è in guerra (espressione ripetuta ben sei volte). Fatto strano, visto che, fino al giorno precedente, la cosa importante era andare a votare in un clima primaverile di pace e distensione.

A proposito, nella stessa giornata la Germania chiudeva le sue frontiere, tanto per far capire che da loro non si entra con la malattia, posizione poi rettificata dalla Grande Europa, che stabiliva che si sarebbero chiuse le frontiere di tutta l’Europa, in una posizione che per la prima volta citava un’unica misura per l’intera Unione Europea.

Ciò che ho sin qui riportato mette in evidenza alcuni aspetti, che provo a sintetizzare:

  • Non esiste di fatto unUnione Europea, al di là delle etichette;
  • Ognuno nell’Unione Europea fa i suoi interessi ma, come direbbe Orwell, qualcuno ha interessi più importanti degli altri;
  • Non esiste solidarietà tra i paesi dell’Unione Europea, ma nemmeno tra i suoi popoli, da quanto stiamo vedendo;
  • L’asse politico economico Francia-Germania è una realtà difficilmente contestabile, che produce danni a tutti i paesi del Sud Europa, da loro considerati inefficienti e inaffidabili;
  • La finanza viene prima di qualsiasi cosa, grazie anche al lavoro costante ai fianchi di Angela Merkel (che si è sempre dimostrata sensibile alle esigenze e alle problematiche dei vari paesi. Per referenze chiedere alla Grecia);
  • Le best practices degli altri paesi, e purtroppo anche quello dell’Italia nei confronti delle misure di contenimento del Corona Virus, non sono minimamente considerate e, quando lo sono, lo sono in modo forzato e in grave, quanto irrimediabile ritardo.

In considerazione di tutto questo, che considero davvero indegno, farò tutto quello che è nelle mie possibilità per cambiare quest’Europa di cartapesta, anche in ragione della mia responsabilità all’interno di una società di consulenza come Performando, che promuove quotidianamente una cultura fondata sul lavoro di squadra e il bene comune.

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