All Blacks Don’t Cry. A Story of Hope.

21548684Autore: John Kirwan

Anno di pubblicazione: 2010

Editore: Penguin Group

Numero di pagine: 223

Costo: $42.00

 

Recensione a cura di Sara Caroppo

Successo, forza , coraggio…cosa sono?

Quello che traspare, leggendo le pagine dell’ultimo libro di John Kirwan, ex All Black e ora allenatore di rugby di fama mondiale, è un insieme di nuovi significati, che chi leggerà queste pagine si renderà conto essere frutto di un percorso personale, profondo e necessario, che ha permesso all’autore di risalire dagli abissi della depressione che l’ha colpito anni fa.

Per spiegarsi meglio.

Perché non iniziare a misurare il successo non in base a quello che otteniamo materialmente una volta raggiunti i nostri obiettivi, ma in base al numero di persone che ci stimano?

Perché non vedere il coraggio come una conquista quotidiana invece che immaginarlo come meta di azioni non ordinarie?

E infine…perché non definire la forza come l’accettazione di quelle che a primo impatto sembrerebbero delle debolezze?

Darsi l’opportunità di cambiare il modo di vedere le cose, di vedersi per quello che si costruisce e si vive quotidianamente e premiarsi per questo, piuttosto che giudicarsi per quello che si sarebbe potuto fare e non si è fatto, sono le chiavi di accesso alla porta del benessere, del proprio equilibrio emotivo.
Un benessere inteso come viaggio continuo, di scoperta verso se stessi e riscoperta verso le piccole cose, che Kirwan racconta di aver intrapreso per combattere la sua depressione, che lo colpì proprio negli anni d’oro della sua carriera, quando tutti lo ritenevano un grande giocatore di successo e nessuno si sarebbe mai immaginato quante sofferenza e turbamento si nascondessero dietro quella maglia nera da guerriero.

Il libro è una testimonianza, un messaggio di speranza per coloro che soffrono di depressione (secondo le statistiche mondiali è una malattia che colpisce circa 121 milioni di persone) e non solo.
Il libro infatti è rivolto anche a tutti coloro che sono vittime inconsapevoli delle proprie preoccupazioni e incertezze, dello stress; della tendenza a voler guardare troppo indietro alla ricerca del perché di tutto quello che è stato nella loro vita, o al contrario,troppo avanti, alla frenetica ricerca di qualcosa in più da fare o da avere. Le persone che sono in continua “lotta contro il loro tempo” e che non fanno altro che negarsi la possibilità di vivere il presente.
Di vivere e viversi.

…di cosa è fatto il presente?

Delle piccole cose.
Di tanti singoli momenti che siamo troppo pre-occupati per considerare.
Di tanti singoli momenti che viviamo da così tanto tempo che ormai li diamo per scontati, dimenticandoci invece che una volta li abbiamo voluti proprio perché ci facevano star bene.
Perdiamo il significato di questi, perdiamo per strada la possibilità di stare meglio.

Il consiglio che Kirwan dà a tutti è proprio quello di ripartire dalla scoperta delle proprie “little things”.
“Sentire” la doccia e gustare una tazza di caffè per esempio sono state le sue piccole cose ritrovate, quei frangenti di vita quotidiana che seppur quotidiani, nella lotta contro i suoi fantasmi, avevano perso “vita”.

Questo processo di riscoperta, spiega Kirwan nel libro,non vuole certo essere la soluzione al problema, ma può essere in grado di dare quella sensazione di respiro e di sollievo necessario per uscire dal tunnel della depressione, e perchè no?,evitare che chi sta bene ma è vittima dello stress e preda delle sue preoccupazioni, ci si avvicini anche solo per sbaglio.

Di questi consigli, il libro è pieno.
Kirwan ci regala le sue domande e le risposte che è riuscito a darsi, ci induce a fare delle considerazioni a partire dalle sue riflessioni, ci racconta pagina dopo pagina la sua storia, perché ognuno di noi ne faccia buon uso.
E perché, chi sta percorrendo il tunnel da cui lui con coraggio è uscito, sappia che per quanto questo possa essere lungo e buio, è comunque un tunnel con una fine.

Il passaggio da non perdere:
“ci alleniamo ogni giorno; quando andiamo in palestra dedichiamo un’ora e mezzo al nostro fisico.Perché non siamo in grado di andare da uno specialista e dedicare un’ora e mezzo alla nostra mente?” (trad.)

A chi lo consigliamo:
a chi pensa che gli All Blacks non piangono.

* La storia di John Kirwan, la sua battaglia, le sue paure e il suo ritorno alla vita sono diventate un progetto per aiutare chi soffre di questa malattia e sono raccontate in un cortometraggio (in inglese) diretto da Julian Shaw

Menu