Autore archivio: Sara Caroppo

Verso un tempo di qualità

a cura di Bruno Durante

Sul tema tempo si disquisisce dai tempi di Aristotele e probabilmente anche prima… tanto si è quindi scritto e dibattuto. Non ho l’ambizione di aggiungere qualcosa di nuovo, ma nelle poche righe che seguono vorrei riflettere con voi circa la dimensione soggettiva del tempo e sviluppare qualche idea su cosa possiamo fare per aumentare la qualità del nostro tempo.

Partiamo dai dati “oggettivi” o quantomeno condivisi: 1 giornata è composta di 24 ore che corrispondono a 1.440 minuti che equivalgono a 86.400 secondi… e questo dato è valido per tutti noi.

La questione è:

Come la vivo la mia giornata? Quanto del mio tempo è speso in qualità e quanto no?

Quanto il momento attuale ha cambiato la percezione che ho del tempo?

Che atteggiamento riesco ad avere oggi verso il tempo che ho a disposizione?

Il primo punto su cui riflettere è comprendere come dare priorità alle attività che ciascuno di noi svolge.

I criteri di importanza ed urgenza sono la base della matrice di Eisenhower.Importante è un concetto soggettivo: ciò che è importante per te può non esserlo per qualcun altro, ed inoltre ciò che è importante oggi può non esserlo in un altro momento della tua vita personale e professionale.

Imparare a gestire le priorità con consapevolezza è quindi fondamentale per una efficace gestione del tempo, soprattutto quando si lavora in team.

Il concetto di urgente, invece, è oggettivo, e dipende unicamente dalla variabile tempo: va applicato a quelle attività che richiedono attenzione immediata o comunque a brevissima scadenza.

E’ quindi fondamentale essere in grado di definire cosa è importante, cosa meno, cosa è urgente e cosa no e condividerlo con il team.

Un esercizio utile è riflettere non tanto sulle attività/mansioni che ciascuno di noi è chiamato a svolgere, ma soprattutto sulle responsabilità e sugli obiettivi che siamo chiamati ad assolvere.

Se ci pensiamo un attimo, l’evoluzione delle job descrtiption dovrebbe aiutarci in questo. I mansionari di qualche tempo fa erano incentrati e dettagliati sui compiti-attività, mansioni appunto, che le persone erano chiamate a svolgere. In molte organizzazioni, negli ultimi anni, si sta dando molta più attenzione alle responsabilità e agli obiettivi del ruolo, anche in considerazione della sempre maggiore flessibilità che viene richiesta.

Quindi il focus sulle responsabilità dovrebbe portarci a comprendere meglio le priorità che andranno poi condivise con il resto del team e con i responsabili in modo da verificarle in un quadro generale.

Se sono così più chiare le priorità saremo maggiormente in grado di impiegare il nostro tempo in modo organizzato e potremo rispondere con più lucidità alle “crisi” che sono innescate dalle urgenze.

Il secondo punto riguarda un aspetto più personale, cioè la nostra capacità di vivere il tempo in “equilibrio” con il passato, il presente e il futuro.

Gli studi di alcuni psicologi (Zimbardo, Hornik, Zakay principalmente) hanno definito il “Time perspective” come il “processo attraverso il quale organizziamo le nostre esperienze personali in orizzonti e categorie temporali.”

È un aspetto del tempo psicologico, o soggettivo, che si contrappone al tempo oggettivo. Il TP può essere definito come “la presenza dominante di passato, presente o futuro nei pensieri di una persona”. Esso ha risvolti sulle nostre scelte, comportamenti, emozioni, ecc.

Le ricerche hanno dimostrato ad esempio che le persone con una prospettiva fatalistica o focalizzata sul passato negativo hanno maggiori livelli di ansia, depressione, rabbia e aggressività.

Le persone eccessivamente orientate al futuro invece spendono poco tempo in attività personali, come hobby, vacanze, attività ricreative con amici… tendendo quindi a livelli di stress alti e poco salutari. (Zimbardo & Boyd, 1999).

C’è un giusto equilibrio?

La risposta è si!

Il TBP (Time balanced perspective) è definito come l’abilità mentale ad essere flessibili nella prospettiva da utilizzare in base alle caratteristiche della situazione e le risorse personali a disposizione.

Questa risulta un’abilità allenabile e come primo step prevede la consapevolezza: comprendere come eventualmente “rivedere” le esperienze passate in ottica positiva, apprendere come vivere al meglio ciò che si sta facendo ( il concetto del “qui ed ora”), pensare al futuro in termini di scopo e non solo di obiettivi.

In conclusione possiamo dire che è importante e necessario ritagliarsi del tempo per riflettere:

  • sul proprio ruolo e sulle attività extra lavorative in termini di responsabilità, così da definire delle priorità e imparare a condividerle e/o eventualmente negoziarle;
  • sulla qualità di pensieri ed emozioni legati a come ciascuno di voi vive il proprio passato, presente e futuro.

Buone riflessioni e buon tempo a tutti!

Sostenibilità e sostenitori, l’esperienza di Tecnostrutture

a cura di Mario Bassini – Performando e Giulia Daniele – Tecnostrutture

Organizzazione impegnata fin dalla fondazione nel proporre sistemi costruttivi finalizzati prioritariamente a migliorare la qualità della vita delle persone che fisicamente vivono e lavorano nelle strutture realizzate, Tecnostrutture, uno dei player di riferimento di questo settore in forte crescita, è per definizione particolarmente interessata alla sostenibilità del proprio business e del rapporto con clienti, fornitori e collaboratori.

A “ispirare” questa scelta, Il fondatore e attuale Presidente e Amministratore Delegato Franco Daniele; a coordinare l’azione operativa, che è il frutto di uno sforzo corale di tutti i principali snodi dell’organizzazione aziendale, è Giulia Daniele, nella sua veste di manager MKT e Comunicazione, vera fonte di energia positiva e facilitatrice di ogni possibile utile impulso ideativo e realizzativo concreto.

Performando si è inserita e affiancata in questo percorso, perché chiamata a svolgere prima di tutto un ruolo di indirizzo, parallelamente anche di coordinamento degli appuntamenti di impulso e di gestione del coinvolgimento attivo delle persone, che tratteremo nella seconda parte del racconto.

Per comprendere meglio le varie tappe, abbiamo però prioritariamente chiesto a Giulia di raccontarci cosa ha motivato la decisione di incorporare la sostenibilità nella strategia aziendale e come riuscire a diffondere questo nuovo approccio all’interno dell’organizzazione. Ecco il riassunto di questa parte di tragitto, delle risultanze che ha prodotto e delle sue prospettive.

Partiamo dal chiederci: quali sono le tre principali sfide globali della sostenibilità per il mondo delle costruzioni?

Possiamo individuare con certezza queste risposte:

CRESCITA RAPIDA DELLA POPOLAZIONE: nel 2011 la popolazione mondiale ha superato i 7 miliardi (Population Reference Bureau, 2011). Entro il 2024 si prevede che raggiungerà gli 8 miliardi. Ne risulta una maggiore domanda di risorse primarie, nonché di edifici e infrastrutture (CISL, 2019). Di conseguenza si stima che entro il 2060 la superficie edificata raddoppierà (ONU 2014).

URBANIZZAZIONE RAPIDA: più della metà della popolazione mondiale vive nelle aree urbane. Entro il 2050, tale percentuale dovrebbe crescere fino a 2/3 (ONU, 2014) e nei prossimi 30-40 anni ci sarà la necessità di costruire città per circa 2 miliardi di persone nei paesi in via di sviluppo (Day, 2019). Questa crescita urbana senza precedenti comporta enormi sfide (CISL, 2019) che potrebbero essere affrontate rendendo le città inclusive, sicure, resistenti e sostenibili. Proprio quest’ultimo punto rappresenta l’obiettivo numero 11 (SDG 11) dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

CAMBIAMENTI CLIMATICI: gli edifici e le costruzioni rappresentano il 36% del consumo globale finale di energia e il 39% delle emissioni di CO2. Dal 2010, le emissioni di CO2 legate agli edifici hanno continuato a crescere di circa l’1% all’anno. Continuare con questa tendenza nei prossimi decenni renderà sempre più difficile raggiungere le ambizioni per un aumento della temperature inferiore ai 2°C (B2DS) entro il 2100 (UN Environment, 2017). Per garantire B2DS è urgente affrontare la rapida crescita degli investimenti in edifici efficienti e ad alta intensità di carbonio, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.

Di conseguenza, quali sono e saranno le sfide più rilevanti per Tecnostrutture?

CREARE CONSAPEVOLEZZA, attraverso

a. la sensibilizzazione sul costo dell’intero ciclo di vita dell’edificio anziché sul solo costo di acquisto (WorldGBC, 2019);

b. la comunicazione al mercato circa i vantaggi delle costruzioni offsite (Zhai, 2014);

c. la comunicazione della visione di sostenibilità all’interno dell’azienda

RIDURRE ENERGIA ED EMISSIONI nella fase di produzione delle materie prime e nella fase di demolizione, aree cruciali di intervento come mostrato nel rapporto LCA di Tecnostrutture (Calderini-Piccardo, 2018).

CONTRIBUIRE ALL’AGGIORNAMENTO E ALL’ADOZIONE DI CODICI DI SOSTENIBILITÀ come fattore chiave per un cambiamento (Vv.Aa., 2014)

E dunque, perché incorporare la sostenibilità nella strategia aziendale?

Il Global Construction Report mostra che entro il 2030 per il mercato delle Costruzioni è attesa una crescita dell’85% spostandosi verso mercati a crescita rapida (GCP, 2015). Gli edifici e le costruzioni costituiscono il 39% delle emissioni di CO2 (UN Environment ONU, 2017) e i rifiuti da costruzione e demolizione rappresentano quasi il 30% di tutti i rifiuti in Europa (ECIF, 2019).

Queste cifre evidenziano il potenziale contributo che il settore delle costruzioni può dare per un mondo più sostenibile. Ecco perché è tempo che Tecnostrutture integri la sostenibilità nella propria strategia aziendale, ottenendo vantaggi operativi e strategici tangibili.

Qualche esempio:

le fasi cruciali nelle quali possiamo migliorare le nostre performance sono la produzione delle materie prime e la demolizione dei prodotti, come mostrato nel nostro recente rapporto LCA (Calderini-Piccardo, 2018).

Figura 1 – Risultati LCA di tre differenti soluzioni strutturali (Calderini-Piccardo, 2018).

Considerando la volatilità dei prezzi dell’acciaio e le relative emissioni per la sua produzione, le opportunità risiedono nell’ottimizzazione del materiale. Le strutture ottimizzate rappresenteranno un vantaggio competitivo in termini di prezzo e spazio utilizzabile negli edifici.

Per la fase di demolizione, lo sviluppo di soluzioni progettuali già pensate per lo smontaggio può portare alla riduzione di rifiuti, trasformando gli edifici in una banca del materiale (BAMB, 2017) con materiali da rivendere e riutilizzare, a vantaggio dell’investitore.

Attualmente la sostenibilità del marchio di Tecnostrutture è comunicata solo agli esperti LEED e nella sezione www.tecnostrutture.eu/sostenibilita del sito internet. Una strategia globale di green branding ha bisogno di molteplici modifiche in tutta l’organizzazione (Grubor-Milovanov, 2017) e un piano d’azione che metta in evidenza i benefici dei prodotti per gli investitori nelle diverse fasi della vita del prodotto. Questo sforzo è necessario per dimostrare che i prodotti off-side sono più convenienti dei sistemi tradizionali, considerando l’intero ciclo di vita (Zhai, 2014). E il mercato è sempre più preparato ad apprezzarlo. Per esempio, in Cina dal 2014 il governo richiede la piena attuazione degli standard di bioedilizia per edifici realizzati con investimenti governativi e per costruzioni di oltre 20.000 m2 di superficie (CBRE, 2015).

 

Figura 2- Tre tipi di benefici con dettaglio sull’economia circolare di Tecnostrutture. Evidenziate in arancio, le fasi cruciali per un potenziale miglioramento.

I Sostenitori in Tecnostrutture e il “Comitato Sostenibilità”, il contributo di Performando.

Stante il quadro riassunto da Giulia, con il corredo tecnico delle evidenze e delle risultanze di ricerche mirate a focalizzare gli aspetti salienti, l’estensione a tutto il contesto aziendale è stata un fatto che potremmo definire conseguente e coerente.

Dalla fine del 2019 questo slancio, questa modalità organizzativa e gestionale, è stata esplicitata attraverso l’ufficializzazione e la creazione di un vero e proprio team di “sostenitori”, ovvero propagatori di modelli sostenibili, che attraverso il proprio impulso personale e di area organizzativa aziendale cui appartengono, si fanno propositori e promotori concreti e attivi di piccoli e/o grandi progetti di lavoro destinati a produrre effetti tangibili di questa spinta al miglioramento.

Uno sviluppo sostenibile di successo necessita di collaborazione tra tutte le parti interessate (stakeholders). Ecco perché il team interfunzionale denominato “Comitato Sostenibilità” ha un ruolo fondamentale. I suoi componenti, i sostenitori, sono autentici agenti del cambiamento, promuovono azioni sostenibili, ciascuno con riferimento al proprio dipartimento, e quindi assieme nell’intera organizzazione.

I sostenitori sono volutamente scelti trasversalmente in quanto competenti di ciascuna delle aree organizzative principali dell’azienda, per avere e permettere un impatto globale e complessivo sull’organizzazione, un apporto corale, una possibilità di azione allargata a 360° nell’individuazione di proposte e soluzioni concrete, efficaci, condivise: 

Risorse Umane, Direzione Tecnica, Ricerca & Sviluppo, Logistica, Operations, Commerciale, le aree presenti e rappresentate da un componente effettivo.

Dietro a questo lavoro sul campo, un Comitato Guida a dare legittimazione e autorevolezza, visibilità e indirizzo scientifico e oggettivo, con rappresentanti del modo imprenditoriale e accademico:

Andrea Fornasiero, Presidente del Comitato Standard di Green Building Council Italia, l’associazione no profit che favorisce la diffusione di una cultura dell’edilizia sostenibile, facente parte della rete internazionale dei GBC;

Andrea di Lenna, Direttore di Performando, società di formazione manageriale e di consulenza per lo sviluppo personale e organizzativo che opera sull’intero territorio nazionale;

Chiara Calderini, Professoressa presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica e Ambientale dell’Università degli Studi di Genova, ha curato la valutazione LCA di Tecnostrutture (Life Cycle Assessment – LCA – finalizzato a comparare e analizzare l’impatto ambientale del sistema misto NPS® di Tecnostrutture rispetto a strutture in acciaio e calcestruzzo armato).

I gruppi si incontrano con cadenza trimestrale e anche in questa fase così delicata e problematica perché segnata in modo estremamente impattante dall’emergenza COVID-19, sono stati possibili contributi concreti e reali di sicuro e immediato impatto anche nella motivazione e gratificazione delle persone, che sono state in grado di formulare queste proposte: l’ultimo incontro, in aprile, non è stato minimamente intralciato dalla situazione di “lockdown” che anche Tecnostrutture stava vivendo, né ha compromesso il raggiungimento dei risultati prefissati. Una gratificazione che si poteva toccare con mano dialogando “a distanza” con tutti gli interessati e percependone la soddisfazione.

La sostenibilità, intesa principalmente come il contributo per l’ambiente che una realtà quale Tecnostrutture è in grado di mettere a disposizione del sistema nel suo complesso, può quindi divenire attraverso questa modalità ed esperienza, anche uno strumento cruciale per aumentare il coinvolgimento di tutto il gruppo di persone che offre ogni giorno il proprio apporto professionale. Contribuisce infatti a motivare, ispirare e trattenere le persone, poiché è stato osservato che dipendenti impegnati hanno l’87% di probabilità in meno di lasciare la propria organizzazione (CISL, 2013). Può anche supportare l’attrazione di talenti, vista la maggiore sensibilità delle giovani generazioni per la sostenibilità (Stacey, 2019).

I KPI legati alla sostenibilità saranno un mezzo ulteriore per premiare le performance positive e contribuiranno al percorso di crescita che Tecnostrutture ha molto chiaramente definito per il 2020 e gli anni a venire. Il contributo di Performando è un utile bagaglio di esperienza e di concretezza, che può rappresentare elemento distintivo esportabile anche ad altre organizzazioni che vogliano incamminarsi in questo percorso di crescita, massimizzando la possibilità di successo.

Un percorso da proseguire insieme, per dare continuità di risultati al business e di positivo coinvolgimento alle persone: un circolo virtuoso che ottimizza le relazioni fra tutti gli interlocutori coinvolti, vero esempio di economia circolare a sostegno e rafforzamento della responsabilità sociale d’impresa.

Utrain: il nuovo progetto di formazione on line di Performando

a cura di Sara Caroppo

Il mondo della formazione sta cambiando. Questa è la certezza maturata in questo periodo di distanziamento sociale che tutti noi siamo costretti a rispettare.

Al contrario, quello che rimane invariato, è il desiderio di persone e aziende di investire sulla propria crescita professionale, in particolare quella legata allo sviluppo delle competenze trasversali.

Secondo una ricerca dello Stanford Research Institute International, il 75% del successo sul lavoro dipende dalla padronanza delle cosiddette soft skills, ovvero l’insieme di competenze relazionali e sociali, come la leadership, la negoziazione o la gestione dello stress, che sono per l’appunto trasversali a tutte le attività lavorative.

Le competenze tecniche, o hard skills, sono altrettanto importanti, ma contribuiscono al risultato solo per il 25%.

Il nostro nuovo progetto Utrain nasce con l’intento di integrare la necessità che hanno persone e organizzazioni di investire sulle competenze trasversali, con l’esigenza di farlo in sicurezza e a distanza.

Utrain è un progetto pensato per rendere ognuno protagonista del proprio sviluppo, costruendo in maniera autonoma il proprio training formativo.

Strutturato come una rete metropolitana, il programma di compone di 8 linee, che rappresentano le macro-tematiche formative e di 60 stazioni di contenuti, erogati sotto forma di webinar di 90 minuti ciascuno.

Proprio come in una metropolitana, è possibile scegliere il percorso di una linea, o salire e scendere dalle stazioni selezionate.

Le informazioni sul funzionamento delle linee e i contenuti di ogni stazione si possono trovare sul sito di Utrain.

Per avere un’anteprima di quello che troverete sul sito, vi consigliamo invece di vedere questo breve filmato, in cui il direttore di Performando Andrea Di Lenna presenta il progetto.

Vi aspettiamo a bordo dei nostri treni!!!

“Concediamoci” lo smartworking, riflessioni semiserie in tempi di emergenza.

a cura di Mario Bassini

Per chi come il sottoscritto lavora al servizio delle organizzazioni e delle persone, sono giorni di particolare intensità. Viviamo una situazione per molti aspetti completamente inedita, rispetto alla quale anche i più navigati ed esperti fanno fatica a trovare punti di riferimento. E sotto questo aspetto, lo stillicidio di decreti, accordi, modifiche e quant’altro, sicuramente non aiuta, anzi.

Una costante ricorrente è rappresentata dalla “rivincita” dello smartworking, identificato e sottolineato più volte come modalità lavorativa da incentivare e diffondere quanto più possibile per ostacolare il contagio mantenendo al contempo funzionanti le attività cui è applicato. Che questo debba essere raccomandato e ribadito più volte nei provvedimenti governativi emergenziali, offre chiaramente la misura del fatto che evidentemente spontaneamente organizzazioni e persone non lo avrebbero fatto in modo così massiccio, perché non adeguatamente preparate ed attrezzate, per aver non abbastanza spinto in questa direzione quando dipendeva quasi unicamente dalla loro volontà. Forse non lo sono neanche oggi ma almeno c’è di buono che  si stanno attrezzando.

L’ultimo report dell’Osservatorio Smartworking del Politecnico di Milano, datato settembre 2019 e avente riferimento il nostro paese, dava segnali di evoluzione e miglioramento ma certo non ancora collocava l’Italia tra i mondi più virtuosi da questo punto di vista: Il magico combinarsi di flessibilità, tecnologia, responsabilità, futuro, ha evidenziato significative crescite ma anche ampi margini di miglioramento.

In effetti credo di non essere l’unico ad avere sentito espressioni del tipo “gli abbiamo concesso lo smartworking”, oppure “con lo smarworking si lavora poco e si pensa ad altro”; rarissimo, di contro, che si dica “abbiamo condiviso la modalità lavorativa in smartworking, come reciproco vantaggio organizzativo e gestionale”…roba da non credere. Ebbene, adesso siamo a correre come pazzi per estendere lo strumento anche verso attività (e persone) per le quali fino a qualche settimana fa si diceva “che no, assolutamente no!” Con avallo pressoché incondizionato da parte di capi divenuti improvvisamente aperti verso questa frontiera gestionale. Quegli stessi capi che hanno come parametro di attaccamento all’azienda e al lavoro il numero di automobili nel parcheggio aziendale dopo le 18.

Da notare che la situazione sul campo è poi altrettanto particolare: se infatti da un lato ci sono condizioni poco abilitanti che rendono l’attuazione concreta decisamente delicata (lavoriamo da casa sì ma dobbiamo forzatamente condividere questo ambiente con coniuge e figli, per chi li ha, con i loro bisogni e la loro presenza, e sicuramente questo non aiuta), ve ne sono paradossalmente altre di segno opposto (chi fino a oggi ha pensato che in realtà dallo smartworking è facile “evadere” per andare al mare o in montagna, in questo momento di clausura obbligata si sentirà sicuramente più protetto e rassicurato in termini di produttività, o almeno di presenza alla tastiera del notebook).

Stiamo vivendo una situazione distorta e stressata per via dell’emergenza in atto e sarà quindi opportuno e necessario un riposizionamento sano e razionale quando sarà rientrata. L’auspicio è che si faccia tesoro di questa esperienza, evitando di sparecchiare tutto come niente fosse stato, che potrebbe aver avuto il pregio di aprire una porta fino a ora soltanto socchiusa: fiducia e responsabilità fanno bene al sistema, sono anticorpi potentissimi. Concedersi liberamente e spontaneamente anche dopo tutti i protocolli sul COVID-19 il vantaggio reciproco dello smartworking, potrà continuare a produrre effetti positivi anche quando il rischio di contagio si sarà risolto. Per chi lavora, per le organizzazioni, per le famiglie e per il sistema nel complesso, senza perdite di produttività, anzi a mio modesto avviso con qualche vantaggio sotto molti punti di vista: razionalizzazione di risorse, maggiore produttività, più motivazione e soddisfazione lavorativa e personale! Basta scegliere bene e responsabilmente, ce la possiamo fare.

Buon lavoro a tutti.

Abituarsi all’incertezza – gli appuntamenti

Nuova serie di incontri via web con persone che, da vari punti di vista, portano la loro specifica esperienza in merito a come gestire l’attuale situazione di emergenza e cosa fare per orientarci verso nuove prospettive.
L’iniziativa è nata dalla collaborazione tra Performando e Emmedelta, ed è stata chiamata Abituarsi all’incertezza.

Per noi è ormai diventato l’appuntamento del giovedì, questi i prossimi webinar, della durata di un’ora, a cui potrai iscriverti seguendo il link in fondo a questa pagina.

 

Prepararsi in modo nuovo per uscire dalla difficoltà
Giovedì 16 aprile ore 12.00
Lorenzo Bernardi

L’epidemia di Covid 19 sta generando una situazione di grande difficoltà, sia dal punto di vista della salute che dal punto di vista economico. Questa situazione sta sgretolando tante nostre abitudini e certezze, ed è facile in questo contesto perdersi d’animo.
Inoltre le nostre prospettive che ognuno di noi intravede sono molto incerte, e questo rende difficile lo sviluppo di una qualsiasi progettualità.
E’ invece proprio da questi momenti che possono emergere grandi opportunità, che derivano però da quanto ognuno di noi può fare per essere pronto ad un futuro che sarà senz’altro diverso da come ce lo immaginavamo fino a pochi giorni fa.
Nel mondo dello sport l’incertezza è all’ordine del giorno, ma in tale contesto gli atleti lavorano ogni giorno duramente per prepararsi alla singola competizione e a stagioni molto lunghe, puntando a mettere sotto controllo ciò che dipende dalle loro capacità.
E tanti sono gli errori che possono commettere, così come tante sono le sconfitte che inevitabilmente possono incontrare.
Ma il campo di gara è un giudice impietoso, che restituisce ad ogni sportivo quello che lui ha dato in termini di allenamento.
L’obiettivo che ognuno di noi può quindi cercare di avere è di prepararsi al meglio per farsi trovare pronto, ponendosi alla fine di ogni giornata di allenamento la medesima domanda: sono riuscito oggi a lasciare il campo in una condizione migliore di quella in cui l’avevo iniziata? 
Il coraggio di cambiare

Giovedì 23 aprile ore 12.00
Andrea Pontremoli

In questa disorientante situazione, tutti noi siamo chiamati a fare scelte cruciali e tutti noi abbiamo bisogno di persone nei più importanti ruoli di responsabilità che ci aiutino ad identificare le strade più sicure da percorrere, così da riuscire a costituire una nuova normalità.
Andrea Pontremoli è una di queste persone. Dirige un’azienda come Dallara Automobili, un’eccellenza del Made in Italy a cui è riuscito un po’ per volta a far cambiare pelle e ad attribuirle la visibilità che merita, con il determinante contributo di tutte le straordinarie persone che in essa lavorano ogni giorno. D’altronde, Andrea veniva da tanti significativi cambiamenti personali, uno dei quali era stato quello di abbandonare la grande IBM per una piccola semi-sconosciuta azienda basata a Varano de’ Melegari, in provincia di Parma, di un certo Ingegner Dallara, un mito della progettazione delle automobili da competizione.
Andrea Pontremoli è oggi chiamato a definire il da farsi per il futuro non solo di quest’azienda, ma anche di tutti i fornitori che per essa lavorano e per il territorio in cui essa opera, cercando di trovare il bandolo di una matassa che si è aggrovigliata in un lampo e che sta rotolando ad una velocità impressionante, per di più in un pendio estremamente sdrucciolevole.
Si dovrà puntare a ristabilire l’ordine perduto o si dovrà costruire qualcosa di completamente nuovo?  E, se dovesse essere così, in cosa dovrà consistere?
Per dar forma a queste scelte è necessario avere il coraggio di guidare persone e organizzazioni in un contesto di gioco infinito, come afferma Simon Sinek nel suo ultimo libro. E questo significa operare nel presente e per il presente, avendo nel contempo ben chiara l’importanza dell’utilizzo di una logica di tipo strategico orientata al lungo periodo. Un complicato strabismo manageriale, che avrà l’ulteriore imperativo di perseguire una “giusta causa,” ossia quella che possa portare a bilanciare le ragioni economico-finanziarie con quelle di una rinnovata qualità della vita di tutti noi.

Sospesi tra il “non più” e il “non ancora”
Giovedì 30 aprile ore 12.00
Guido Caselli

Guido Caselli da diversi anni ci interroga su un sistema economico che si muove tra il “non più” e il “non ancora” con la metafora di un tunnel che rappresenta l’incertezza nella quale ci dobbiamo accomodare. Ci guiderà a scoprire alcuni elementi necessari per arredare il tunnel e per poterci abituare all’incertezza che caratterizza il nostro tempo. In questa fase dobbiamo tenere il focus sull’emergenza, sulla capacità di dare una risposta veloce e immediata, ma sviluppare, contemporaneamente, una visione a lungo termine che ci farà interrogare sulle componenti del futuro. Quali competenze, quali infrastrutture digitali, quale formazione delle persone sarà indispensabile, quali soft skills porteranno valore aggiunto in questa stabilità dell’incertezza? Guido Caselli ci guiderà attraverso il legame delle imprese con il territorio, con la globalizzazione e la localizzazione. Gli chiederemo qual è il nuovo legame tra l’impresa e il suo territorio in questo sviluppo verso il “non ancora” e come si lega la competitività di un’impresa con la competitività del territorio. Gli chiederemo quale potrà essere una velocità sostenibile, e competitiva al tempo stesso, nel nostro viaggio comune verso il “non ancora”. Questi sono gli elementi della nostra conversazione con Guido Caselli che con lucidità, concretezza e visione ci condurrà verso ciò che non è ancora stato inventato.

Far ripartire la cultura, radice della nostra identità

Giovedì 7 maggio ore 12.00
Anna Maria Meo

L’emergenza per il Corona Virus ha colpito tutto e tutti.
Al di là degli aspetti legati alla salute di ciascuno di noi, di assoluto primo piano, grande enfasi è stata attribuita all’impatto economico che la pandemia ha generato nel mondo delle imprese.
Molta meno attenzione è stata invece dedicata a ciò che accade al mondo della cultura e dello spettacolo. E’ il caso ad esempio dei teatri, di cui il Teatro Regio di Parma è un esempio di eccellenza. In merito a tali contesti, il dibattito si concentra quasi esclusivamente sulla dimensione culturale del problema, in un paese, uno dei meglio dotati al mondo dal punto di vista culturale, in cui si sente spesso dire che “con la cultura non si mangia”.
Una visione sicuramente miope, che non considera che le organizzazioni che hanno a che fare con la nostra cultura hanno un rilevante impatto sui risultati economici del nostro Paese, dato che impiegano delle persone e generano fatturato, sia direttamente che sull’indotto che alimentano. Una tale visione miope crea il rischio di far perdere al territorio delle opportunità di business, che riesce a generare valore soprattutto nel caso in cui riesca a creare un’unica solida filiera.
A queste considerazioni devono poi essere aggiunte quelle relative alla missione principale di queste istituzioni, ossia quello di preservare e tramandare la nostra cultura e la nostra identità, con lo scopo aggiuntivo di produrre benessere per le persone.
Di questi argomenti, fortemente interrelati gli uni agli altri, parlerà in modo innovativo, coinvolgente e convincente Anna Maria Meo, che dal 2015 è Direttrice Generale del Teatro Regio di Parma. Con un paziente lavoro di tessitura, che ha combinato una sensibilità artistica ad una forte componente manageriale, Anna Maria Meo è infatti riuscita a dare nuova vita al “Regio” e alle manifestazioni ad esso collegate, come ad esempio il “Festival Verdi”. E in questo suo paziente lavoro è riuscita al contempo ad aumentare in modo considerevole il numero di spettatori, a proporre servizi innovativi e ad incrementare il risultato economico dell’intero territorio, riuscendo così nel difficile compito di sviluppare la cultura lirica mondiale ottenendo al contempo un eccellente “Social Return On Investment”.

 

Per maggiori informazioni ed effettuare l’iscrizione (in fondo alla pagina che si aprirà ) clicca qui

A presto!

(ricordiamo che la durata del webinar , che avverrà tramite la piattaforma ZOOM, è di un’ora)

SMART DISC EXPERIENCE

Un percorso formativo di 6 ore via web per conoscere i sistemi persolog® a base D-I-S-C e gli stili comportamentali utilizzati in tutto il mondo.

Potrai utilizzarli per almeno 4 mesi!

Il percorso è ispirato alla prima giornata di Certificazione Internazionale e al termine sarà rilasciata l’abilitazione di 4 mesi all’utilizzo degli strumenti di self assessment a base D-I-S-C.

Con il modello D-I-S-C persolog® potrai conoscere rapidamente i talenti prevalenti delle persone nel contesto, le loro motivazioni vincenti, le aree di attenzione, il grado di flessibilità che sanno utilizzare, l’energia che stanno utilizzando,  le posizioni in cui possono dare il meglio ed essere realizzati.

I sistemi basati sul modello DISC sono utilizzati in tutto il mondo in percorsi di selezione, assessment, sviluppo, formazione e processi organizzativi.

La smart disc experience prevede:

  • 3 webinar di 2 ore con il docente
  • Una gamma di esercizi di approfondimento individuale
  • La compilazione del personal profile e Job Profile
  • L’apertura della piattaforma eport per ordinare i profili online che rimarrà aperta per una prova gratuita di 4 mesi e corredata di 50 crediti.
  • Il libro ABC del comportamento

L’investimento per questo percorso è di € 370 + IVA

Il percorso formativo si dividerà in tre sessioni online:
mercoledì 8 aprile dalle 10.30 alle 12.30
mercoledì 15 aprile dalle 10.30 alle 12.30
venerdì 20 aprile dalle 10.30 alle 12.30


PROGRAMMA

– Il modello DISC a 4 fattori comportamentali
– I 4 fattori prevalenti: Dominanza, Influenza, Stabilità e Cautela
– Le combinazioni di fattori e i 20 profili comportamentali.
– Gli output i 3 grafici, significati e interpretazioni
– Come leggere aree di attenzione, investimento di energia e stress
– Interpretare il personal profile (esercitazione sul proprio profilo)
– Descrivere un ruolo con il modello DISC
– Valutare la coerenza di un profilo al ruolo assegnato
– Elementi per la selezione e lo sviluppo individuale
– Leggere e descrivere il Job Profile a partire dal proprio.
– I 20 profili del job
– Training sulla piattaforma eport per ordinare i profili
– I diversi output che si possono generare e comporre
– Attivazione della piattaforma in modalità full per 4 mesi

Al termine del periodo di prova la Smart Disc Experience potrà essere convertita in certificazione full o certificazione light

Per info e iscrizioni: info@performando.it

Europa, la vergogna di un’assenza

a cura di Andrea Di Lenna

Si parla spesso dell’importanza del contesto e di quanto importante sia l’analisi di tale elemento per poter competere in modo efficace.

E’ stato di recente anche codificato l’acronimo VUCA proprio per definire l’ambiente nel quale ci troviamo oggi ad operare, così tanto caratterizzato da Volatilità, Incertezza, Complessità e Ambiguità.

Stiamo però sottovalutando che lavoriamo in Europa, ed è proprio di questo contesto che voglio scrivere, perchè, nauseato da quello che sto vedendo quotidianamente in televisione e nei social, non voglio dimenticare ciò che stiamo vivendo in questo particolarissimo periodo.

Ma non tanto per quanto riguarda il devastante impatto dell’epidemia di Corona Virus, quanto per ciò che l’Unione Europea sta facendo, ma soprattutto non facendo, di fronte a questa così grave situazione.

Voglio scriverlo perchè sono cose talmente assurde che la storia faticherà a riconoscere come vere, con un negazionismo che si annuncia già da adesso a proposito di fatti che tendono già ad essere dimenticati o fatti passare in secondo piano.

Questa è, in termini succinti, la cronistoria delle ultime tre settimane, nelle quali l’Europa e le sue principali istituzioni sono riuscite a dimostrare il peggio di se stesse, soprattutto nei confronti dell’Italia. E lo hanno fatto proprio nel momento in cui potevano dimostrare tutto il valore della compattezza e della coesione di una nobile istituzione volta e cercata, tra l’altro, da un certo De Gasperi.

E’ stata una successione di situazioni che ha creato nel nostro Paese un mix di sentimenti di delusione, di frustrazione, ma anche di rabbia, per l’insieme degli esempi negativi a cui abbiamo assistito dall’interno delle nostre case, con la calma forzata della quarantena.

Sentiamo spesso parlare del valore delle differenze, dell’importanza di fare squadra e di aiutarsi nelle situazioni di difficoltà, e di un’Unione Europea al servizio dei suoi cittadini, che si preoccupa quotidianamente della salute e del lavoro di tutte le persone del vecchio continente.

Azioni che abbiamo potuto toccare direttamente con mano quando, ad esempio, sono state finalmente definite le dimensioni delle vongole, provvedimento di cui tutta l’Europa sentiva la mancanza da diversi decenni e che impedivano alle persone di vivere e lavorare in serenità.

A fianco di tematiche di assoluto rilievo a livello planetario, abbiamo di recente assistito ad un silenzioso quanto completo disinteresse nei confronti della situazione italiana che, da subito, si era rivelata molto grave, ma evidentemente solo a causa di una patriottica quanto esclusiva percezione.

La situazione però degenerava velocemente, e così abbiamo potuto ascoltare uno stucchevole quanto ipocrita messaggio di Ursula Von der Leyen, Presidente della Commissione UE, che prendeva con vigore le redini dell’UE dicendo che l’Italia non doveva sentirsi sola in questo momento di difficoltà, perchè l’Europa avrebbe fatto tutto il possibile per aiutarla, anche perchè, ipse dixit, “siamo tutti italiani”, citando John Fitzgerald Kennedy (dal quale è lontana, per il momento, di qualche anno luce). Commovente!

Anche perchè, nel frattempo, succedevano diverse cose, tra le quali quelle in cui alcuni paesi, Austria e Slovenia in testa, da sempre e storicamente paesi molto attenti alla coesione e all’apertura nei confronti dei paesi vicini, si premuravano di chiudere le frontiere agli “untori” italiani, scelta non certo opinabile, ma presa in totale assenza di coordinamento con l’Unione Europea, e quindi inaccettabile in quanto posizione unilaterale non legittima nei confronti degli stati membri.

Ma abbiamo anche vissuto la disgustosa situazione nella quale la Germania bloccava l’esportazione delle mascherine, considerate fondamentali per il proprio paese, ma evidentemente non per gli “amici italiani”, come ci capita spesso di sentire nei discorsi al Parlamento UE. E l’Europa stava a guardare, con la Presidente della Commissione Europea che, nel frattempo, andava in giro con Greta Thunberg, parlando tranquillamente delle politiche climatiche…

E gratificante è stato anche il comportamento della Francia, che ha avuto modo di osservare che in Italia le cose andavano male perchè la sanità del nostro Paese è retrograda e non funziona così bene come quella francese (ovviamente).

Per non parlare di alcuni stupidi che in Gran Bretagna, uscita dall’Unione Europea, hanno affermato che in Italia c’è il Corona Virus perchè così abbiamo la scusa per non lavorare. E’ vero, lo hanno detto! Il paese, d’altronde, è governato dal genio di Boris Johnson, che non vuole prendere misure restrittive nei confronti dell’epidemia, che ritiene non necessarie, a vantaggio invece della ben conosciuta “’immunità di gregge”, che ha il solo piccolo inconveniente di sacrificare la maggior parte della popolazione anziana, che comunque non è produttiva. Se gli inglesi sono così, non ci mancheranno.

A titolo di cronaca, nel frattempo, Donald Trump affermava che negli Stati Uniti il problema non si sarebbe presentato e che gli americani potevano restare tranquilli. Discorso veramente profetico, dato che, a meno di una settimana di tempo, lo stesso leader (scusate la parola) ha testualmente detto che “il virus è fuori controllo”. Complimenti!

Eravamo comunque ancora lontani da momenti memorabili, come quello in cui Christine Lagarde, Presidente della Banca Centrale Europea, esprimeva tranquillamente il fatto che la BCE non avrebbe fatto nulla per difendere i vari paesi, Italia in testa, dalla crescita dello spread. Non si è trattato di una gaffe, come i più generosi analisti (non italiani, comunque…) hanno avuto modo di rilevare, ma l’esplicitazione di una politica discriminatoria verso i paesi considerati deboli rispetto all’asse franco-tedesco, di cui la Presidente della BCE è a tutti gli effetti un nuovo falco, che si ispira (scusate ancora la parola) ai suoi teneri, quanto premurosi, colleghi tedeschi.

Quindi, una sistematica difesa degli interessi economici, politici e di salute dei singoli paesi, ripresa con stizza perfino dai nostri intrepidi politici e dallo stesso Mattarella (sì, proprio lui: ha detto qualcosa!), forse sollecitati dal fatto che la nostra piccola borsa aveva perso il 17% del suo valore a causa di questa innocente gaffe.

Evviva l’Europa.

Forse qualcuno sì è reso conto che si stava un po’ esagerando, forse anche mamma Von der Leyen, che ha ha detto, dopo dieci giorni dal blocco delle mascherine da parte della Germania, che sono “nefasti” i divieti di vendita dei dispositivo di protezione sanitari verso altri paesi dell’Unione e che i prodotti medico-sanitari devono circolare liberamente all’interno dei paesi Europei. Che persona, che carisma, che intuizione!

Passava ancora qualche giorno.

La Francia, nei suoi dibattiti televisivi (che ho avuto modo di seguire in diretta), ribadiva ancora che le sue strutture sanitarie erano ben superiori a quella dell’italietta sottosviluppata “pizza e mandolino” (ricordo la recente pubblicità della pizza su cui il pizzaiolo sputava sopra, subito superata dall’exploit di Carla Bruni che, nella sua ultima uscita mondana, faceva finta di avere la tosse e tossiva su tutti le persone che avvicinava) e che comunque i francesi erano più tranquilli, e che stavano accettando senza grossi problemi la convivenza con i crescenti casi di Corona Virus perchè sono un popolo che sdrammatizza, altro che cugini d’oltralpe. Forse anche perchè Macron non aveva nessuna voglia di rimandare le elezioni municipali per il timore di perdere consenso. 

Una mossa veramente lungimirante, che puntava direttamente a proteggere il processo democratico del voto, a scapito della salute dei suoi concittadini, interesse evidentemente secondario. Ma alla sera delle elezioni, a seguito del più grande flop della storia repubblicana in termini di affluenza, rivelatasi inferiore al 50%, lo stesso Macron si esprimeva nei confronti dei suoi compatrioti che etichettava come “irresponsabili” perchè, nella domenica delle elezioni, da lui fortemente incentivate, si fermavano nei bar o nei ristoranti con gli amici, dato che, nel frattempo, nessuno si era premurato di farli chiudere.

Si arriva così alla sera di lunedì 16 marzo, dove Macron adotta in pieno, ma con gravissimo e colpevole ritardo, le misure italiane (la Spagna lo aveva già fatto). In un memorabile discorso alla nazione, il presidente transalpino affermava che la Francia è in guerra (espressione ripetuta ben sei volte). Fatto strano, visto che, fino al giorno precedente, la cosa importante era andare a votare in un clima primaverile di pace e distensione.

A proposito, nella stessa giornata la Germania chiudeva le sue frontiere, tanto per far capire che da loro non si entra con la malattia, posizione poi rettificata dalla Grande Europa, che stabiliva che si sarebbero chiuse le frontiere di tutta l’Europa, in una posizione che per la prima volta citava un’unica misura per l’intera Unione Europea.

Ciò che ho sin qui riportato mette in evidenza alcuni aspetti, che provo a sintetizzare:

  • Non esiste di fatto unUnione Europea, al di là delle etichette;
  • Ognuno nell’Unione Europea fa i suoi interessi ma, come direbbe Orwell, qualcuno ha interessi più importanti degli altri;
  • Non esiste solidarietà tra i paesi dell’Unione Europea, ma nemmeno tra i suoi popoli, da quanto stiamo vedendo;
  • L’asse politico economico Francia-Germania è una realtà difficilmente contestabile, che produce danni a tutti i paesi del Sud Europa, da loro considerati inefficienti e inaffidabili;
  • La finanza viene prima di qualsiasi cosa, grazie anche al lavoro costante ai fianchi di Angela Merkel (che si è sempre dimostrata sensibile alle esigenze e alle problematiche dei vari paesi. Per referenze chiedere alla Grecia);
  • Le best practices degli altri paesi, e purtroppo anche quello dell’Italia nei confronti delle misure di contenimento del Corona Virus, non sono minimamente considerate e, quando lo sono, lo sono in modo forzato e in grave, quanto irrimediabile ritardo.

In considerazione di tutto questo, che considero davvero indegno, farò tutto quello che è nelle mie possibilità per cambiare quest’Europa di cartapesta, anche in ragione della mia responsabilità all’interno di una società di consulenza come Performando, che promuove quotidianamente una cultura fondata sul lavoro di squadra e il bene comune.

Risaliamo a bordo!

a cura di Andrea Di Lenna

Sono passati più di otto anni dal naufragio della Costa Concordia presso l’Isola del Giglio. Sembra ieri, ma era il 13 gennaio 2012 quando la nave da crociera naufragava sugli scogli, complice un comportamento irresponsabile del suo comandante, l’ormai celeberrimo Comandante Schettino.

Ma in quel tragico contesto, molti di noi ricorderanno l’esortazione del Capitano di Fregata Gregorio De Falco, che dalla sala operativa della Guardia Costiera di Livorno aveva gridato quel suo originalissimo “Salga a bordo, ca..o”, affermando successivamente di non essersi mai pentito di tale affermazione che, come lui stesso ebbe a dire, “era l’unico modo per farmi ascoltare: non mi serviva superman, ma solo qualcuno che mi aiutasse”.

Ci sono molte analogie tra ciò che è accaduto più di otto anni fa e quello che sta succedendo ora con il Corona Virus. Non voglio entrare nel merito del ruolo che ha avuto e sta avendo la catena di comando e della gestione della comunicazione tanto all’interno del nostro Paese quanto verso l’estero (anche se bisognerebbe, dato che qualche problemino di immagine, per usare un eufemismo, lo ha creato, forse anche perchè il Ministro degli esteri ha una solida esperienza nel mondo della distribuzione delle bibite negli stadi e perchè il portavoce, nonché capo ufficio stampa del nostro Presidente del Consiglio, proviene dal mondo manageriale della Casa del Grande Fratello, in cui ha avuto modo di confrontarsi ad altissimo livello con l’intramontabile Ottusangolo…).

Otto anni fa, pure nella immane quanto imbarazzante tragedia del naufragio della Costa Concordia, siamo riusciti a tirare fuori il meglio di noi stessi con il comportamento del Capitano De Falco e la ciclopica demolizione e rimozione del relitto della nave, trasportata fino al porto di Genova. Eccellente caso di gestione di un problema apparentemente insormontabile.

Ma la stessa cosa succedeva in occasione del disastroso terremoto in Emilia il 20 maggio dello stesso anno, che ci ha dato ampia ed evidente dimostrazione del coraggio e della determinazione della gente emiliana in termini di capacità di rimettersi in piedi subito e di lavorare per la ricostruzione immediata delle zone martoriate dal sisma. E ben ricordo un cartello esposto dagli abitanti di Mirandola, che riprendeva la frase del Capitano della Guardia Costiera di Livorno in un gemellaggio riguardante le nostre migliori attitudini.

E ancora, il crollo del ponte Morandi il 14 agosto 2018, che ha lasciato tutti senza fiato e senza parole, ma che è riuscito una volta di più a tirar fuori il meglio di noi stessi, se è vero che il nuovo ponte dovrebbe essere inaugurato nella prossima primavera, cosa da tutti, noi stessi per primi, ritenuta impossibile…

Il fil rouge di questi eventi è stata la nostra capacità di ripartire, perchè quello che è successo ogni volta è che dalle crisi ci siamo sempre risollevati, riuscendo ad esprimere il meglio del popolo italico, che nella difficoltà riesce a trovare quel “qualcosa in più” che lo fa risorgere, più forte e migliore di prima.

Ed è proprio quello che dobbiamo fare in questo momento di grande difficoltà ed incertezza, ricordandoci che la nostra è la terra del Rinascimento, dell’arte e della bellezza, ma anche del genio e di Leonardo da Vinci, radici culturali che devono stimolarci a usare le nostre migliori capacità dimostrando coraggio, estro, creatività e capacità di risolvere i problemi in un inedito quanto problematico contesto.

Siamo Italiani, e con l’orgoglio di far parte di questo Paese straordinario, abbiamo la necessità, ma anche la responsabilità di far ripartire il nostro lavoro e la nostra attività, ripensandole in modo nuovo, perchè, dopo il virus, probabilmente niente sarà come prima.

Allora diamoci da fare e, aiutandoci l’uno con l’altro, ”risaliamo a bordo, ca..o”!

Utilizzare il tempo che sta generando il Coronavirus

a cura di Andrea Di Lenna

Dire che siamo stati tutti stati presi in contropiede dal Coronavirus non solo sul piano sanitario, ma anche sul piano dei nostri impegni lavorativi e professionali, è davvero un eufemismo.

Devo confessare che una prima serie preoccupazione mi era venuta già sabato 22 febbraio, giorno dell’esplosione del fenomeno, quando cominciavo a pensare a quali avrebbero potuto essere le ripercussioni sulle nostre attività formative e consulenziali. Il quadro mi sembrava molto cupo, ma amici e i familiari mi avevano dato del catastrofista…

Ebbene, la situazione si è dimostrata essere molto più negativa delle pur negative  previsioni: cancellazioni di corsi e attività consulenziali una dopo l’altra già dalla domenica 23 al mattino, quando le aziende cominciavano a mandare mail e Whatsapp di sospensione, rinvio e cancellazione di progetti. Ma era solo l’inizio: il resto lo conosciamo…

E allora cosa fare?

Ci siamo riuniti con i colleghi e abbiamo pensato di utilizzare questo tempo, che non sappiamo ancora che estensione possa avere, per mettere a posto tutto quello che non siamo mai riusciti a sistemare proprio per mancanza di tempo. Abbiamo anche deciso di investire sulla progettazione del futuro, per la quale, allo stesso modo, è sempre difficile trovare adeguati margini temporali di lavoro e che, proprio in questi momenti di focalizzazione sul presente, rischia di essere totalmente dimenticata.

E, come per magia, il tempo si è dilatato e la tensione è diminuita. 

E’ vero, stiamo perdendo qualcosa sul piano economico, ma possiamo recuperare molto sul piano delle relazioni e della capacità progettuale.

Nessuna ricetta o consiglio magico, quanto piuttosto la capacità di guardare oltre, cercando di cogliere ciò che possa essere positivo e costruttivo in un quadro apparentemente negativo e molto in certo. 

Vedere l’opportunità nel problema, vedere le cose da punti di vista diversi, pensare di più e cogliere l’occasione per vivere le proprie giornate lavorative con maggior distacco e tranquillità. 

E chissà come i cinesi interpreteranno questa situazione, visto che loro descrivono il termine “crisi”, come abbiamo avuto modo di imparare già in passato, con i due ideogrammi combinati del pericolo e dell’opportunità…

Proviamo quindi di ad approfittare di questa difficoltà e di tirarne fuori il meglio, perchè quando ripartirà l’attività di tutti noi, cosa di cui sono certo, bisognerà ricominciare a correre, e allora tutti torneremo a lamentarci della mancanza di tempo. 

Riprendendo i classici potremo utilizzare al meglio il motto “Carpe Diem”.

Buon respiro a tutti!

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In particolare i 4 stili primari che vengono delineati dal modello sono: Dominante, Influente, Stabile e Coscienzioso (cauto)

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