Autore archivio: ammininstratore

Psychological Capital e performance lavorativa: pronto a sviluppare il tuo HERO?

a cura di Alessandra Scafa

A cosa fa riferimento Luthans – padre del “Positive Organizational Bheavior” quando parla di “HERO presente in ogni persona”?

HERO in realtà non è altro che l’acronimo di Hope, (self-)Efficacy, Resilience ed Optimism.

Questi quattro costrutti (tradotti in italiano: determinismo, autoefficacia, resilienza ed ottimismo) sono stati riuniti da Luthans in un unico meta-costrutto a cui ha dato il nome di Psychological Capital (PsyCap).

L’ambito di riferimento è quello relativo alla persona ed al suo potenziale individuale, e al come si possa affrontare un contesto lavorativo sempre più mutevole ed indefinito.

Questo approccio, calato nell’ambito organizzativo, si incentra in particolare su quelle capacità e risorse personali che possono essere misurate e sviluppate per il miglioramento della performance lavorativa.
È così che Luthans ci parla dell’importanza del potenziale HERO presente in ogni persona e di quanto possa essere strategico nel contesto organizzativo investire sulla sua espressione e sviluppo.

Studi empirici hanno dimostrato che le quattro componenti di “HERO”, la cui singola rilevanza nell’influenzare la performance lavorativa è già ampiamente validata, quando sono considerate congiuntamente risultano avere un apporto ancora maggiore su variabili come: soddisfazione lavorativa, commitment, work engagement e prestazione lavorativa.

Dunque, più elevate saranno in una persona:

• la capacità di perseverare nel raggiungimento dei propri obiettivi adottando al contempo strategie flessibili e “speranzose” (Hope),

• la fiducia nella propria capacità di raggiungere obiettivi specifici in situazioni specifiche (self-Efficacy)

• la capacità di recuperare energie e risorse in seguito a momenti critici (Resilience)

• la tendenza ad avere una lettura positiva e realistica degli eventi presenti e futuri (Optimism)

più alto sarà il suo Psychological Capital e, ci mostrano gli studi, migliore sarà la sua prestazione lavorativa.

Questo investimento sulle dimensioni interne e le così dette “soft skill” della persona è coerente con l’approccio che adottiamo in Performando, dove con i nostri interventi miriamo all’ottimizzazione della performance lavorativa attraverso lo sviluppo personale.
Il nostro simbolo è infatti il Pi greco, con riferimento a questa imprescindibile connessione tra ciò che è manifesto (la performance) e ciò che invece è relativo al “bagaglio interno” di risorse e caratteristiche di cui ognuno è portatore (per maggiori informazioni visita la pagina che parla del nostro logo .

L’interesse verso le possibilità di sviluppo di questo potenziale è centrale anche per Luthans. Nei suoi studi definisce infatti il PsyCap come uno “stato di sviluppo psicologico positivo”, dove la parola “stato” fa riferimento proprio alla sua transitorietà ed al suo continuo potenziale di crescita.

In linea con questa attenzione, il report finale del Psychological Capital Questionnaire (PCQ-24, un questionario self-report che rappresenta attualmente lo strumento più utilizzato per misurare il PsyCap) contiene un’ampia parte dedicata ai “Piani di sviluppo” personali, partendo dal “Profilo PsyCap” individuale emerso.

Nel report sono proposti infatti strategie ed esercizi da cui prendere spunto per il proprio personale piano di sviluppo che, ci dice Luthans, può essere intrapreso anche individualmente pur evidenziando l’utilità della presenza di una guida/coach.

Tutti possiamo scegliere di impegnarci per far crescere l’HERO che è in noi. Basta iniziare…

La gestione delle e-mail e delle riunioni per migliorare e rendere più snelli

a cura di Francesco Apuzzo

In data 15 ottobre 2015 ha avuto luogo, presso la sede di Confindustria a Trento, un nuovo appuntamento con le serate culturali del Tavolo per la Collaborazione ICT. Dopo aver parlato, negli incontri precedenti, di lavoro in squadra, comportamenti di vendita e di acquisto e comunicazione di un progetto, prodotto e servizio, è arrivata la volta della gestione delle mail e riunioni in azienda. Tema sempre sentito come importante da parte di tutti e ultimamente ancora di più, in quanto collegato alla necessità di migliorare la produttività e la redditività del lavoro in contesti economici complessi e non sempre favorevoli. Aggiungiamo anche la crescente disponibilità di tecnologia, che non sempre facilita come dovrebbe il lavoro quotidiano.

La serata ha avuto l’obiettivo di fornire ai partecipanti la possibilità di valutare opportunità di miglioramento, e relative modalità operative per conseguirle, sui temi delle e-mail, delle riunioni e della loro gestione efficace ed efficiente, sia in termini di risultati ottenibili sia di gestione dello stress. Quest’ultimo argomento è sempre più sentito ed è collegato ad un termine specifico, il tecnostress, che evidenzia come molto spesso si vada oltre la naturale capacità di gestire la mole di informazioni con diversi strumenti, non sempre tra loro ben collegati. In più aggiungiamo recenti fenomeni, come il cosiddetto effetto FOMO (Fear of missing out, paura di perdersi qualche evento importante), che ci “obbliga” a tenere monitorate tutte le fonti di comunicazione esistenti.

Quindi, come gestire tutto questo? Alla domanda “pensate sia il caso di migliorare?”, naturalmente tutti rispondono di sì, al come sia possibile farlo nascono molte possibili soluzioni, alcune anche apparentemente semplici, come il “vediamoci di persona e scriviamo meno mail!”. E allora come mai non avviene il miglioramento desiderato? Una possibile risposta è data dal fatto che non sempre le organizzazioni dedicano il tempo necessario a questo tipo di argomento, sperando forse che, dopo averne parlato in uno dei tanti punti (di una riunione naturalmente) le cose inizino a sistemarsi da sole, anche perché “abbiamo questioni più pressanti da risolvere, la produzione, la fatturazione, il recupero crediti, l’innovazione, lo spread BTP Italia/Bund 10 anni, il Jobs Act e molte altre.

La soluzione è quella di avviare un progetto specifico azienda per azienda, organizzazione per organizzazione, al fine di creare un set di regole, buone prassi, indicazioni, che sarà diverso volta per volta, in base alle specifiche esigenze. Naturalmente esistono alcune indicazioni di massima, che possono andare bene per tutti, come evidenziato da ricerche internazionali, condotte negli anni, che hanno portato a vari modelli (le “9 regole”, le “23 golden rules di…”, i “12 migliori consigli”, etc), ma l’indicazione che presentiamo è quella di dedicare del tempo a valutare, ed aggiungere, quelle giuste per la propria attività.

La società di formazione e consulenza aziendale Performando ha avviato nei mesi scorsi una ricerca specifica sul tema mail e riunioni, con la collaborazione dell’Università degli studi di Padova, per creare un quadro della situazione più dettagliato e mirato alla realtà lavorativa italiana. Molto importante su questo tema è infatti anche la variabile culturale: basti pensare che europei, cinesi, americani hanno abitudini diverse.

La ricerca sta dando esiti interessanti e rilevanti per poter procedere ad un percorso di miglioramento: ad esempio, per quanto concerne le email, sta emergendo che il 20% del campione limita spesso la lettura solo ad alcune mail (e quindi alcune non le legge per nulla) e il 43% le seleziona in base al mittente (e non all’oggetto o alla data di arrivo). Per le riunioni, il 37% dichiara che non iniziano quasi mai in orario e il 56% che non finiscono quasi mai in orario! La qualità media delle riunioni in termini di efficacia nel raggiungere gli obiettivi è di 4,15 su 7 e l’efficienza nel raggiungerli di 3,73 su 7. Inoltre ben poche realtà hanno un codice per le mail, che viene abbastanza rispettato, e ancora meno hanno un codice per le riunioni, che viene rispettato ancor di meno.

Fortunatamente, oltre alla presentazione degli esiti della ricerca, certamente non esaltanti, durante la serata sono stati presentati anche casi di organizzazioni che, grazie anche al supporto della consulenza di Performando, stanno cambiando le loro abitudini relativamente alla gestione di “e-mail & meeting” con risultati tangibili e positivi, supportati da riscontri numerici ed esempi pratici di scrittura mail. La comunicazione scritta è “un mestiere appassionante” per chi ama leggere e scrivere; diventa invece una fatica per chi non può dedicare tempo allo sviluppo di questa competenza. Molto interesse hanno suscitato le proposte su come gestire il campo “cc” delle email, individuato come una delle fonti principali di incomprensione, conseguente perdita di tempo e di produttività, e deterioramento delle relazioni.

Un percorso di sviluppo di questi temi genera quindi, sia nell’immediato per chi lo aspettava/proponeva da tempo, sia nel lungo periodo per chi manifesta un po’ di resistenza al cambiamento, un maggior benessere lavorativo interno e sicuramente anche maggior soddisfazione da parte dei clienti esterni!

Naturalmente, trattandosi di un cambio di “cultura d’impresa”, atto a coinvolgere soprattutto i “resistenti”, il progetto non va comunicato via mail! Va pensato, progettato, condiviso e messo in pratica solo quando sussistono le condizioni adeguate!

Performando all’Università di Trento per un workshop sulla formazione esperienziale

 

Lunedì 15 febbraio partire dalle ore 9.00 presso vari dipartimenti dell’Università di Trento, avranno luogo dei workshop all’interno dell’evento “LavorareIn…Le professioni delle Risorse Umane”.

L’iniziativa, sviluppata dall’Università trentina in collaborazione con l’ufficio Job Guidance dell’Ateneo, si pone l’obiettivo di proporre a studenti e neo laureati una giornata di formazione e orientamento sul mondo delle risorse umane e i suoi possibili sbocchi lavorativi.

Nei dipartimenti di Economia e Management, Lettere e Filosofia, Psicologia e Scienze Cognitive, Sociologia e Ricerca Sociale,e presso la facoltà di Giurisprudenza, si terranno dei workshop sui temi della: selezione, formazione, gestione delle Risorse Umane, tenuti da professionisti del settore.

Tra i professionisti che presteranno la loro esperienza a servizio degli studenti dell’Università di Trento ci saranno anche Andrea Petromilli e Francesco Apuzzo, trainer di Performando.

Il loro intervento, dal titolo “La formazione esperienziale per lo sviluppo professionale e personale nelle organizzazioni”, verterà proprio sui temi dell’approccio esperienziale per la formazione aziendale.

Per avere ulteriori informazioni sull’evento cliccare qui

“Invictus” – regia di Clint Eastwood

invictus-locandinaRegista: Clint Eastwood

Interpreti principali: Morgan Freeman, Matt Damon

Anno di uscita: 2009

Distribuzione: Warner Bros

 

Recensione a cura di Andrea Di Lenna

Tratto dal libro “Ama il tuo nemico”, di John Carlin, il film racconta la storia del neopresidente Nelson Mandela durante i suoi primi mesi di gestione del Sudafrica, che stava con difficoltà cercando di uscire dall’isolamento culturale ed economico conseguente al rigoroso regime di apartheid.
Dopo ventisette anni di reclusione come terrorista nelle prigioni di Robben Island, Nelson Mandela ha infatti la possibilità di fare un significativo passo avanti nella politica di integrazione tra popolazione bianca e di colore, possibilità che il presidente coglierà nel 1995 in occasione dell’organizzazione dei campionati di rugby, ospitati proprio dal Sudafrica. Il neopresidente intuì che la vendetta nei confronti dei bianchi sarebbe stata la peggior soluzione per il suo paese e decise di elaborare una strategia di riconciliazione che utilizzerà la disciplina del rugby come collante per una popolazione da decenni in guerra. Mandela, interpretato da Morgan Freeman, attore esplicitamente richiesto a Eastwood dal vero Mandela per tale ruolo, comincerà quindi a tessere relazioni sempre più profonde e costruttive con Francois Pienaar, capitano del Sudafrica, interpretato da Matt Damon, che cambierà nel corso del film la sua opinione sul suo nuovo presidente di colore.
Il racconto assume una particolare rilevanza in considerazione del fatto che Mandela supporterà, ed inciterà tutta la popolazione nera a farlo, la squadra degli “Springbocks”, soprannome con cui erano battezzati i giocatori sudafricani dai loro supporters bianchi. Il presidente deciderà infatti di diventare tifoso di una disciplina sportiva tipicamente bianca e simbolo del potere oppressivo dei bianchi, a tal punto che fino a quel momento la popolazione di colore, in occasione delle partite internazionali contro le altre squadre del mondo del rugby, tifava sempre per gli avversari degli Springbocks. Alla fine del film, ma soprattutto della storia vera, la squadra del Sudafrica affronterà la temibile squadra degli “All Blacks”, la celeberrima nazionale neozelandese della palla ovale che, grazie anche al grande coinvolgimento dei tifosi presenti allo stadio, ma soprattutto dei quarantacinque milioni di telespettatori sudafricani, uscirà sconfitta dalla finalissima per l’assegnazione del trofeo di campione del mondo, che andrà quindi per la prima volta al paese africano.
Nelson Mandela riuscì in quell’occasione a far trionfare l’intero popolo del Sudafrica, per la prima volta unito nel supportare la squadra dello sport così amato dai bianchi quanto odiato in precedenza dai neri. Questo fu dunque l’episodio che portò Mandela ad esprimere la sua famosa frase “Sport has the power to change the world”, che ci capita così spesso di utilizzare nei nostri corsi di formazione che utilizzano proprio la metafora dello sport.

La scena da non perdere:
la parte iniziale del film, in cui Nelson Mandela si comporta con grande coerenza nei confronti delle sue guardie del corpo, alcune di colore ed alcune bianche, proponendosi quale esempio concreto tangibile della sua politica di riconciliazione, sia pur tra mille dubbi, incertezze e rischi. Ma, come avrà modo di dichiarare durante il film, “una delle responsabilità di un leader è quella di rischiare”! .

A chi lo consigliamo:
a chi è interessato alle tematiche della leadership attraverso l’esempio come essenziale meccanismo di comunicazione e di motivazione delle persone.

Pensieri lenti e veloci di D. Kahneman

pensierilevAutore: Daniel Kahneman

Anno di pubblicazione: 2012

Editore: Oscar Mondadori

Numero di pagine: 548

Costo: 22,00 euro

 

Recensione a cura di Daniele Tramannoni

Daniel Kahneman: “uno psicologo vincitore del premio Nobel per l’economia”.

Se anche voi per un attimo avete pensato: “Che strano!”, allora avete avuto la mia stessa impressione quando ho letto la biografia di Daniel Kahneman, docente di psicologia a Princeton, premiato a Stoccolma «per avere integrato risultati della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d’incertezza».

Estremamente incuriosito ho deciso di acquistare il suo libro più famoso: “Pensieri Lenti e Veloci”, pubblicato in Italia nel 2012.

La cosa che stupisce maggiormente di questo libro, e il motivo per cui vi invito a leggerlo, è che l’autore dimostra che la scienza può essere divertente senza perdere il suo rigore.

Kahneman riesce pienamente nell’intento di rivelarci i meccanismi più profondi del nostro cervello con relativa semplicità, narrando una storia dalla trama avvincente.

Il pensiero umano, spiega l’autore, funziona in base ai due sistemi protagonisti del racconto:

– Il Sistema 1, o Pensiero Veloce, inconsapevole, intuitivo e che costa poca fatica.

-Il Sistema 2, o Pensiero Lento, consapevole, che usa ragionamenti deduttivi e richiede molta più concentrazione.

Nelle nostre azioni quotidiane ognuno di noi è continuamente guidato dall’alternanza di questi due sistemi.

Il sistema 1 è quello che si attiva nel momento in cui, entrando in casa dopo una giornata di lavoro, notiamo un’espressione insolita in un nostro familiare.

Si tratta del pensiero istintivo che si attiva rapidamente per decodificare il mondo che ci circonda e ci permette di reagire istantaneamente.

Rispondere invece ad un’operazione di calcolo, ad esempio 14 x 37, richiede l’attivazione del sistema 2, più lento, ma l’unico in grado di analizzare in profondità le situazioni, confrontare le varie caratteristiche degli oggetti, e operare scelte oculate tra varie opzioni.

Noi spesso ci illudiamo di farci guidare dal Sistema 2, siamo sicuri di prendere le decisioni dopo un’ attenta riflessione; in realtà è il Sistema 1 a controllare la nostra vita per la maggior parte del tempo, anche perché il Pensiero Lento è “pigro”, si affatica presto.

Gran parte delle riflessioni di questo libro riguardano i bias dell’intuizione e ci spiega come riconoscerli.

Individuare l’errore, però, non significa denigrare l’intelligenza umana, così come il concentrarsi sulle malattie proprio dei manuali di medicina non significhi negare la buona salute.

Vivendo la nostra vita ci lasciamo di norma guidare da impressioni e sensazioni, e la fiducia che abbiamo nelle nostre convinzioni e preferenze intuitive è solitamente giustificata e necessaria.

Perché, se è indiscutibile che il Sistema 1 è all’ origine della maggior parte dei nostri errori, è anche vero che produce tante “intuizioni esperte”: si pensi a quei riflessi automatici, essenziali nella nostra vita per prendere decisioni importanti in poche frazioni di secondo.

Il chirurgo in sala operatoria, il vigile del fuoco di fronte a un incendio, attraverso il Pensiero Veloce, fanno scelte di vita e di morte per gestire le emergenze, e molto spesso prendono la decisione giusta in quei pochi attimi.

Il valore aggiunto del libro, in confronto alle classiche pubblicazioni di carattere scientifico, è proprio il fine pratico degli argomenti trattati e il riscontro nella vita quotidiana di ognuno di noi.

L’autore infatti propone alcuni stratagemmi utili a identificare e comprendere gli errori di giudizio più comuni e ridurre il più possibile le scelte sbagliate.

Vi invitiamo quindi a leggere il libro per approfondire tali tematiche e conoscere i consigli dello psicologo, premio nobel per l’economia.

Felicemente #sconnessi. Come curarsi dall’iperconnettività.

 

coverfsconnAutore: Frances Booth

Anno di pubblicazione: 2014

Editore: De Agostini

Numero di pagine: 224

Costo: 12,90 euro

 

Recensione a cura di Sara Caroppo

Ci hanno presentato internet come la soluzione a tutti i nostri problemi, la posta elettronica come il mezzo efficace per avere comunicazioni efficienti, gli smartphone e i tablet come simboli dell’era 2.0 il cui possesso sancisce la divisione tra chi è “in” e chi “out”.

Cosa si sono dimenticati di dirci?

A parere di Frances Booth, autrice del libro, molte cose.

A partire dal fatto che, in casi estremi, avremmo potuto perdere il contatto con il mondo reale.

Previsione catastrofica?

A leggere il libro non si direbbe.

Chi fosse stato incuriosito da questa premessa e volesse leggere il manuale infatti , andrebbe incontro a riflessioni ed evidenze oggettive, frutto di studi e ricerche a livello internazionale, che confermano quanto detto fino ad ora.

L’autrice parte da una descrizione quanto mai attuale e condivisa degli effetti nocivi dell’era digitale in cui ci troviamo, e arriva ad elencare e spiegare i nove passi necessari per percorrere il viaggio di disintossicazione dall’iperconettività.

La partenza di questo viaggio è uguale per tutti, si richiede cioè un’esame di coscienza su quello che siamo diventati a furia di accarezzare schermi e premere tasti.

L’arrivo anche, ovvero il recupero della nostra capacità di concentrazione, ormai andata persa su qualche nuvola del web.

La tipologia di persona che può intraprendere un percorso del genere invece è indefinita: l’iperconnettività purtroppo riguarda tutti, perfino i bambini; a dirlo è proprio una delle tante ricerche che si trovano nel libro.

Un’indagine su 2200 madri in 11 paesi ha rilevato infatti che il 70% dei bambini dai 2 ai 5 anni è a proprio agio con i videogiochi e con gli smartphone dei genitori, ma solo l’11% è in grado di allacciarsi le scarpe.

Memoria, sonno, piacere del viaggio, creatività, capacità di ascolto e di apprendimento, capacità di costruire relazioni solide e stabilire rapporti umani fisici reali: ecco cosa stiamo perdendo a furia di dare priorità alla tecnologia.

E questo vale tanto per la sfera personale quanto per quella professionale.

Zygmunt Bauman, è arrivato addirittura a dire che: “…davanti ad un computer non riusciamo a pensare a lungo termine, ci aspettiamo soluzioni immediate ad ogni cosa. Il risultato è una crescente incapacità di aspettare e sacrificarci per un obiettivo…”

Che vi ritroviate o meno in queste descrizioni, il libro è un buon modo per guardarsi allo specchio e darsi la possibilità di ritrovare la retta via, se perduta, o semplicemente di conoscere qualche trucco in più per essere concentrati e focalizzati.

Se poi siete ancora indecisi sul definirvi iperconnessi o meno, contate quante volte, leggendo questo breve articolo, siete stati distratti da qualche notifica sul pc o sul telefonino, o avete interrotto momentaneamente la sua lettura per fare dell’altro…

“Elogio della fatica”, il nuovo libro di Matteo Rampin.

 elogio_della_faticaIn una società contemporanea basata sulla filosofia del “è buono solo ciò che è facile e leggero”, Matteo Rampin pubblica il suo “Elogio della fatica. Vincere, senza segreti” , un libro controcorrente che vuole far riflettere i lettori sull’importanza che ha la fatica nella vita di tutti di giorni, intesa come sforzo che coinvolge non solo la fisicità ma anche la sfera emotiva e soprattutto mentale.

Quale metafora migliore per parlare di fatica se non quella dello sport? Nasce così una collaborazione tra Rampin e dieci campioni sportivi : Mirco Bergamasco (rugby), Igor Cassina (ginnastica artistica), Luca Dotto (nuoto), Christof Innerhoffer (sci), Pino Maddaloni (judo), Mikhai Ryzhov (marcia), Clemente Russo (pugilato), Alessandra Sensini (vela), Tullio Versace (rally).

Loro compito: raccontare la propria esperienza e mettere a disposizione dei lettori consigli per imparare ad affrontare e sfruttare lo sforzo.

Tra i protagonisti del libro c’è anche Rossano Galtarossa, pluri premiato campione olimpico nella disciplina del canottaggio che collabora con Performando da diversi anni come testimonial sportivo e trainer.

Ecco le parole di Galtarossa a proposito del suo rapporto con la fatica: “la considero la mia compagna di viaggio. Il mio obiettivo è semplice: vedere se ce la faccio. In questo modo la fatica non è più un ostacolo, ma uno sprono, un’occasione per mettermi alla prova e superarmi, e dunque uno strumento per migliorarmi”.

“La differenza la fa la testa” dice Rampin nella sua intervista radiofonica su Miracolo Italiano (programma Rai); nello sport la fatica assume moltissime sfaccettature e significati, richiede uno sforzo che fortifica il corpo ma rende anche più consapevole l’uomo dei suoi limiti e dei suoi risultati e può portare dunque a grandi soddisfazioni.

L’atteggiamento mentale ci porta ad accettare le sconfitte ed a lottare per il traguardo.

La fatica dunque va elogiata.

“Nel mezzo del casin di nostra vita?…”: il nuovo libro di Matteo Rampin

 DANTERAMPINMatteo Rampin, psichiatra e psicoterapeuta di fama nazionale con cui Performando collabora da anni sui temi del problem solving non convenzionale e del cambiamento nei sistemi resistenti, esce in libreria con il suo nuovo libro “Nel mezzo del casin di nostra vita? Indizi e tracce per trovar la via d’uscita”.

Il titolo del libro è evocativo di quello che il lettore troverà al suo interno.

Attingendo alla rappresentazione dei dannati dell’”Inferno” di Dante , Rampin prende i peccati capitali che caratterizzano la condizione umana , a cui aggiunge Malinconia e Menzogna, e ne descrive per ognuno origini e “inviluppo”, esplicitandoli in quelli che sono i malesseri della società odierna.

Come per l’opera Dantesca, il libro è costituito da 33 capitoli. Ognuno ha il suo girone vizioso.

Il fil rouge che lega le due opere è legato al concetto del contrappasso.

Come nei gironi infernali del poeta fiorentino le persone sono costrette a soffrire ciò che hanno desiderato in vita, così nel libro di Rampin l’uomo moderno desidera ciò che in realtà lo fa stare male.

Al desiderio di amore corrispondono relazioni malsane, al desiderio dei soldi corrisponde la perdita del tempo libero, al desidero della salute a tutti i costi, corrispondono tentativi disperati che portano la persona ad ammalarsi sul serio.

È prevista la salvezza per i lettori del libro?

Assolutamente sì.

Rampin infatti pagina dopo pagina guida i lettori verso soluzioni spesso a portata di mano, e indica loro la via d’uscita.

A tutti coloro che sono curiosi di conoscere o scoprire quei “gironi” che , più o meno consapevolmente caratterizzano la propria vita e quella delle persone con cui si relazionano, una buona lettura!

Consigli di lettura_ La scienza del giocattolaio

CoeroBorgaAutore: Davide Coero Borga

Anno di pubblicazione: 2012

Editore: Codice edizioni

Numero di pagine: 224

Costo: 24,90 euro

 

Recensione a cura di Sara Caroppo

La scienza del giocattolaio fa parte di quei libri che ti riportano indietro nel tempo a quando eri bambino e passavi giornate intere a giocare senza mai stancarti e poi finivi a letto distrutto, ma soddisfatto di aver completato il tuo “lavoro”.

Questo libro non è “una” storia, ma “la” storia dei giocattoli che ci hanno tenuto compagnia durante l’infanzia.

Ti spiega perché e come sono stati inventati, ti racconta le curiosità che mai immagineresti fossero legate loro e soprattutto ti dice cosa c’è dietro al loro funzionamento.

Qualche esempio.

Quanti sanno che i Lego sono usati dalla Nasa per simulare gli spostamenti dei rover su Marte?

Quanti sanno che la molla Slinky è entrata nelle università americane come modello di studio delle proprietà delle onde?

E che sono stati utilizzati più di duecentomila pezzi di Meccano (tenuti insieme da cinquantaseimila bulloni) per costruire un ponte (reale) sul Liverpool Pier Head, davanti al Royal Liver Building grazie alla collaborazione di cinque team di architetti e ingegneri?

Circa 200 pagine che si leggono molto velocemente per apprezzare l’utilità didattica del gioco e riscoprire quanto si può imparare e scoprire, divertendosi. Un libro che conferma l’approccio di Performando nell’usare la metafora del gioco come momento di apprendimento e riflessione.

Il passaggio da non perdere:
Scelta difficile. Ci sono 31 schede, una per ogni gioco del nostro passato.
Il consiglio è : aprire l’indice, individuare il proprio gioco tra quelli elencati e iniziare da quello.

A chi lo consigliamo:
A chi ancora adesso, da adulto, crede che il miglior modo di imparare sia farlo divertendosi.

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