A lezione da Morfeo

a cura di Giacomo Vidoni

narcolessiaÈ domenica sera e lunedì c’è la prima lezione del corso di judo (o di tango argentino) a cui ci siamo finalmente iscritti. Pieni di buoni propositi –e forse un po’ preoccupati di fare qualche brutta figura- decidiamo che guardarci un paio di video a riguardo prima di metterci a dormire sicuramente male non ci può fare.
Anzi. Non lo immaginiamo ma proprio questa scelta porterà un apporto significativo alla nostra prestazione nella pratica del giorno successivo.
È stato infatti dimostrato da uno studio del 2009 dei ricercatori olandesi Van Der Werf e colleghi che un periodo prolungato di sonno successivo all’osservazione di un compito motorio contribuisce a migliorare significativamente la sua successiva esecuzione: il numero di errori cala circa del 40% rispetto ad un gruppo di controllo ed anche la velocità aumenta significativamente. L’effetto è stato riscontrato però soltanto nella condizione in cui il periodo di sonno fosse immediatamente successivo all’osservazione.
Dunque, tornando al nostro caso, la scelta di guardare la sequenza motoria che andremo ad eseguire e poi addormentarci è perfettamente in linea con il paradigma sperimentale, il che lascia pensare che ne trarremo un beneficio analogo a quello riscontrato dai ricercatori. Tutto ciò –merita ricordarlo- avverrà senza alzarci dal divano, o forse si ma soltanto per andare a letto.

L’insperata efficacia di questo metodo per migliorare la propria abilità accende inevitabilmente l’interesse riguardo due momenti del processo di apprendimento che spesso non ricevono l’attenzione che meritano: l’osservazione ed il sonno.
Analizziamo il forse meno intuitivo contributo del secondo.
Il sonno può essere suddiviso in più fasi tra loro distinte per attività elettrica (onde cerebrali) e neuroendocrina (regolazione chimica) . Una è chiamata REM (rapid eye movement), l’altra è NREM (non-REM) e si declina a sua volta in altri 4 stadi, dei quali i più studiati sono gli ultimi due, accorpati sotto il nome di Slow Wave Sleep (SWS). Le due fasi principali si alternano durante il corso della notte con un ciclo di 90 minuti e, mentre la fase SWS caratterizza la prima parte del riposo, quella REM è più presente nella seconda.
Queste diverse fasi hanno effetti specifici in base al tipo di apprendimento:

  • Le memorie dichiarative – per intenderci quelle legate allo studio di testi o all’ascolto di qualcuno- traggono maggior profitto da periodi di sonno piuttosto brevi (1-2 h) caratterizzati quasi esclusivamente da SWS e poco distanti dal momento di acquisizione.
  • Le memorie procedurali – affinare l’esecuzione di una serie di azioni attraverso la pratica – sembrano invece sensibili alla sola quantità di sonno REM successiva l’apprendimento iniziale, quindi migliorano con l’aumento della quantità di sonno e non sono influenzate dalla lunghezza dell’intervallo che separa il momento dell’acquisizione da quello del riposo.
  • La formazione di memorie procedurali attraverso la sola osservazione – che è il caso da cui siamo partiti- migliora quando un prolungato periodo di sonno è immediatamente successivo all’osservazione.

Per concludere: il sonno è un momento essenziale per ogni processo di apprendimento, conoscerlo ed imparare a sfruttarlo al meglio significa acquisire un potente strumento in più. O se non altro è una valida scusa per rimandare la sveglia al mattino.

Menu